Leggende e Tradizioni

Atlantide: un mito inossidabile

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12 Aprile 2023
La “Tavoletta del diluvio”, tavoletta cuneiforme risalente al 7° secolo a.C. British Museum
La “Tavoletta del diluvio”, tavoletta cuneiforme risalente al 7° secolo a.C. British Museum


Nell’immaginario collettivo Atlantide è un leggendario continente scomparso migliaia di anni fa, ricordato come un paradiso terrestre e tramandato come mito senza alcun supporto storico… ma siamo sicuri che sia proprio così?

Il mito, dal greco mýthos ossia racconto sacro, è la narrazione intoccabile della storia passata e presente d’un popolo. Con il termine “mito” viene convenzionalmente indicata una forma di racconto che tratta temi quali le origini del cosmo, le vicende degli dei e le imprese degli eroi, mito come strumento di trasmissione di sapere al proprio popolo e, di conseguenza, ai posteri. Uno strumento che ha funzionato benissimo, poiché i miti hanno superato la prova estrema del tempo giungendo fino a noi.

Molte grandi scoperte archeologiche effettuate negli ultimi decenni sono avvenute proprio seguendo le tracce dei miti ( Gobekli Tepe, Namrut Dagi, vari siti nel  Kurdistan, la Città di Troia, la presunta arca di Noè sul monte Ararat, il complesso di Yonaguni con i suoi misteriosi resti megalitici nelle acque dell'Oceano Pacifico a sud del Giappone ecc..) e questo “impone” una riflessione più approfondita. Il mito non è semplicemente una “storiella”; si tratta, piuttosto, di racconti tradizionali che si pongono alla base della memoria collettiva di un popolo e appartengono a una fase antica dello sviluppo dell’umanità, che così, in questo modo, trasmetteva di generazione in generazione saperi e conoscenze. Uno strumento ben più antico, comprensibile a tutti, che cela verità profonde.

Esistono miti e leggende molto simili in tutte le popolazioni: da quelle africane a quelle dell’America del nord, facendo capolino nelle saghe degli indiani irochesi e nelle saghe dei popoli nordici. Coincidenze o verità storica?

Un mito che si tramanda da tempi immemori e che conosce diverse versioni sparse sul pianeta riguarda “il diluvio universale”, mito strettamente connesso a quello di civiltà e città ciclopiche scomparse, oltre che tema ricorrente dalle Saghe Sumere, alla Bibbia, ai Sacri Libri Maya e Indù.

Particolare della tavola XI, diluvio babilonese, Epopea di Gilgamesh
Particolare della tavola XI, diluvio babilonese, Epopea di Gilgamesh

Il più celebre racconto del diluvio, anche se non è stato il primo ad essere scritto, è sicuramente quello che compare nel libro biblico della Genesi e descrive un terribile diluvio scatenato da Dio per punire l’empietà umana. Una ulteriore narrazione la si trova in opere ebraiche successive, intorno al II° secolo a.C.

Nel 1849 furono rinvenute a Ninive, l’antica capitale dell’Assiria, oltre ventimila tavolette della Biblioteca di Assurbanipal con riferimenti all’Epopea di Gilgamesh; i preziosi reperti furono trasferiti al British Museum dove un curatore, George Smith, tradusse una tavoletta cuneiforme risalente al 7° secolo a.C. “La Tavoletta del Diluvio”, come oggi viene definita, venne vergata in Iraq circa 400 anni prima della più antica versione sopravvissuta della narrazione biblica. Questo dimostra, inequivocabilmente, che la Bibbia avrebbe attinto da un patrimonio di leggende ben più antico e comune a tutti i popoli del Medio Oriente.

Lo stesso evento lo ritroviamo nel Libro dei morti dell’antico Egitto, nella mitologia Buryat della Siberia orientale, dall’ India alla Grecia antica e tra le tribù indiane nordamericane. Le prime tracce iconografiche le possiamo osservare nelle raffinate stele di Göbekli Tepe, sito risalente a oltre diecimila anni a.C. e a Catal Huyuk, sito databile a 7500 anni prima di Cristo.

I Maya parlano di un diluvio provocato dal dio Huracan. In Cina i racconti alluvionali sono numerosi e si racconta di una donna di nome Nuwa che riparò il cielo dopo un’alluvione. Interessante è anche la versione scandinava di questo mito raccontata da Snorri, storico e poeta islandese, nella sua Edda in Prosa. Secondo Snorri ci sarebbero stati due diluvi, uno addirittura antecedente alla creazione della Terra, quando il primo gigante fu ucciso da Odino. Il suo sangue fu tanto abbondante da far annegare l’intera razza dei giganti e solo due si misero in salvo, scappando su una nave.

