Animalismo

Emergenza Coronavirus: come la vivono gli animali?

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25 Marzo 2020
A Milano le lepri si riappropriano dei parchi
A Milano le lepri si riappropriano dei parchi

Le altre specie e la Terra tirano un respiro di sollievo


In questo momento di emergenza in cui gli esseri umani stanno, come si suol dire, “sclerando” alternando momenti di esaltazione in cui ci si lancia in esibizioni canore sui balconi a momenti di panico e paranoia per il futuro incerto, gli esseri senzienti di altre specie si prendono una boccata di libertà.

Ed è proprio vedendo la gioia manifestata in questo momento dalle altre specie che ci si rende conto del disastro che la specie umana ha compiuto ai danni degli animali. Tanto per cominciare, ora che gli animali si stanno riappropriando del pianeta, ci possiamo accorgere di quanto il genere umano sia stato invasivo, privando le altre specie di tutti i loro spazi.

Non credo che sia sfuggito, a chi abita in città, il canto felice degli uccelli che sembra esaltare il silenzio degli umani.

Ci sono commoventi immagini sui social che testimoniano questo giubileo straordinario, un saturnale in cui i ruoli si rovesciano: loro liberi, noi in gabbia. Un momento, purtroppo per loro, temporaneo.

A Venezia una coppia di germani reali ha deciso di costruire il suo nido sul pontile di attracco dei vaporetti in Piazzale Roma. Nelle acque della laguna, tornate trasparenti come mai si erano viste, sono stati avvistati migliaia di pesci.

A Milano sui Navigli deserti un magnifico cigno nuota indisturbato, mentre le lepri si riprendono i parchi e saltellano felici anche nel cuore della città.

Al porto di Cagliari, davanti alla centralissima via Roma, tra i pontili o lungo le rive della spiaggia capita di vedere il profilo dei delfini che danzano a pelo d’acqua. Ma in questi giorni di emergenza da Coronavirus, rassicurati dall’assenza di barche in movimento, i mammiferi si sono spinti fin sotto la prua delle barche all'ormeggio.

Oltre alla presenza di delfini, colpisce l’acqua meno oleosa. Sembra scontato che nei porti le acque debbano essere per forza sporche con la patina oleosa. Purtroppo, passata l’emergenza è facile prevedere che tutto torni come prima, anche se i rimedi, tanto per i porti di Cagliari, quanto per i canali di Venezia, ci sarebbero: per pulire il mare esistono ad esempio prodotti cosiddetti “mangia petrolio”.

Sempre in Sardegna diversi cinghiali sono stati visti per le strade di Sassari, probabilmente per via dello strano silenzio di questi giorni e dell’assenza di persone. In cerca di cibo, gli animali sono stati immortalati in diverse zone deserte della città, incluse alcune vie centrali.

Mucche solitarie sulla spiaggia di Berchida, in Sardegna
Mucche solitarie sulla spiaggia di Berchida, in Sardegna

A Malcesine, in Alto Adige, un’anatra è stata vista passeggiare tranquilla in una piazza, mentre un caprone scorrazzava per le vie della città.

E mentre noi siamo bloccati a casa, le mucche sarde si rilassano in spiaggia: succede a Berchida, in una spiaggia frequentata dalle mucche che si trova in territorio di Siniscola, nel Nord-Est della Sardegna in provincia di Nuoro. Le vacche ci vanno ogni anno, durante la transumanza, ma questa volta le immagini fanno effetto per la totale assenza dell’essere umano.

L’emergenza è mondiale, e il sollievo degli animali attraversa tutto il pianeta.

Ha fatto scalpore sui social la notizia dei 14 elefanti asiatici che si sono ubriacati in un villaggio deserto della Cina. Il gruppo di pachidermi in cerca di cibo sono andati in esplorazione in un villaggio cercando mais e visto che tutti gli umani erano chiusi in casa, si sono intrufolati in una villa, solo che invece del mais hanno trovato mais fermentato. Hanno bevuto 30 litri di vino di mais e si sono presi una sbornia. Li hanno trovati tutti e 14 addormentati.

In Giappone sono stati osservati cervi locali a Nara Park mentre scendevano in strada in cerca di cibo. Di solito, il parco brulica di turisti, poiché i cervi Sika che vivono lì sono un’attrazione locale. I turisti di solito comprano i cracker venduti nel parco con lo scopo specifico di nutrire i cervi, tuttavia, poiché il numero di visitatori è precipitato nelle ultime settimane, i cervi sembrano non avere altra scelta che vagare fuori dal loro territorio per trovare qualcosa da sgranocchiare.


