Tradizioni Celtiche

Il Graal, l’eterna ricerca

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11 Aprile 2011

Il Calice di Ardagh, una coppa di pregiata lavorazione in oro e argento ritrovata ad Ardagh in Irlanda nell’VIII secolo. Il Calice di Ardagh è stato identificato con il mito del Graal

Un mito universale che ha segnato la storia dell’uomo


Non è facile parlare di un mito tanto discusso e sviscerato  nei suoi  possibili  significati come quello del Graal. Su di  esso  sono già  state impiegate fin troppe parole, e forse, più  cerchiamo  di spiegarlo, più rischiamo di allontanarci dal suo vero significato. Ma  il fascino di questa leggenda, che ha infiammato i  cuori  di non pochi scrittori e ispirato saghe e simbolismi di varie e contrastanti  culture, pare che abbia il potere di rimanere inalterato  nel tempo.

Il Graal è comunemente accostato al contenitore che raccolse e conservò il sangue di Cristo, ma in realtà si tratta di un mito molto più antico. L’accostamento con il simbolismo cristiano è nato nel medioevo, quando il mito conobbe momenti di grande gloria e i racconti sul Graal fiorirono e sbocciarono come dal nulla.

Nel periodo che va dalla fine del XII secolo alla metà del XIII comparve in tutta Europa un vasto corpus di testi che proponevano il Graal in tutte le sue possibili varianti. Tra queste, l’interpretazione dei monaci cristiani ebbe il sopravvento sull’anima celtica della leggenda, e l’errore storico fu perpetrato e ratificato dalla cultura ufficiale.

In realtà il mito che segnò così profondamente la cultura dell’Europa medievale era di chiare origini pagane. Quando Chretien de Troyes, intorno al 1181, introdusse il Graal nel suo “Perceval”, nessuno aveva mai sentito ancora nominare questo strano oggetto, e di certo, nel suo romanzo, Chretien non fornisce alcun elemento per poter accostare il Graal all’esoterismo cristiano.

Si sa che Chretien de Troyes basava i suoi romanzi sul background folklorizzato di leggende mantenutesi nelle aree celtiche fino ad allora sopravvissute, come l’antica Armorica (l’attuale Bretagna), la Cornovaglia, il Galles.

Il “Perceval” è una sorta di iniziazione cavalleresca incentrata sul mistero del Graal; ma nonostante il romanzo ruoti attorno al Graal, il significato di quest’ultimo rimane oscuro, e l’autore non fornisce alcun elemento per farsene anche solo una pallida idea.


L’apparizione del Graal alla Tavola Rotonda in un dipinto medievale. Il dipinto evidenzia la forma della tavola forata al centro, secondo l’antico simbolismo della ruota forata dei Celti

Il  Graal fa la sua comparsa in una strana processione,  nel  bel mezzo di un banchetto regale: i valletti del Re portano una  lancia bianca, un candeliere d'oro fino, un piatto d’argento e infine il regalo più prezioso, il Graal. “Quando il Graal fu portato nella stanza, da esso si diffuse un tale chiarore che  le  candele persero la loro luce come le stelle quando si leva il sole o la luna.”

Da questi scarni e oscuri accenni al misterioso oggetto  chiamato Graal scaturirà una ricca letteratura che segnerà profondamente  la cultura  medievale. Il romanzo di Chretien, pur se  incompiuto,  ebbe uno  straordinario  successo, ed ebbe il merito (o il  demerito?)  di creare una moda. Tra i testi più famosi: il “Parzival” di Wolfram von Eschenbach, il “Peredur”, un racconto gallese della raccolta dei Mabinogion, e il “Roman de l’Estoire du Graal” di Robert de Boron.

Nel XIII secolo il mito era ormai famoso, e la “cerca del Graal” era definitivamente identificata come la missione spirituale dei Cavalieri della Tavola Rotonda: una via mistica, costellata di prove iniziatiche, che aveva come obiettivo la conquista dell’ambito oggetto, fonte di conoscenza e benessere spirituale. Una leggenda simbolica di cui molte scuole spirituali si attribuirono la paternità, sfruttando a proprio uso e consumo l’obiettivo finale.

L’opera di cristianizzazione in atto in Europa convertì la leggenda secondo criteri cristici, e così il Graal divenne il contenitore che raccolse il sangue di Cristo, e la cerca del Graal fu tradotta nel misticismo cristiano.

Cercare di addentrarsi nel significato del Graal secondo le leggende celtiche, e nel mondo celtico in generale,  tuttavia non è facile né a portata di tutti. Le fonti e le testimonianze originali giungono da quegli autori che rappresentano la cultura che ha cancellato i Celti dalla storia, ovvero i romani e i monaci medievali; facile immaginare come tali fonti risentano dell’influenza della storia narrata dai vincitori.