Particolare della Cappella Sistina di Buonarroti: il diluvio e l’arca
Particolare della Cappella Sistina di Buonarroti: il diluvio e l’arca

Alcune di queste narrazioni sono così simili fra loro che sorge spontanea la domanda se ogni cultura del pianeta non abbia sperimentato un evento simile. Può essere che tutte le inondazioni documentate con tanto zelo e ripetute in tutto il mondo siano la memoria storica di un evento realmente accaduto quale potrebbe essere stato l’improvviso e gigantesco innalzamento del livello del mare che si ebbe con la fine dell’ultima glaciazione? Il ricordo della catastrofe si sarebbe dunque tramandato di generazione in generazione e nel corso dei secoli assumendo i contorni del mito.

Strettamente connesso al diluvio, spesso menzionato nelle citate popolazioni, è il mito riferito a città megalitiche e civiltà edeniche esistite sul nostro pianeta e scomparse. Disseminati sulla terra, ci sono i resti di antiche costruzioni, secondo la storia ufficiale inspiegabili, di popolazioni che vissero e progredirono prima che i grandi cataclismi sconvolgessero il pianeta. Da Tul ad Atlantide, da Rama a Mu, le diverse leggende tramandano il ricordo di una mitica età dell’Oro, con raffinate e progredite civiltà di cui tutte le antiche culture del passato narrano.

La storia “ufficiale” data l’inizio delle grandi civiltà intorno al 3000 a.C., nascondendo, omettendo o cancellando le scoperte archeologiche casuali o meno che stabiliscono una versione differente ovvero un periodo storico precedente che potrebbe risalire a presumibilmente 11.600 anni fa circa e oltre. La data è stata calcolata secondo il racconto di Platone che indica in quella data la scomparsa del mitico continente di Atlantide. Platone dice che Atlantide fu distrutta 9.000 anni prima di Solone, questi è vissuto 2.600 anni fa.

Le scoperte di Göbekli Tepe, con le analisi al carbonio 14 su alcuni reperti, supportano tale ipotesi.

Mappa immaginaria di Atlantide, Kampanakis 1891
Mappa immaginaria di Atlantide, Kampanakis 1891

Platone riporta nei suoi “dialoghi” l’esistenza del mitico continente di Atlantide, una terra ricchissima e fertile, che secondo le leggende sarebbe esistito tra Europa e America, “oltre le colonne d’Ercole”. Al centro di questo continente era presente un’isola che era la sede non solo del governo, ma anche del centro sacerdotale e iniziatico di quel popolo. Platone racconta di dialoghi con un anziano sacerdote egizio riguardo all’esistenza della leggendaria isola poi sommersa, leggenda poi riportata dallo storico Erodoto che narrava di una terra perduta chiamata “Iperborea” che sarebbe sorta ai confini del mondo, nelle lontane terre del Polo Nord.

Questa terra era abitata da una popolazione di grandi navigatori caratterizzati dall’alta statura, con spiccate doti scientifiche ed astronomiche e con una spiccata abilità in campo edilizio.
A seguito di una forte glaciazione, avvenuta in un periodo non meglio precisato, la sua popolazione avrebbe deciso di spostarsi più a sud.

Insieme a Tul, Iperborea è stata una delle terre perdute citate più volte anticamente da greci e romani, dove Plinio, Pindaro e Erodoto, così come Virgilio e Cicerone, riferirono che la gente viveva fino all’età di mille anni godendosi la vita in perenne contatto con la natura e con l’ambiente circostante. Ecateo di Abdera scrisse anche che gli Iperborei costruirono un “tempio circolare” sulla loro isola. Iperborea era la terra dove ebbe inizio “L’età dell’oro” della civiltà umana e della spiritualità.

Tul o Thule sarebbe comparsa prima di Atlantide, collocabile a livello temporale nel periodo tra il 600.000 a.C e il 16.000 a.C.. Era un’isola nel mare a nord della Svezia in cui vivevano gli Iperborei, un popolo dai poteri immensi, dalla conoscenza superiore e dalle capacità sovraumane discesi da nord per mescolarsi con gli esseri presenti sulla terra e renderli migliori nello spirito e nella conoscenza.