Anche la Terra respira. Ma dopo?

Da quando è iniziata l'emergenza coronavirus i livelli di smog si sono drasticamente abbassati: le immagini satellitari della Nasa e dell’Esa, l’Agenzia spaziale europea, mostrano una drastica riduzione delle emissioni di biossido di azoto.

Insomma, il pianeta sta concedendosi un grande respiro “pulendosi” poco a poco.

Ma dopo?

Passata l’emergenza Coronavirus, cosa si può fare per mantenere il miglioramento? Sarà bastata questa pausa di riflessione per renderci conto che se non cambiamo radicalmente stile di vita avremo ben altre emergenze?

Saremo in grado di mettere al primo posto il valore universale della salute, sia dell’uomo che del pianeta e degli animali?

Un articolo pubblicato da USA Today a firma Matthew Brown ipotizza che la pandemia di coronavirus derivi dal consumo umano di animali. Nell’articolo si cita l'influencer vegano Ed Winters, il quale il 15 marzo ha pubblicato un grafico su Instagram affermando che "COVID-19 è stato causato dal consumo di animali. La nuova pandemia di coronavirus non sarebbe iniziata se non avessimo coltivato e mangiato animali", ha scritto Winters. Il post elenca diverse altre malattie che hanno raggiunto livelli di epidemia e pandemia e afferma che "l'unica cosa che tutte hanno in comune è che sono iniziate a causa del nostro sfruttamento di animali". Il post conclude che “COVID-19 non esisterebbe se il mondo fosse vegano.

Uno dei 14 elefanti asiatici che si sono ubriacati nel giardino di una villa deserta bevendo 30 litri di vino di mais
Uno dei 14 elefanti asiatici che si sono ubriacati nel giardino di una villa deserta bevendo 30 litri di vino di mais

Quando USA Today ha contattato Winters per un commento, questi ha fornito ulteriori dettagli. "Certo, molte malattie zoonotiche non sono correlate al nostro sfruttamento degli animali, ed essere vegani non li eliminerebbe del tutto, il virus Zika ne è un ottimo esempio." Winters, tuttavia, ha fornito uno studio scritto dall'OMS (Organizzazione mondiale della sanità) che ha scoperto che alcuni comportamenti associati al consumo di carne possono essere fattori di rischio nell'aumento di nuove malattie.

Winters ha anche collegato la prevalenza di malattie come l'HIV, l'Ebola e il virus Nipah al consumo di carne di animali selvatici. Ha anche citato la crescente minaccia di batteri resistenti agli antibiotici, che l'Organizzazione mondiale della sanità ha collegato all'abuso di antibiotici nella produzione di prodotti animali.

Un’altra rivista internazionale, “Project Syndacate”, ha pubblicato un articolo intitolato “The Two Dark Sides of COVID-19” (I due lati oscuri del COVID-19) firmato da Peter Singer e Paola Cavalieri, due filosofi attivisti sui diritti degli animali. L’articolo cita che il 2 marzo, quando non era ancora evidente la diffusione mondiale del contagio da coronavirus, Peter Singer e Paola Cavalieri pubblicano insieme una lettera in cui denunciano quella che ritengono possa essere una delle cause di diffusione di questa, come di altre epidemie che in tempi recenti hanno coinvolto numeri crescenti di persone in varie parti del mondo. Una probabile fonte del nuovo coronavirus – scrivono – si trova nei “wet market”, i mercati umidi, nei quali vengono portati animali vivi, per essere uccisi davanti agli occhi dei compratori. Simili mercati sono ancora molto diffusi in Cina, ma sono presenti anche in altri paesi, come il Giappone, il Vietnam, le Filippine. Singer e Cavalieri (come del resto molte altre persone e istituzioni) affermano che è urgente vietare immediatamente questa pratica: non solo in quanto possibile fonte di diffusione di malattie trasmissibili all’uomo, ma anche in quanto pratiche insopportabilmente crudeli. In questi “mercati umidi” si vendono, ancora vivi, mammiferi, pesci, rettili, uccelli, animali domestici, selvaggina. Animali di specie diverse vengono tenuti in stretta contiguità tra loro, e durante la giornata di vendita per terra si mescolano l’acqua uscita dagli acquari dei pesci, il sangue degli animali uccisi, le interiora gettate via. Già in passato sono stati emessi dei divieti temporanei sia al commercio di animali selvatici, sia ai mercati “umidi”. Ma occorre che siano approvate leggi che bandiscano definitivamente queste realtà.