La Tavola Rotonda dove è rappresentato il ritratto di Re Artù in un grande dipinto su legno conservato nel castello normanno di Winchester

Ma il patrimonio dell’umanità non è costituito solo dai monumenti architettonici del passato: esiste un grande patrimonio tramandato dalla memoria storica dell’umanità, costituito dai miti e dalle leggende di tutti i popoli della terra, che ostinatamente accompagna la storia dell’uomo, pronto per essere interpretato e ricomposto come un enorme puzzle, e geloso custode di millenari miti e di ancestrali insegnamenti.

E’ proprio da tale patrimonio che possiamo attingere per eludere la censura della storia, per provare a farci un’idea dell’insegnamento conservato nel Graal. Ed è proprio così che di fatto inizia un percorso, quel percorso che anticamente venne definito come la “Cerca del Graal”: un sentiero individuale, personale, alla ricerca del Graal ma anche alla scoperta di se stessi.

Che cosa spinse Chretien de Troyes ad introdurre il Graal  nei suoi  racconti? E da quali fonti attingeva per le sue ispirazioni?  E ancora:  che cosa rappresentano quei quattro elementi  che  ricorrono nella processione del Graal?

Per quest'ultimo quesito, dall'antica tradizione irlandese arriva uno  spunto  che ci viene in aiuto  riproponendoci  quattro  elementi sotto forma di altrettanti "doni" che venivano fatti agli  ancestrali Re d'Irlanda, gli Ard-Rì, provenienti dai mitici Tuatha De Danann: la lancia,  la spada,  la  coppa e la pietra. Un'usanza che ancora  oggi  viene  in parte  conservata nel Regno Unito: la "Stone of Scone", la pietra  su cui  vengono  incoronati  i reali d'Inghilterra, è  appunto  uno  di questi quattro doni e, secondo la leggenda, viene tramandata da tempi immemorabili.  Quattro  doni che ovviamente  avevano  un  significato altamente  simbolico, e che forse ci possono aiutare per iniziare  ad addentrarci  nel  segreto del Graal.

Secondo l’esoterismo del Graal, questi quattro elementi costituiscono altrettante esperienze formative che hanno lo scopo di forgiare spiritualmente l'iniziato nelle sue conquiste metafisiche. Una  sorta di  cammino  mistico che necessita di strumenti, come  i  sopracitati quattro "doni", per poter essere realizzato nella maniera idonea.

Se  Chretien  introdusse e sottolineò questi  quattro  capisaldi della via mistica del Graal, non lo fece certo per caso: in un momento  in cui la conversione cristiana era dilagante, egli sentì  l'impulso di dare una provocazione introducendo elementi pagani  raccolti da  tradizioni precedenti. Forse non riuscì nel suo  intento,  vista l'interpretazione che ne fu data in seguito, ma di sicuro lasciò una traccia  indelebile che pose l'accento su un mito universale che  mal si prestava ad essere strumentalizzato, e che di sicuro fa riflettere gente di ogni tempo e luogo.


Il Calderone di Gundestrup conservato nel Museo Nazionale Danese di Copenhagen, una coppa di argento massiccio con un diametro di 69 cm. Il Calderone è stato ritrovato nel II secolo a.C. nello Jutland, ma proviene dal Mar Nero. E’ composto da 13 placche che rappresentano altrettante etnie, lontane tra di loro migliaia di chilometri. Il Calderone ha evidenziato contatti culturali che si estendevano per almeno 6000 chilometri e rappresenta la celebrazione dell’unione di culture diverse

Nelle leggende celtiche appare evidente come il Graal sia un oggetto immateriale, esperienza e insieme cammino iniziatico, una via mistica alla ricerca della conoscenza. Tutte le leggende celtiche, di qualsiasi paese, risentono fortemente del simbolismo del Graal; si può dire che in questo mito ci sia il senso stesso della spiritualità del mondo celtico. Ma ciò che colpisce nel corpus delle leggende celtiche legate al Graal è la somiglianza con altri miti, lontani tra di loro nello spazio e nel tempo.

Se proviamo a tracciare una scheda dei punti salienti della leggenda, potremo confrontarla con altri miti storici per penetrarne il significato. I punti salienti sono:

. il Graal è un oggetto immateriale, talvolta raffigurato come una coppa, talvolta come una pietra preziosa;

. il Graal è stato donato agli uomini da una stirpe divina in un’epoca primordiale;

. il Graal proviene da un altro mondo e compare periodicamente nella storia dell’uomo;

. il Graal è dispensatore di benessere e di conoscenza;

. il Graal rappresenta una porta verso un piano di realtà normalmente inaccessibile all’uomo.

In molte leggende dei popoli della terra possiamo trovare gli stessi elementi: il Graal, sotto forma di coppa o di pietra (per la maggior parte dei casi uno smeraldo o una pietra verde), emerge da un mondo parallelo al nostro e dispensa conoscenza e benessere a chi ne entra in possesso.

