Viaggi

L’Australia che non c’è

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25 Aprile 2011

Il tipico "bush" australiano, lo spazio immenso e sconfinato
in cui si sviluppa la vegetazione

Un viaggio nel Dreaming


Alcuni anni orsono affrontai un viaggio in Australia destinato a rimanere stampato per sempre nella mia memoria. Ancora oggi è come se fossi appena tornata, o meglio, come se non avessi mai lasciato quella terra. Ho raccontato momento per momento il viaggio nel mio blog, da cui è nato il libro “L’Australia che non c’è”.  Ma ancora oggi affiorano nuove sensazioni, come se qualcosa si fosse impiantato allora e continuasse a crescere dentro di me.

Il motivo del viaggio era un tour musicale con il mio gruppo LabGraal. Ma ben presto il “vero” viaggio si è rivelato essere un altro. Il percorso, del tutto casuale, che si è sviluppato al di là del tour musicale ci ha rivelato un'Australia che non c'è, quella non citata sulle guide, non raccontata dagli scrittori, non vista neppure da chi vi abita da generazioni. È l'Australia dei megaliti, è l'Australia dei Nativi, i cosiddetti "aborigeni", mitico popolo originario del continente, che oggi sembra invisibile.

Un vero e proprio viaggio nel Dreaming…

Note di viaggio

Il nostro tour prevedeva date a Melbourne e Sydney, nell’arco di due settimane. Ma siamo rimasti in Australia quasi due mesi. Ci spostavamo tra il Victoria e il New South Wales facendo base a  Melbourne.

Già nei primi giorni in Australia avevamo l'impressione di vivere un tempo dilatato.

Lo spazio è legato al tempo, e viaggiare verso una terra così lontana produce inevitabilmente un cambiamento nella percezione del tempo. Ci si trova a vivere in una dimensione particolare, in un chiaro-scuro in cui sembra non ci sia più confine tra sogno e realtà.

L'Australia è una terra particolare. I miti dei Nativi sono mescolati in mezzo alle cose più ovvie del quotidiano, e il Tempo del Sogno sembrava svelarsi poco a poco, aspettando solo che fossimo abbastanza lucidi per potersi svelare del tutto.


Canguri in un campo da golf della Great Ocean Road

In quel mondo capovolto, dove al sud del continente c’è aria di montagna, dove anche le porte si aprono all'incontrario, in ottobre si scivola lentamente verso l'estate. I giorni si allungano, l'aria diventa tiepida e questo processo naturale sulla nostra dimensione psicofisica di europei che si stavano preparando all'inverno aveva un effetto un po' da sballo. Nei negozi c’erano già in mostra gli addobbi natalizi insieme ai primi indumenti estivi, tanto per aumentare questa nostra sensazione sballata.

Melbourne è una città molto europea.

La zona dove stavamo ricordava molti altri posti a me familiari: un po' Londra, un po' Tucson, un po' Scozia, un po' Bretagna, tutto mescolato insieme. Ma con un ché di alieno. Un paesaggio molto europeo, se non fosse per quegli uccelli che fanno un verso stranissimo e che ci ricordavano che eravamo dall'altra parte del mondo.

Quando avevamo tempo andavamo a  vedere il tramonto sul mare a St. Kilda, un quartiere sull'oceano dall'aria molto nordica,  ed era strano pensare che l’aria nordica si sentiva quanto più ci si avvicinava al Polo Sud. Avendo abitato per tutta la vita sull'emisfero nord di questa palla che rotea nello spazio, eravamo un po' spiazzati dal sovvertimento di tutti i parametri conosciuti. Non riuscivamo ad orientarci, facevamo confusione con i punti cardinali. Nonostante ci fossimo attrezzati con bussole e mappe di ogni tipo, ci perdevamo continuamente.

La prima sensazione era quella di non aver mai lasciato l’Europa. Eppure avevamo continuamente un senso di estraneità, come se fossimo su un altro pianeta che ha provato a replicare il nostro.

Particolari che subito non si notano, come uccelli stranissimi che emettono suoni alieni, o piante giganti che improvvisamente ti compaiono davanti nei parchi.

E soprattutto, la sensazione di percepire Gaia, il pianeta. Non l'Australia, non la cultura che ricopre il continente, non gli edifici o la vegetazione: il pianeta.


L’Autrice sul traghetto nella baia di Sydney. Sullo sfondo: l’Opera House, la costruzione architettonica che rappresenta un’icona per l’Australia

In alcuni posti particolari, come l'Arizona, mi era già successo qualcosa di analogo. La sensazione di essere accarezzati, coccolati, accolti e pervasi da un senso di benessere. Di percepire la forza tellurica del pianeta. Succedeva anche in Australia. Forse per via del fatto che la colonizzazione è ancora giovane e recente? Forse perché la popolazione australiana abita solo una minima parte del territorio? Sta di fatto che sentivo prepotentemente la forza del pianeta più che in altri posti.