Rappresentazione artistica di Atlantide in accordo alla tradizione greca, Wilson 1886
Rappresentazione artistica di Atlantide in accordo alla tradizione greca, Wilson 1886

Secondo Erodoto gli Iperborei erano un popolo che viveva in una terra lontanissima situata a nord della Grecia dove il sole splendeva per sei mesi all’anno. Era la terra di un’antichissima civiltà nordica che diede origine al genere umano moderno perché influenzò tutte le civiltà allora presenti: tutti i popoli antichi, greci, egizi, cinesi, indiani. L’innalzamento dei mari alla fine di una grandissima glaciazione, definita Wurm, e le molte catastrofi naturali che seguirono, fecero sprofondare Tul. Gli Iperborei si divisero in due grandi tronconi: i primi scesero in Europa, nell’Africa settentrionale e in America, i secondi colonizzarono l’Asia. Gli Iperborei quindi sarebbero i progenitori delle civiltà indoeuropee e di tutti i popoli che si generarono successivamente. Secondo le tradizioni druidiche gli eredi dell’Antica tradizione di Tul raggiunsero ogni luogo possibile per portare conoscenza e doni all’umanità imprigionata nei ghiacci…

Altri riferimenti storici li troviamo in una citazione di Beroso, sacerdote babilonese del terzo millennio a.C. che si definisce studioso e archeologo. La citazione, ritrovata in un frammento sopravvissuto all’incendio della biblioteca – museo di Alessandria, dichiara che prima dell’epoca in cui viveva Beroso esisteva una delle più grandi civiltà antiche che si conservavano nella memoria… memoria che il sacerdote intendeva preservare per i posteri. La ricerca del mitico continente di Atlantide non si è mai fermata, è del 2002 la scoperta di una città antica di circa 10.000 anni, trovata sommersa a circa 40 metri di profondità, al largo della costa occidentale dell’India nel Golfo di Cambay.

Affresco della casa dell’Ammiraglio, Akrotiri, XVII sec a.C., Museo Archeologico Nazionale di Atene
Affresco della casa dell’Ammiraglio, Akrotiri, XVII sec a.C., Museo Archeologico Nazionale di Atene

Diverse generazioni di pescatori della zona insistevano su storie riguardo una città sottomarina, ma tali dichiarazioni passarono inosservate fino a quando il sito non venne scoperto per caso durante i test di rilevamento dell’inquinamento condotti dal National Institute of Ocean Technology dell’India.

Con l’uso del sonar, che invia un fascio di onde sonore sul fondo dell’oceano, gli scienziati trovarono enormi strutture geometriche; detriti recuperati dal sito, compreso materiale di costruzione, ceramiche, sezioni di mura, perline, sculture e ossa umane furono datati al carbonio risultando essere antichi approssimativamente 10.000 anni. Gli scienziati ora stimano che questa città di ventisei chilometri quadrati fosse sprofondata dopo l’ultima glaciazione, quando la fusione del ghiaccio causò una significativa risalita degli oceani di tutto il mondo. Questa è stata una scoperta incredibile. Non solo questa scoperta aiuta a riscrivere alcune delle prime pagine della nostra storia ma, soprattutto, si conferma essere una antica testimonianza in tutto il pianeta per quanto riguarda civiltà perdute del passato, tra cui quella di Atlantide, che, secondo Platone, fu sommersa dal mare durante questo periodo.

Nel 1985 sull’isola di Yonaguni una guida subacquea giapponese Kihachiro Aratake durante un’immersione scrutò a circa 25/30 metri di profondità una gigantesca struttura in pietra, dall’aspetto piramidale. Per proteggersi dalla forte corrente si aggrappò ad una roccia e si accorse di aver fatto una scoperta sensazionale: un intreccio di scalinate e terrazzamenti disposti ad altezze diverse che pian piano risalivano sino a 10 metri dalla superficie. Il luogo fu subito studiato e classificato come sito archeologico di grande interesse, un sito con piramidi, strade lastricate, colonne… impressionante!

La singolare conformazione delle rocce che compongono il "monumento" ha dato luogo ad una controversia sulla sua origine. Secondo alcuni studiosi sarebbe frutto del lavoro dell’uomo, ipotesi che comporterebbe l’esistenza di un’antica civiltà scomparsa. Secondo altri scienziati le cause che hanno portato alla sua formazione sono di esclusiva origine geologica e naturale.

Il mappamondo di Hereford, 1290 circa
Il mappamondo di Hereford, 1290 circa

Un gruppo di scienziati diretti dal professor Kimura, dell’Università delle Ryūkyū, studiò le vestigia e arrivò alla conclusione che le piramidi possono essere state costruite dall’uomo, come confermerebbe il rinvenimento di quella che qualcuno assimila a una “faccia”, posta su un lato delle strutture.

È ironico come grandi scoperte archeologiche siano frutto di ricerche seguendo i miti; il mito diviene così una sorte di “mappa” per esplorare un passato antichissimo che riscriverebbe la storia attualmente conosciuta. Se indaghiamo seriamente nel nostro passato, mantenendo la mente aperta, tra le antiche carte dove sono riportati miti e leggende, possiamo meglio comprendere la nostra storia, il nostro presente e ipotizzare il futuro dell’umanità.