Animalismo

I santuari per gli animali

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28 Maggio 2020
Nelle foto: gli animali salvati e ospitati presso il rifugio “Vivi gli Animali” di Collegno
Nelle foto: gli animali salvati e ospitati presso il rifugio “Vivi gli Animali” di Collegno

La realtà di “Vivi gli animali”


Esistono situazioni di “libertà” che non rappresentano una negatività né per gli animali né per le persone: sono i rifugi o i santuari.

È vero che sono miliardi gli animali oggetto di sfruttamento e un numero altissimo, forse uguale al precedente, è sottoposto a sofferenza, e quindi il regalare a qualche esemplare una vita diversa può sembrare la tipica goccia nel mare, però è altrettanto vero che l'esempio può servire a dimostrare che non tutti gli esseri umani hanno un atteggiamento utilitario verso gli altri viventi, per questo qua e là stanno nascendo dei rifugi dediti a salvare la vita a qualche animale.

Uno di questi è stato organizzato anche a Collegno, in provincia di Torino, tra mille difficoltà.

Sono samaritani, persone che, nel variegato mondo dei tutori degli animali, stanno mettendo in atto attività volte al salvataggio degli animali. Quando si tratta di ragionare sul significato di zoofilia e animalismo, una differenziazione semplice è il fatto che lo zoofilo lega la sua attenzione ad un atto di empatia (di amore secondo il significato greco del termine) ad un animale, magari ad una specie mentre l'animalista, adesso si dice anche antispecista, si impegna nella difesa di tutti gli animali; con una ulteriore evoluzione perché l'animalista vede in ogni animale, di qualsiasi specie, un individuo degno di cura per cui anche la salvezza di un solo individuo è importante; e lo è non solo per colui che viene salvato ma per tutti, perché diventa un emblema, un esempio.

Questo assunto è alla base dei diversi “santuari” che, ove vi è possibilità, stanno sorgendo in varie parti d'Europa e d'Italia; gli animali possono provenire dalle esperienze più varie e sono ospitati cercando di fornire il migliore sistema di vita possibile pur evidentemente dovendoli confinare.


Proprio nel territorio della mia Asl è sorta una avventura di questo tipo che ha scelto per nome “Vivi gli animali”, credo con un voluto doppio senso, un invito a vivere in modo diverso gli altri animali e sottolineando il fatto che essi siano vivi, non destinati ad essere uccisi come avviene per tutti quelli di allevamento.

Enrico Moriconi, medico veterinario, è il Garante per i Diritti degli Animali della Regione Piemonte
Enrico Moriconi, medico veterinario, è il Garante per i Diritti degli Animali della Regione Piemonte

Il primo arrivo in assoluto è stato un agnello che un “samaritano per interposta persona” aveva salvato dalle celebrazioni pasquali, per interposta persona poiché portato a casa non sapevano come sistemarlo e dopo più tentativi infruttuosi si era trovata una sistemazione, assolutamente temporanea, però. Si era offerto, infatti, Michele Suma il quale, in attesa di risolvere le pratiche burocratiche per istituire il rifugio, aveva ospitato l'agnello a casa sua. Quando andai per sterilizzarlo, l'agnello, già molto cresciuto, conviveva con altri animali, cane e gatti, e si comportava al pari loro, immedesimandosi nel ruolo. Le pecore sono specie che vivono in gruppo e non avendo simili aveva adottato cani e gatti come guida e si aggirava nel cortile rispondendo ai richiami umani accorrendo insieme agli altri quadrupedi. La sua permanenza aveva obbligato a realizzare un vero e proprio labirinto di reti a protezione di parte della vegetazione che avrebbe pagato un pegno altissimo, praticamente la desertificazione di piante e fiori sotto i voraci denti dell'erbivoro. Dopo l'operazione, completato l'iter per il permesso, l'agnello, ormai cresciuto, andò a vivere nel rifugio dove trovò una pecora già adulta: le pecore sono animali di fama tranquilla, più che altro perché non inducono timore agli esseri umani non avendo corna o altri strumenti di offesa, però, tra di loro, costruiscono gerarchie di potere che si stabiliscono a base di confronti testa contro testa; nel rifugio Been, la pecora, ha dovuto soprattutto risolvere le questioni di supremazia con Willy la capra; entrambi i maschi volevano stabilire chi dovesse avere il sopravvento e Been non si lascia intimidire dal non avere le corna rigogliose come il suo antagonista; all'inizio vi furono più confronti testa a testa, però nelle questioni tra ovini e caprini le lotte non sono mai cruente e nessuno ha portato segni fisici come ricordo degli scontri... peraltro, di volta in volta, il confronto ritorna e Been prova a riconquistare la supremazia, finora senza risultato.