Così come ci succede a contatto con la cultura americana, anche in Australia ci è saltata subito all’occhio una nota stonata: non c’era traccia dei "veri" padroni di casa, i Nativi. In questo caso però sembrava  addirittura peggio: i Nativi, oltre che invisibili, nel luogo comune di certe aree della popolazione australiana sono considerati "feccia". Alcuni amici australiani ci consigliavano caldamente di evitare nei nostri concerti e nelle conferenze l'argomento "aborigeni", considerato scomodo e imbarazzante. Ovviamente non abbiamo mai seguito quel consiglio...

L'Australia si presenta come un mondo sconfinato oltre il quale sembra non ci possa essere più nulla a cui riferirsi. Un enorme “vortex” che ingloba e trattiene tutto e suggerisce l'idea di fermarsi e di abitarci per sempre. L'architettura delle costruzioni e l'atteggiamento delle persone danno la sensazione di trovarsi su un pianeta gemello della Terra con qua e là delle sfasature, oppure di aver fatto un viaggio di 100 anni nel futuro. E’ la terra del Dreaming dei Nativi australiani, tutti gli altri sono ospiti sulla loro terra.

La cultura australiana ha tante anime, quante sono le comunità che la esprimono. La multietnicità è una caratteristica dell'Australia, ed è evidente la tendenza a trovare un equilibrio nel confronto culturale, che non scontenti nessuno.

Ma è anche evidente che gli anglosassoni si muovono da padroni di casa, mentre le altre culture si sentono un po' i "parenti poveri".

Sarà per questo che molti tra gli italiani che hanno preso la difficile decisione di cambiare vita e trasferirsi in Australia, vivono una latente nostalgia che si portano dentro nel profondo.


Melbourne, auditorium della Melba Hall. Il LabGraal in uno dei concerti del tour australiano

Non sono molti coloro che riescono davvero a voltare pagina, e questi ultimi sono quelli che vivono felici, si sentono a casa e non vogliono più sentir parlare dell'Italia, ritenendola retrograda e pericolosa, mentre nel loro nuovo mondo si sentono sicuri e protetti.

In Australia la vita è facile, il lavoro è assicurato per tutti e c'è una grande mobilità. Chi ha delle buone idee riesce senza difficoltà a fare fortuna.

Il pensiero più ricorrente tra gli italo-australiani è che in Italia non serve essere bravi per avere successo, ma occorre "conoscere qualcuno", e questo è considerato normale. Mentre in terra australiana si è valutati per le proprie reali capacità e se qualcuno ha delle buone idee, è abbastanza facile tradurle in pratica. Una terra di conquista, insomma.

Il sistema ha creato una comoda pantofola in cui vivere e la gente comune accetta di buon grado l'ordine costituito, senza interrogarsi troppo e vivendo uno status quo basato su valori ordinari e assolvendo al meglio ai bisogni quotidiani. Ma non è tutto oro quello che luce: non è difficile imbattersi in persone che si lasciano andare ad autentiche crisi isteriche per un semaforo troppo lento o per gli assurdi limiti di velocità.

Sull'aspetto culturale degli australiani, abbiamo notato che sono interessati senza pregiudizi a tutto ciò che è insolito. Ad esempio gli UFO. L’esobiologia è un argomento particolarmente seguito. Sono aperti e interessati alla vita extraterrestre, senza i pregiudizi a cui siamo tristemente abituati in Italia.


La Sydney Tower, l’edificio più alto di Sydney con i suoi 360 metri di altezza

E' indubbio che un italiano non può sentirsi spaesato: ce ne sono dappertutto, in tutti i settori, e devo dire che dopo la mia iniziale diffidenza verso gli italiani all'estero (di cui ho ricordi non proprio brillanti), ho dovuto ricredermi sugli italo-australiani: sono per la maggior parte persone proiettate verso il futuro, creativi, con la voglia di confrontarsi con la realtà in cui sono calati.

E la realtà australiana è davvero sorprendente e cangiante: ad ogni angolo c'è una prospettiva diversa e stupefacente.

A Melbourne il Crown è un centro commercial-cultural-musical... non so come definirlo... un complesso futurista che è una vera e propria città, dove si trovano le cose più strane, con ambienti alla Blade Runner o Strange Days o anche Gotham City. Con ristoranti che sembrano bar di Star Trek, con tutte le razze umane rappresentate. Ma ovviamente niente Nativi: loro sono invisibili.