Per gli animali – sottolineano Singer e Cavalieri – questi luoghi sono un inferno in terra. Migliaia di esseri senzienti soffrono per ore prima di essere brutalmente macellati. E questa è solo una piccola parte della sofferenza che gli umani infliggono sistematicamente agli animali in tutti i paesi: negli allevamenti intesivi, nei laboratori di ricerca, nel mondo dell’intrattenimento…” In questo momento, in cui gli interessi vitali degli umani sono così chiaramente vicini a quelli degli animali non umani, si presenta l’opportunità di cambiare drasticamente le nostre abitudini. Senza ancora sapere che l’epidemia dalla Cina si sarebbe diffusa in tutto il mondo, Singer e Cavalieri affermano: “I mercati in cui animali vivi sono venduti e macellati devono essere banditi non solo in Cina, ma in tutto il mondo”.

L’ESA (European Space Agency) ha rilevato tramite il satellite Copernicus Sentinel-5P la drastica riduzione dello smog ed in particolare del diossido di azoto sui grandi centri urbani, soprattutto sulla Pianura Padana
L’ESA (European Space Agency) ha rilevato tramite il satellite Copernicus Sentinel-5P la drastica riduzione dello smog ed in particolare del diossido di azoto sui grandi centri urbani, soprattutto sulla Pianura Padana

La rivista “Scientific American” si domanda: “Come possiamo prevenire l'epidemia successiva?” L’articolo, di Nicholas A. Robinson, Christian Walzer, pone inquietanti interrogativi sul futuro dell’umanità e del pianeta. “La nostra pianificazione deve tener conto delle complesse interconnessioni tra specie, ecosistemi e società umana. La salute di tutta la vita sul pianeta è connessa. L'epidemia COVID-19 ci ricorda chiaramente un fatto fondamentale che non può essere ignorato: la salute e il benessere di umani, animali, vegetali e ambiente sono tutti intrinsecamente connessi e profondamente influenzati dalle attività umane. La salute deve andare oltre l'assenza di malattie infettive; deve incorporare fattori socioeconomici, politici, evolutivi e ambientali tenendo conto dei singoli attributi e comportamenti.”


Pandemie e allevamenti intensivi

Al di là delle considerazioni morali, che evidentemente toccano la stragrande maggior parte della gente, ma non le persone che hanno realmente in mano i poteri decisionali, del collegamento coronavirus e allevamenti intensivi si occupano ormai studiosi di tutto il mondo. E non solo quei filosofi o pensatori come Peter Singer che sono dichiaratamente schierati dalla parte dei diritti degli animali.

Mentre è in corso un acceso dibattito tra gli scienziati sulla possibilità che il virus sia uscito da un laboratorio, sono molti gli studiosi che vedono una diretta relazione tra le epidemie e gli allevamenti intensivi.

Un interessante articolo del Corriere della Sera a firma Alessandro Sala parla di una stretta relazione tra la perdita di biodiversità, i cambiamenti climatici, le alterazioni degli habitat naturali e la diffusione delle zoonosi, ovvero le malattie trasmesse dagli altri animali all’uomo e di cui anche l’attuale coronavirus che è diventato pandemia fa parte. L’articolo fa l’esempio del pangolino,

un mammifero insettivoro che ha il corpo ricoperto da scaglie ed è una delle specie più a rischio che esistano. Antiche credenze hanno fatto diventare questo animaletto un ricercatissimo esemplare sulla base della credenza che le sue scaglie e la sua carne possano avere miracolosi poteri taumaturgici. Ebbene, secondo alcuni studi potrebbe essere stato proprio lui la specie “ospite” che ha consentito il transito del coronavirus dal pipistrello all’uomo.

Sono state trovate corrispondenze tra il genoma del virus Sars-Cov-2 e quelle dei pangolini comprese tra l’85,5 e il 92,4% degli esemplari esaminati. In ogni caso, quello su cui molti ricercatori non hanno dubbi è il fatto che vi sia stato un transito della malattia dagli animali alla nostra specie e che questo sia avvenuto in ambiente urbano. Un passaggio che, sottolinea un report del WWF pubblicato nei giorni scorsi, è strettamente legato ai mutamenti di clima e ambiente causati dall’azione dell’uomo.

