Leggende e Tradizioni

Il Ponte del Diavolo

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19 Agosto 2011

Il “Ponte del Diavolo” di Lanzo (Piemonte)


Nell’anno 1378, vicino a Lanzo Torinese, dove la vallata si restringe quasi a formare una sorta di protezione ad un’area felice ed incontaminata, venne fatto costruire un imponente ponte costituito da un arco saettante ad una sola gittata ad unire il monte Basso con il monte Buriasco, due sponde dello scrosciante Stura.

Avvicinandosi per la prima volta un senso di inquietudine assale il nuovo visitatore, colpa dell’architettura, del disegno a bifore, del materiale o chissà di che altro, forse colpa dei flutti che si infrangono rumorosamente a ventosa contro la base umida. L’imponenza di quest’opera induce a pensare che l’ideatore e costruttore del ponte avesse capacità portentose o addirittura ultraterrene.

E se questo viene attraversato una volta o due per tutta la lunghezza? La sensazione di brivido prevale sul corpo del viandante. Ma riprendiamo dall’inizio…

Secondo una leggenda popolare, a quei tempi pare che Satana in persona girovagasse liberamente tra boschi e prati nella vallata, in cerca di qualche anima da abbindolare e condurre nei suoi possedimenti.

Ovviamente la gente del posto poneva la massima attenzione a ciò che faceva, ma qualche sbadatello ci cascava e per il demonio era gran festa.

Un giorno però a Lanzo si stabilì un sant’uomo e per il diavolo cominciò una vita grama, poiché l’opera caritatevole del nuovo arrivato rese scarse ed infruttuose le attività del guardiano dell’inferno.

Satana cominciò a sentire il bisogno di sbarazzarsene. Poteva rovinare tutto il lavoro condotto, mentre, dal canto suo, il sant’uomo pensava di parlare con il diavolo nella speranza che magari costui avrebbe potuto ravvedersi.

A volte vi erano incontri per discutere sul da farsi, ma naturalmente ognuno mirava al proprio scopo.

Il sant’uomo spiegò a Satana che ormai aveva notato una certa “crisi” di anime per il suo inferno; che la gente pareva più giudiziosa, più buona avendo problemi seri e perciò se ne stava calma, in fondo non era neanche merito suo ma delle preoccupazioni. Per esempio se i valligiani avessero potuto avere un ponte di collegamento tra le due rive, avrebbero risolto il cruccio del trasporto e delle comunicazioni nella vallata e forse, chissà, si sarebbero lasciati andare, si sarebbero rilassati e forse avrebbero potuto lasciarsi accalappiare.

Il vegliardo suggerì che il ponte su queste acque tumultuose avrebbe però dovuto sorgere a regola d’arte per resistere a lungo.

Il demonio rifletté e suggerì che effettivamente lui avrebbe potuto costruirne uno magnifico, robusto, praticamente indistruttibile, ma nulla si fa per nulla…

Il patto era fatto: il diavolo, se avesse veramente costruito un ponte solidissimo, garantito sotto ogni aspetto, da poter durare nei secoli a venire, avrebbe ottenuto in compenso il primo essere che avesse oltrepassato la sua costruzione.

Satana ovviamente accettò e promise che il giorno dopo i valligiani avrebbero avuto il loro ponte e lui ovviamente la sua preda.

Il vegliardo imboccò la strada del ritorno meditando, ma a tratti si poteva scorgere una piega ridente all’angolo delle labbra, magari era l’effetto della fioca luce serale… chissà, forse solo lui sapeva.


Una delle antiche coppelle alla base del ponte, interpretata dal folklore popolare come l’impronta del diavolo

Nella notte il diavolo non perdette tempo, scatenò un vero inferno: fulmini, tuoni, temporali e bufere immani, mentre da una improvvisa voragine, eserciti di diavoli infuocati saettarono tra una sponda e l’altra senza sosta.

All’alba i primi raggi del sole ricacciarono i demoni nel più profondo degli abissi terrestri e illuminarono la nuova costruzione.

Satana attendeva ormai la sua ricompensa... un rumore, drizzò le orecchie puntute, si immobilizzò.. qualcuno era salito sul ponte, lo stava attraversando e stava procedendo proprio nella sua direzione.

Il diavolo si acquattò, trattenne il fiato e d’un balzo si gettò sul malcapitato che stava transitando.

Rispose per lo spavento un grugnito, un vivace maialetto le cui carni sarebbero finite su uno spiedo se il vegliardo non lo avesse usato per ingannare il demonio.

Il diavolo, sorpreso e deluso nel contempo, urlò e vide in quel momento che dall’altro capo della passerella il sant’uomo avanzava, sorreggendo un crocifisso seguito da una schiera di fedeli.

Alla vista della croce il demonio sbraitò, imprecò e poi, vinto dalla fede dei valligiani, batté lo zoccolo contro il ponte e si gettò nel fiume dove scomparve in un acre odore di zolfo.

Ancora oggi, in chiave leggendaria, si può vedere l’impronta lasciata dall’adirata creatura infernale.

Si tratta questa, però, di un’interpretazione ormai popolare, ispirata dalla religione che ha soppiantato l’“antica religione”, poiché in epoche antecedenti il luogo prendeva il nome da una “colonia di diavoli” che abitavano la zona.

Basandosi su ricerche e diverse interpretazioni questa colonia non era altro che l'insediamento di un’antica religione, ovviamente pagana di origine celtica, che secondo alcune fonti sarebbe tuttora esistente nella zona.

Costoro praticavano i loro riti nei pressi del ponte e questa tesi sarebbe quindi confermata dalle coppelle alle basi del ponte (le impronte degli zoccoli del diavolo nella leggenda popolare), indicazione del culto precristiano in un luogo sacro celtico e, come spesso accade, purtroppo queste sarebbero quindi state attribuite all’opera del demonio in quanto religione “diversa”, non cristiana.