Possiamo citare la coppa donata dai mitici Tuatha De Danann della mitologia irlandese agli Ard-Rì, i primi re d’Irlanda; oppure la cornucopia della mitologia greca, ovvero il corno proveniente dalla capra di Zeus, con proprietà simili ai calderoni della mitologia celtica; oppure la coppa della mitologia nordica ricavata dal cranio del gigante Ymir, vista la sede dove ha avuto luogo la nascita dell’Uomo Primordiale. Ma anche la pietra verde raffigurante una divinità precolombiana, la dea dell’acqua Chalchihuitli; o la divinità peruviana Pachacaman, raffigurata come “luminosa e verde”, o ancora lo smeraldo con cui il sacerdote Quetzalcoatl otteneva la propria potenza dalle stelle.


Statua preistorica del popolo Yoruba dell’Africa del Nord, raffigurante una figura femminile che tiene in mano la Coppa della Conoscenza

Frammenti di un puzzle che ci fa intuire qualcosa che trapela al di là dell’apparente puerilità di leggende giunte a noi frammentate e oscure. Pezzetti di una storia che ci parla di un’era in cui l’umanità conobbe antichi splendori e lascia trapelare una realtà posta al di là dell’ovvietà.

Presso gli aborigeni australiani questa dimensione viene chiamata “alcheringa”, tradotta con il termine di “dreamtime”, il Tempo del Sogno. Il dreamtime è una dimensione parallela che trae le sue origini da un’esperienza vissuta dall’umanità dei primordi, manenuta viva, in modo segretissimo,  dalla tradizione sciamanica delle società iniziatiche degli aborigeni. Una condizione di eterno presente, tra visibile e invisibile, che si proietta tra passato e futuro, in  continuum esperienziale a cui si può accedere solo con la chiave adatta. Una credenza analoga la troviamo presso gli indiani Hopi, che periodicamente si recano nei posti  sacri per incontrarsi spiritualmente con i loro antenati totemici, i mitici Katchina, molto simili per significato e funzione ai Tuatha De Danann della tradizione celtica. E proprio il mito dei Tuatha De Danann ci offre la chiave di volta per capire qualcosa di più del significato del Graal.

La leggenda racconta del mitico incontro tra esseri divini provenienti dalle terre “a nord del mondo”, i Tuatha De Danann, e gli Ard-Rì, i primi re d’Irlanda. Questi mitici esseri regalarono agli Ard-Rì il Graal. Da questo incontro, secondo la leggenda, nacque la tradizione druidica che diede vita a tutta la cultura celtica e costituì il collante essenziale per popoli diversi e lontani fra loro.

Il Graal compare in tutte le saghe e le leggende celtiche, dove molto spesso le battaglie e le imprese cavalleresche sono simbolismi di un viaggio iniziatico, e dove la vita e la morte assumono lo stesso valore. Le prove, spesso sovrumane, a cui è sottoposto il cavaliere alla conquista del “suo” Graal, sono facilmente interpretabili come prove iniziatiche per raggiungere quello stato trascendente che è meta di ogni iniziato.

Man mano che ci si addentra nel percorso alla scoperta di  questo mito  ci si accorge che si ha a che fare con un  simbolo  universale, infinitamente più antico e più vasto del corpus di leggende  medievali che lo hanno reso famoso.


Una coppa preistorica ritrovata a Nazca, in Perù. Il simbolo della coppa è presente negli oggetti rituali dei ritrovamenti pre-colombiani

Paragonandone il significato con altre tradizioni, confrontandolo con simboli di altre culture,  constatiamo che  non  si  può  restringere il Graal nella  visione  di  un  mito dell'Europa  medievale, ma lo si deve collocare in un'accezione  più ampia,  sia  storica che geografica; solo così si  può cercare  di avvicinarsi  al  suo reale significato. Occorre andare  indietro  nel tempo e, se i dati storici iniziano a sfumare nella leggenda,  rivolgersi  a quelle tradizioni mitiche apparentemente spazzate via  dalla storia, ma che hanno lasciato profonde tracce nelle credenze popolari che  in  definitiva costituiscono la memoria  storica  dell'umanità. Solo  così potremo forse darci delle risposte su un mito  apparentemente  oscuro e misterioso, ed estrapolarlo da un contesto  folkloristico fine a se stesso.

Quando ci si addentra nel mito del Graal, alla ricerca del suo vero significato, non è difficile trovarsi in una dimensione al di là del visibile. Inizia un percorso personale fatto di magia e mistero, e i confini tra conoscibile e inconoscibile diventano sempre più flebili.

Il Graal è un mito senza tempo, un  oggetto immateriale che ogni tanto sembra ricomparire dalle pieghe della storia per ricordarci il mistero della nostra esistenza. Forse il Graal rappresenta l’esperienza evolutiva che è in ognuno di noi; forse è una profezia in attesa del suo inevitabile compimento.

Forse è la comune intuizione del Graal che ha guidato i Cavalieri di ogni tempo alla ricerca di un mondo migliore, in un percorso interiore verso il mistero più fitto; così come è stato per bardi e poeti di ieri e di oggi, attori inconsapevoli di un copione già scritto, tutti viandanti alla ricerca del Graal.