Il blog di Stefano Milla

Il secondo capitolo

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20 Febbraio 2014


Tutti i manuali di sceneggiatura insegnano di come ogni opera si divide in tre capitoli (presentazione del personaggio/guai per lui/risoluzione) e in particolare suggeriscono che più il protagonista si trova in difficoltà insormontabili, più ci sarà modo di portarlo verso un gran finale appagante. In particolare, il manuale che sto leggendo in questo periodo insegna come nel secondo capitolo i guai che attraversa il nostro eroe siano proprio il mezzo che lui userà per trionfare alla fine, in termini di esperienza, nuove conoscenze e rivelazioni.
So che non si dovrebbe applicare questa regola alla vita reale, ma al momento è uno dei pochi appigli che mi consente di trovare la forza di cercare soluzioni.
Soluzioni. Soluzioni. Soluzioni. Me lo ripeto come un mantra mentre cerco di analizzare la situazione. Ogni problema ha una soluzione. Il fatto è che ora mi sento circondato da talmente tanti problemi che ho di fronte un muro impenetrabile. Una parete di roccia solida, che mi circonda come se fossi nel profondo di un pozzo. Da qualche parte bisogna però iniziare. Devo potermi arrampicare fino all'uscita. Mi serve un piccolo primo passo. Il film; penso alle riprese imminenti. Non sono in grado di gestire la situazione ora. Ho bisogno di tempo. Mi attivo, faccio un po' di conti e tento di spostare le riprese più avanti. Il maltempo mi aiuta e giustifica la mia scelta di fronte agli altri. Rischio di creare un pericoloso collo di bottiglia più avanti ma non ho scelta. Mi attacco al telefono e riesco a guadagnare una settimana, forse dieci giorni. Dieci giorni e dieci notti. Devono bastare. Ho un grosso lavoro da finire e consegnare (in realtà lo avrei già dovuto consegnare ma viaggi e imprevisti lo continuano a far slittare); è una prima versione di montaggio del film girato a luglio. Se lo consegno posso avere la "scusa" di chiedere di firmare nuovi documenti al produttore (parte delle richieste dell'avvocato per fare ricorso al rifiuto del visto).
Nella testa mi frulla qualunque cosa, non è la condizione ottimale per concentrarsi su un montaggio ma lo devo fare, e devo essere veloce. Un po' di pastis aiuta a sciogliere le mie mani. Le dita si muovono veloci, il mouse disegna ghirigori invisibili sulla scrivania mentre i files del girato del film piovono sulla timeline di Final Cut come martellate su un'incudine.
Nei momenti di pausa cerco febbrilmente in rete tutto ciò che trovo su di me (l'immigrazione ha chiesto più "prove" per valutare il mio merito nell'ottenere un visto); mi servono articoli, interviste, servizi televisivi, recensioni, tutto quello che può essere utile, anche il premio per la miglior scultura di sabbia. In valigia ho vecchi articoli e le prime recensioni dei festival ai quali ho partecipato (il "vantaggio" di non avere una casa è che mi sposto con tutto ciò che ho; che comunque non supera le due valigie e la mia borsa di attrezzatura). Piove a dirotto ma mi fiondo nel primo negozio di elettronica e compro uno scanner portatile. Ho bisogno di un piano. Torno a macinare minuti di montaggio ma stanchezza e pastis mi fanno letteralmente crollare sulla tastiera. Mi getto nel letto anche se non vorrei. Tutto si fa buio, dentro e fuori. Il terzo capitolo è ancora lontano. Troppo.