Personaggi

La filosofia della Decrescita

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26 Marzo 2022
Serge Latouche, teorico della Decrescita
Serge Latouche, teorico della Decrescita

Intervista a Serge Latouche


Considerato il padre della decrescita, Serge Latouche è uno degli animatori della “Revue du MAUSS”, rivista interdisciplinare che si occupa di antropologia, sociologia e filosofia. Filosofo, antropologo ed economista, è presidente dell’associazione “La ligne d’horizon”, nonché professore emerito di Scienze economiche all’Università di Parigi e all’Institut d’études du developpement économique et social (IEDES) di Parigi. Ha scritto numerosi testi sull’argomento della decrescita.

Abbiamo incontrato il Professor Latouche in occasione della trasmissione televisiva “SOS Gaia, il pianeta vivo” trasmessa da Rete7 e da SKY.




Professor Latouche, siamo onorati di averla con noi.

Anch’io sono onorato di essere con voi.


Lei è un grande sostenitore della decrescita. Siamo molto curiosi della sua opinione sulla decrescita perché lei è quello che maggiormente ha sostenuto questa filosofia.  Ci sono tante versioni di questo argomento, tante interpretazioni, magari alcune anche fuorvianti e quindi vorremmo sentire da lei cosa ne pensa. Perché sostiene questo progetto?

Lo sostengo, e più o meno l’ho inventato, perché viviamo in una società di crescita, una società che è fagocitata da un’economia di crescita, e che cos’è un’economia di crescita? È un’economia che ha come unico fine la crescita, ma non la crescita per soddisfare i bisogni, che sarebbe una cosa ragionevole, ma la crescita per la crescita. E questa società è insostenibile, quindi dobbiamo uscire dalla crescita che è diventata quasi una religione, dobbiamo diventare “atei della crescita” e tornare a parlare di decrescita. La parola “decrescita” è uno slogan, uno slogan provocatorio per spiegare questa necessità. In due parole si può dire che una crescita infinita è incompatibile con un pianeta finito e allora dobbiamo tornare indietro a questo slogan. Abbiamo costruito un progetto per uscire dalla società della crescita. Il primo passo è la rottura, successivamente costruire non un’alternativa, perché la decrescita non è un’alternativa, ma è una matrice di alternative, nel senso che una volta usciti dall’imperialismo dell’economia della crescita si ritrova tutta la diversità delle culture, perché l’umanità come specie è unica, ma le culture sono molteplici. L’imperialismo dell’economia ha negato questa diversità. Naturalmente la decrescita non si può applicare all’Africa se non hanno conosciuto una crescita forte, né gli aspetti positivi della crescita. Non si farà in Africa come in Europa, non si farà penso nel medesimo modo. Anche in Francia e in Italia si deve ritrovare una società sostenibile che abbia la capacità di creare un benessere, ma che deve fare i conti con i limiti del pianeta.


Serge Latouche intervistato da Rosalba Nattero
Serge Latouche intervistato da Rosalba Nattero

Molto interessante, quindi la decrescita tocca molti aspetti economici ma anche etici. C’è anche un aspetto etico legato alla decrescita.

Sì, perché dietro la crescita c’è un’etica secondo cui l’uomo può andare oltre la natura, dominare la natura senza limiti. Questa etica è nata nel XVII secolo soprattutto con il filosofo olandese-inglese Bernard de Mandeville che scrisse “La favola delle api”, poi ripresa dall’economia politica di Adam Smith con la metafora della “mano invisibile”. È l’etica della modernità, secondo cui l’uomo può fare tutto.  L’uomo deve emanciparsi superando i limiti della natura, la sua condizione di essere nella natura, e questo è il punto di arrivo della società della crescita: il transumanesimo, che oggi è diventato di moda.


La decrescita è stata definita anche “decrescita felice”. Come lo vede lei questo termine? Può essere davvero felice la decrescita?

C’è un malinteso su questa definizione: tutti dicono che sono il partigiano della decrescita felice. La parola “decrescita felice” non l’ho mai usata, è una specificità del nostro amico Maurizio Pallante. Lui ha scritto il Manifesto per la Decrescita felice. Io parlo di decrescita serena, decrescita sostenibile, decrescita conviviale. Perché non uso la parola decrescita felice? Perché la felicità mi sembra una cosa molto più complicata, molto più complessa, è un concetto ambiguo perché, almeno in Francia, è nato con il nichilismo che vede come la felicità presupponga una società individualista e materialista. Naturalmente vogliamo raggiungere la gioia di vivere, del resto è il sottotitolo del nostro giornale “La Décroissance” (Le journal de la joie de vivre). Non sono contro l’idea di decrescita felice che parla alla gente. Il problema è soprattutto che la nostra società moderna si è dimenticata che l’obiettivo di tutte le società è il bene comune, concetto dimenticato.


Uno degli ultimi libri di Serge Latouche sulla decrescita

Oggi nessuna società riesce a realizzare un vero bene comune, ma almeno questo è l’obiettivo, e cerchiamo di realizzarlo come finalità della vita sociale. Vogliamo, con il progetto della decrescita, riprovare a creare una società alternativa che ritrovi l’obiettivo del bene comune.


Lei ha scritto anche sulla decrescita e la dimensione spirituale e questa è un’altra cosa che a noi interessa molto perché parliamo spesso di ecospiritualità. Una spiritualità legata alla Natura, un po’ pagana se vogliamo e infatti lei è stato definito anche un pagano credente, giusto? Che può sembrare un ossimoro, ma neanche tanto. Quindi come lo vede questo abbinamento di decrescita e spiritualità?

La società moderna, così come l’aveva definita bene Max Weber secondo cui la scienza e la tecnica hanno disincantato il mondo, ha discusso finalmente il senso del sacro e penso che la società umana ne abbia bisogno. Tutte le società hanno da sempre un certo senso di sacro, e naturalmente da buon francese e da ateo non penso al sacro in senso religioso, ma penso che ci sia un sacro anche laico, una capacità di reincantare il mondo. Questo è importante. I bambini spontaneamente prima di essere corrotti dall’educazione, dalla scuola, dai media, hanno una capacità di incantare tutto, di incantare il mondo. Dobbiamo ritrovare la capacità di meravigliarci della bellezza, della Natura. Meravigliarci di essere vivi, questo è una dimensione importante della vita sociale. Il progetto della decrescita non deve limitarsi agli aspetti economici, agli aspetti sociali, deve anche cercare di reincantare il mondo, di ritrovare questa dimensione importante per dare senso alla vita umana.


Sì in effetti questa frenesia di produrre più beni di quelli che servono vedo che porta poi a questa dicotomia tra noi e quello che abbiamo intorno. Le chiediamo una conclusione su questo argomento.

È difficile concludere perché è una storia che non finisce mai. Il progetto della decrescita, il concetto formulato così, è un concetto molto recente. È nato precisamente all’inizio del nuovo secolo, nel 2002 più o meno e nell’arco di 20 anni, diciamo che siamo riusciti, non a imporre questo cambiamento, ma almeno sia in Italia sia in Francia la decrescita è diventata l’oggetto di un dibattito pubblico. Anche la presenza oggi a questa trasmissione ne è una prova e recentemente, per la prima volta in una campagna elettorale importante, quella presidenziale in Francia, la decrescita è diventata qualcosa di non trascurabile. Tutti i candidati devono farci i conti, la gran parte più per ripudiarla, ma almeno oggi si parla di crisi ecologica.


Grazie, Professor Latouche.

www.rosalbanattero.net