Questa è la tesi pubblicata nel report del WWF: le principali epidemie degli ultimi anni — Ebola, Sars, Mers, influenza aviaria o suina ma anche l’Hiv che causa l’Aids — sono di origine animale. E ad influire la loro diffusione è stata la riduzione delle barriere naturali che per secoli hanno creato un argine al contagio. Come ad esempio le foreste, custodi di una vastissima biodiversità con la presenza contemporanea di tante specie animali differenti. La deforestazione finalizzata alla creazione di pascoli, alla produzione di legname e carta o all’avanzata delle aree urbane ha di fatto cancellato parte di questo “gregge” multiforme e multi-specie che come una sorta di prima linea permetteva di mantenere una maggiore distanza tra i virus che potremmo definire “selvatici” e l’essere umano.

L’inferno dei “wet market”, i mercati umidi, nei quali vengono portati animali vivi, per essere uccisi davanti agli occhi dei compratori. Sono chiamati così perché il pavimento è interamente coperto di sangue degli animali uccisi che si mescola all’acqua uscita dagli acquari e alle interiora di animali. I “wet market” sono molto diffusi in Cina, ma sono presenti anche in altri paesi, come il Giappone, il Vietnam, le Filippine.
L’inferno dei “wet market”, i mercati umidi, nei quali vengono portati animali vivi, per essere uccisi davanti agli occhi dei compratori. Sono chiamati così perché il pavimento è interamente coperto di sangue degli animali uccisi che si mescola all’acqua uscita dagli acquari e alle interiora di animali. I “wet market” sono molto diffusi in Cina, ma sono presenti anche in altri paesi, come il Giappone, il Vietnam, le Filippine.

Anche l’articolo del Corriere della Sera ipotizza che l’origine dell’attuale coronavirus sia da ricercare nel mercato di animali vivi di Wuhan, uno dei tanti “wet market” cinesi in cui la fauna anche selvatica viene esposta viva e poi macellata al momento.


Salviamo gli animali, salveremo anche il pianeta

E’ ormai noto che gli allevamenti intensivi sono una delle maggiori cause di inquinamento ambientale.

Ogni secondo vengono tagliati circa 2 acri di foresta pluviale e la causa principale di questa distruzione sono gli allevamenti intensivi: gli alberi vengono tagliati per fare spazio alle colture dei mangimi destinati agli animali.

Una drastica riduzione del consumo di carne può salvare il pianeta. Anche le grandi catene alimentari lo hanno capito, o almeno hanno capito che la gente è sensibile all’argomento, e corrono ai ripari inventando hamburger vegetali. Va benissimo. Quello che non riescono a fare l’empatia o la pietà lo farà l’economia. In un report speciale dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) si legge che “Il 23% delle emissioni umane di gas a effetto serra derivano dalla deforestazione e dalle trasformazioni del suolo connesse all’agricoltura industriale e, quindi, alla nostra dieta.” E continua: “Diete bilanciate, con alimenti a base di vegetali, presentano grandi opportunità per l’adattamento e la mitigazione, e generano significativi benefici accessori in termini di salute umana”. In sostanza, l’IPCC non chiede a tutti gli Occidentali di diventare vegani o vegetariani, ma fa intendere che una dieta povera di carne è una scelta necessarie per salvare il suolo e le foreste.

Le proteine sono necessarie, ma è meglio procurarsele mangiando legumi, rinunciando alla carne. Accanto a questo elemento, un altro dato fornito dall’IPCC è fondamentale: secondo l’analisi, oggi il 25-30% della produzione alimentare viene persa o finisce nella spazzatura. Se si eliminasse questo spreco, si taglierebbero anche i gas serra: perdita e spreco di cibo contribuiscono per un 8-10% alle emissioni che alterano a livello globale il clima della Terra.


Sarà difficile tornare al “mondo di prima”. Questa crisi epocale verrà ricordata nei libri di storia, verranno fatte ogni sorta di ipotesi sulle vere origini, ed è utopistico pensare che in breve tempo tutto tornerà normale. Niente sarà più come prima, non l’economia, non la società.

Ma ci auguriamo che questa fermata, questo silenzio indotto, ci porti a costruire un mondo migliore, non più basato sulla sistematica depredazione delle risorse e soprattutto, non basato sulla sofferenza atroce degli animali. La stragrande maggioranza delle persone non vuole questo. Dobbiamo farlo capire anche a chi ha in mano le sorti del pianeta. O almeno provarci.

www.rosalbanattero.net


Fonti:

Scientific American

USA Today

Corriere della Sera

Project Syndacate

Il Manifesto

La Repubblica

WWF

Peta

Animal Equality