Personaggi

Intervista a Grand Chief Edward John

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20 Luglio 2012

Grand Chief Edward John

“Gli effetti della Discovery Doctrine sono ancora vivi ogni singolo giorno. Le scuole Indiane in America sono state costruite sul principio che le civiltà indigene fossero inferiori e avessero bisogno di essere cristianizzate e civilizzate. Una situazione ancora molto concreta al giorno d'oggi, molto evidente in ogni parte di ciò che vedo”


Grand Chief Edward John è un capo ereditario della nazione Tl'azt'en situata sulle rive del Nak'albun (Stuart Lake) in Northern British Columbia (Canada). È un leader indigeno che ha dedicato la sua vita al perseguimento della giustizia sociale ed economica per le popolazioni indigene del Canada e ha lavorato come leader indigeno in politica, affari e sviluppo della comunità.

Chief John ha svolto la professione di avvocato per 30 anni. Ha conseguito un dottorato in lettere presso l'Università di Victoria, uno presso la University of British Columbia e un dottorato onorario in Legge alla University of Northern British Columbia.

Chief John ha rivestito molti ruoli di leadership a livello nazionale e internazionale. Ora sta espletanto il suo mandato nel First Nations Summit Task Group per la nona volta consecutiva, con l’incarico di curare i negoziati per i diritti degli aborigeni nel British Columbia e in tutto il Canada. Nell’ambito delle Nazioni Unite ha rivestito il ruolo di presidente del North American Indigenous Peoples' Caucus e partecipato attivamente allo sviluppo della Dichiarazione sui Diritti dei Popoli Indigeni adottata dalla Assemblea Generale dell’ONU nel settembre 2007. Recentemente è stato nominato per un periodo di tre anni Rappresentante per il Nord America al Forum Permanente sulle Questioni Indigene delle Nazioni Unite di New York e nell’ultimo Forum ha rivestito il ruolo di Presidente, eletto per acclamazione.

Abbiamo incontrato Grand Chief Edward John all’ONU di Ginevra e abbiamo parlato di temi molto scottanti e fondamentali, come il diritto dei Popoli indigeni alla loro lingua e alle loro tradizioni, e gli effetti devastanti che ancora oggi la Bolla Papale del 1400, denominata “Discovery Doctrine”, ha sulle Popolazioni indigene.



Grand Chief Edward John è stato eletto per acclamazione Presidente dell’ultimo Permanent Forum on Indigenous Issues all’ONU di New York

L' Expert Mechanism on the Rights of Indigenous Peoples sta lavorando ad un passo importante: la protezione delle lingue e dell'identità dei popoli indigeni. Cosa ne pensi di questa sessione di lavori?

Il rapporto che è stato preparato per questa sessione sulle lingue e culture indigene, credo sia molto, molto utile. Completa un rapporto del Permanent Forum on Indigenous Issues di New York prodotto diversi anni fa sulle lingue indigene. Le lingue indigene sono in pericolo in molte parti del mondo, come ha detto il segretario generale delle Nazioni Unite l'anno scorso all'apertura del Forum permanente. Una lingua indigena muore ogni due settimane, e questo è molto significativo: molte lingue sono ora in pericolo e nel giro di una-due-tre generazioni molte di queste saranno completamente estinte. Quindi, è veramente importante che questo rapporto ora continui a mantenere l'attenzione su questa terribile situazione.


I popoli indigeni hanno le loro antiche tradizioni. Come pensi che possano proteggere le loro culture in un mondo di questo tipo, dominato dalla società maggioritaria?

In effetti il paese da cui vengo, il Canada, e il Nord America in generale, è certamente molto dominato dalla lingua Inglese, da una cultura che è attraente per i giovani. È veramente difficile parlare delle antiche storie e tradizioni dei nostri popoli, quando i giovani sono sintonizzati con le tecnologie moderne, con il mondo moderno. Ma a dir la verità quello che sta succedendo, che io trovo molto interessante, è che i giovani ora stanno usando la tecnologia per conoscere meglio chi sono, conoscere le loro lingue, le loro culture. Ad esempio ci sono delle applicazioni per telefonini e documenti importanti che contengono le lingue indigene e i giovani stanno raccogliendo questo, quindi io credo che ci siano opportunità che possiamo sfruttare a nostro vantaggio, non credo che sia interamente una causa persa. Credo che ci sia un senso profondo di orgoglio tra i giovani, e ora loro si rivolgono alle nostre tradizioni sempre di più, come un modo per aiutarli a navigare in questo mondo moderno molto complesso.



Rosalba Nattero intervista Grand Chief Edward John all’ONU di Ginevra

Al Permanent Forum di New York tu eri il presidente. Quest'anno, il tema principale era la “discovery doctrine”. Quali sono state le conclusioni di questi lavori?