Appena fuori Melbourne, la Great Ocean Road costeggia l’oceano e presenta spettacoli mozzafiato. Lì in un campo da golf abbiamo avuto il nostro primo incontro con i canguri, magico ed entusiasmante. Era come un incontro ravvicinato del terzo tipo. Così diversi eppure uniti a noi dalla comune coabitazione sul pianeta. Alieni. Alieni tranquillissimi che dividevano un campo da golf con degli umani, rispettandosi a vicenda.

Fuori dai complessi urbani, l’Australia si impone in tutta la sua forza naturale. Basta uscire dalla città ed ecco che si è calati in una natura selvaggia e aliena. Il bush in tutte le direzioni, per chilometri e chilometri, strade deserte, paesaggi sconfinati.


I famosi cigni neri residenti nell’Albert Park
di Melbourne

Di notte, la volta stellata dell’emisfero australe crea una vertigine da sballo. Abituati da sempre a vedere la stessa volta stellata, con le medesime costellazioni, con le stelle posizionate sempre nello stesso modo, è stato scioccante vedere un cielo stellato che non aveva più nessun riscontro con quello conosciuto.

Il mio inconscio reagiva con una inquietudine e uno stupore che penso sia paragonabile, se pur in minima parte, a quello provato dagli astronauti per la prima volta nello spazio.

Le stelle sembrano tantissime, ammassate in maniera caotica, irriconoscibili. Sembrava di essere sull'Enterprise ad osservare il cielo di un pianeta sconosciuto. Era emozionante esplorare il cielo notturno in quel mondo opposto al nostro. Si vedono costellazioni mai viste e la luna al contrario. Uno strano effetto.

E poi... la Crux! La Southern Cross, la mitica Croce del Sud che indica il Sud celeste, riferimento e guida per tanti naviganti di questo emisfero, simbolo adottato anche dalla bandiera australiana.

Una delle prime notti in Australia non abbiamo resistito alla tentazione di cercare la mitica costellazione che per alcuni clan aborigeni rappresenta l’albero della vita. Il cielo era limpido, e così siamo andati a cercare il buio armati di binocoli, bussole e mappe stellari su computer, e lo abbiamo trovato dalle parti di Little River, il primo paesino buio fuori Melbourne.

Non è certo difficile trovare paesaggi sconfinati. La natura è sempre lì a portata di mano e ad ogni ora cambia colori e abitanti non-umani. Può capitare soprattutto di notte di incontrare presenze che si portano dietro un alone magico, come i canguri, che si svegliano di sera, o i cavalli liberi che abbiamo incontrato mentre guardavamo le stelle.


Un tramonto a St. Kilda, Melbourne

La vita è solo un sogno, ne sono perfettamente consapevole. Ma in Australia la sensazione di stare sognando è particolarmente spessa. Sarà per questo che i Nativi locali hanno scelto un termine tanto  poetico per descrivere l'intuizione dell'Invisibile? Alcheringa, il “Dreaming”, tradotto anche come “Dreamtime”, il Tempo del Sogno. “Dreaming” rende l'idea di una dimensione sempre presente, un "sognare" che rappresenta la consapevolezza di appartenere ad una dimensione infinitamente più vasta della realtà ordinaria.

In Australia sembra tutto possibile: metti in pratica un'idea e se ne presentano altre cento, tutte percorribili. Se uno dovesse seguire tutte le strade aperte davanti a lui, dovrebbe trasferirsi lì, come in effetti molti fanno.

Facevo queste riflessioni passeggiando per Sydney, una città che ti stordisce con le sue bellezze naturali e artificiali e ti fa sentire al centro del mondo. Sydney sembra proiettata 100 anni avanti nel futuro. E’ una città spettacolarmente futurista. E’ divertente girare la City in monorotaia fino al Darling Harbour, prendere il traghetto e girare per la baia fino all'Opera House, e poi passeggiare a The Rocks, la parte più antica di Sydney. The Rocks è una manna per i turisti per via delle strade dense di negozi di souvenir, ma anche per chi è in cerca di pietre particolari. La “via degli opali” è un delirio per chi, come me, è stregato da questa pietra, sacra agli aborigeni. Opali di tutti i tipi e di tutte le dimensioni, per tutte le tasche.

Ma nonostante l’aspetto turistico, si percepisce in ogni angolo il richiamo dirompente della Terra, una natura selvaggia che gli insediamenti urbani non riescono a domare.

Mentre si sviluppava la parte programmata del viaggio, con impegni, concerti, interviste, conferenze, un altro tipo di viaggio si stava delineando anche se ancora non ne eravamo consapevoli.

1 - continua