La conclusione principale è stata quella di sollecitare gli Stati e le Nazioni Unite a ripudiare la Discovery Doctrine in ogni sua forma e nel suo significato, basato su una nozione di superiorità della civilizzazione. I popoli indigeni al tempo del contatto furono considerati come non civilizzati, erano considerati così perchè non erano cristiani, non erano ritenuti in grado di possedere terreni. Come risultato di quella dottrina, tra i paesi dell'Europa del tempo, basata sulle bolle papali del papa di Roma che deteneva l'autorità morale nei confronti degli Stati e nei rapporti tra gli Stati, ci fu il diritto di reclamare le terre che avevano scoperto, così questi piantavano bandiere dell'Inghilterra, della Spagna o dell'Olanda o altri paesi Europei nel nuovo mondo reclamando la sovranità su quelle terre. E queste ramificazioni sono ancora molto concrete al giorno d'oggi, e ancora molto evidenti in ogni parte di ciò che vedo. Nelle Americhe lo so per certo, ma anche in altre parti del mondo. Abbiamo incaricato uno dei membri del Forum permanente di eseguire uno studio sull'applicazione della Discovery Doctrine in Africa, per esempio. Così, continuiamo a svolgere quel tipo di lavoro. Soltanto una settimana e mezza fa, in un caso molto importante sulla proprietà dei territori nella parte orientale del Canada, in cui era coinvolta la nazione Tsilkotin, la Corte d'Appello ha fatto riferimento a quello che loro chiamano “principio della scoperta”, che dava diritto alla sovranità all'Inghilterra, alla Regina o al Re, e come risultato di questo avevano l'autorità di fare leggi sulle terre dei popoli indigeni. Basandosi su quel principio la Corte d’Appello ha rifiutato la richiesta degli Indigenous Peoples di dichiarare indigeni i loro territori. Quello che la Corte ha detto è che “forse saranno in grado di rivendicare alcuni posti come un lago salato, o forse un piccolo sentiero che usavano per camminare tra i vari luoghi. Ma non possono rivendicare i loro territori”.

Si tratta di una decisione a un alto livello, e verrà fatto appello alla Corte Suprema del Canada, ma questo fatto dimostra come la Discovery Doctrine è ancora vivissima e concreta oggigiorno, e le Corti la stanno applicando.



Grand Chief Edward John in abiti tradizionali

Sfortunatamente gli effetti della Discovery Doctrine sono ancora vivi.

Sono ancora vivi ogni singolo giorno. Le scuole Indiane in America sono una manifestazione della Discovery Doctrine, perché erano costruite sulla nozione che le civiltà indigene fossero inferiori, che in qualche modo le popolazioni indigene avessero bisogno di essere cristianizzate e civilizzate in queste scuole, che in Canada e soprattutto negli USA erano lo strumento di questa politica nazionale.


La Discovery Doctrine ha creato moltissimi problemi, anche in Europa. Forse il Vaticano ha dovuto porre fine ai principi della Discovery Doctrine, tuttavia questa Bolla Papale non è mai stata disconosciuta dalla Chiesa, quindi è ancora in essere.

Lo è, e molto. Hanno detto di ripudiare questa dottrina, ma dobbiamo vederne le prove da parte della Chiesa. Vediamo che il Concilio Mondiale delle Chiese sta facendo passi in avanti nel ripudiare la Discovery Doctrine, eccetto per la Chiesa Cattolica, che non lo sta facendo. Non ho visto passi concreti da parte loro, perché nel medioevo, come è chiamato, era la Chiesa a fornire la guida e l'autorità morale e ha giocato un ruolo politico molto importante nella cosiddetta “scoperta” dei nuovi mondi, in particolare anche nel continente Africano.


Qual è la tua speranza personale e il tuo progetto per il futuro della tua comunità?

Nelle nostre comunità siamo molto impegnati in ampi dibattiti con il governo riguardo al risarcimento per quel che riguarda i terreni. Nella metà del 1800, i governatori coloniali del tempo passarono una proclamazione affermando che tutte le terre in quella parte del paese appartenevano alla Corona, come tributo che le spettava di diritto. Come risultato di quell'unico documento, basato sulla Discovery Doctrine, troviamo che i popoli Indiani, i popoli delle Prime Nazioni, le popolazioni indigene vennero espropriate delle loro terre per mezzo di una semplice proclamazione.



Un momento dell’intervista

E per quel che riguarda le vostre terre sacre? Cosa state facendo per proteggerle?

Ci sono dei lavori, dei cantieri, che stanno avendo un impatto su molti siti sacri. Ci sono costruzioni residenziali e commerciali in costruzione su questi siti sacri. Nel caso del villaggio di Vancouver, in un'area chiamata “Marple” hanno scoperto numerose prove di un insediamento umano, un antico villaggio, un sito molto esteso con migliaia e migliaia di artefatti, compresi resti umani in siti di sepoltura. Questa compagnia vuole costruire un condominio lì sopra, così la comunità ha detto “No, non potete farlo. Non siete autorizzati a dissacrare questi luoghi di sepoltura sacri”. Così si è arrivati a un'occupazione del sito da parte dei membri della comunità che va avanti da un paio di mesi ormai, e il governo, la compagnia, la città e le comunità indigene stanno cercando di trovare, attraverso una serie di negoziazioni, una soluzione al problema. La comunità indigena ha offerto uno scambio con delle terre che possiede in un altro luogo in cambio della restituzione di quel sito, così da poterlo mantenere in futuro come un luogo sacro. Credo che questa sia una iniziativa molto importante da parte loro.


Per concludere, sei soddisfatto del lavoro svolto dalle Nazioni Unite per i Popoli Indigeni, in tutti questi anni in cui hai lavorato per i diritti degli Indigenous Peoples?

È sempre un work in progress, ovviamente la cosa più importante ottenuta finora è l'adozione della dichiarazione per i diritti dei popoli indigeni da parte dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite dopo venticinque anni di negoziazioni. La dichiarazione è stata adottata cinque anni fa, qui a Ginevra, a settembre. E ora, il punto principale è quello di implementare quel documento, e anche se ci sono paesi che hanno accettato la dichiarazione, c'è ancora un divario tremendo tra l'accettazione della dichiarazione e la sua applicazione pratica. Ci sono alcuni paesi che dicono “Bene, abbiamo accettato la dichiarazione, ma non intendiamo fare nient'altro”.