Un altro ospite è stato il vitello ritrovato su di un autocarro rubato immobilizzato da un guasto meccanico sulla tangenziale di Torino, che il Sindaco aveva affidato all'associazione.

Era un vitello rosso e bianco, destinato in origine al percorso dell'allevamento a carne bianca, cresciuto fino ai sei mesi di età e poi mandato al macello. Aver avuto salva la vita comportava qualche sacrificio ed infatti, in vista di una durata di vita pari al tempo biologico, per impedire che la maturità sessuale sviluppasse caratteri di comportamento complessi da gestire, si decise di intervenire chirurgicamente per castrarlo.

Il vitello Dodo
Il vitello Dodo

Dodo, il nome datogli, era cresciuto nel rifugio, rendendosi autore di qualche bravata, da vero scavezzacollo. Nonostante l'operazione avesse dovuto spegnere gli ardori giovanili, da qualche parte del suo corpo una produzione ormonale doveva sopravvivere e più di una volta, finché il recinto non fu rinforzato, forzò la protezione e se ne andò libero per i prati circostanti, forse alla ricerca di qualche impossibile avventura. Le sue bravate però non lo portarono mai troppo lontano e fu riportato senza fatica ... all'ovile che poi era la stalla.

Era diventato un bue non propriamente bellissimo, tarchiato e non molto alto, con due lunghe corna; non un adone per la sua specie ma per i volontari del rifugio era il bovino più bello del mondo. Arrivò pure una compagna, una mucca vecchissima tutta pelle e ossa, come si suole dire: era stata salvata dal macello, e si voleva offrirle una vecchiaia serena, a cui fu messo nome Biscotto. La vidi pochi giorni il suo arrivo, l'aspetto non era dei migliori: per essere magra lo era, le costole sporgenti erano segnali di estrema magrezza e si vedevano delle cicatrici sulle anche. I volontari cercavano di sostenerla nel miglior modo possibile e si impegnavano nell'integrare la dieta con pietanze sostanziose. Un ostacolo era la dentatura che non consentiva una buona masticazione e quindi una buona digestione.


Improvvisamente, una mattina, chi aprì le porte del rifugio ebbe la sgraditissima sorpresa di trovarsi Biscotto coricata a terra e incapace di alzarsi. Nessun incitamento, nessuna stimolazione riuscì a farle cambiare idea. Accorse più di un veterinario per formulare una diagnosi e dettare terapie, la situazione non mutava. La stagione era invernale e il tempo era molto freddo. Una sera mi dissero se potevo contribuire con un suggerimento poiché si avvicinava il momento di prendere decisioni drastiche. Il decubito forzato iniziava a procurare dei danni ai tessuti, con piaghe che tendevano ad infettarsi e potevano degenerare in setticemia, nonostante l'attenzione con cui periodicamente veniva rivoltata per non lasciare la stessa parte di corpo a contatto prolungato con il terreno; entrai nel prato e nella notte invernale vidi una scena da presepio: due miei amici stavano facendo compagnia alla bovina, sotto la tenda da campeggio che era stata sistemata per ripararla non essendo riusciti a ricondurla nella stalla; per il freddo le due persone avevano, sopra i vestiti, una coperta ciascuno che scendeva dalla testa, conferendo un aspetto da statua; più di una coperta invece serviva per la mucca; era il loro turno di “guardia” poi, durante al notte altri avrebbero dato il cambio per non abbandonare solo l'animale. Se una persona fosse entrata senza sapere quello che accadeva, avrebbe avuto l'impressione di essere catapultata indietro nel tempo.


Nelle foto: gli animali salvati e ospitati presso il rifugio “Vivi gli Animali” di Collegno
Nelle foto: gli animali salvati e ospitati presso il rifugio “Vivi gli Animali” di Collegno

Purtroppo l'evoluzione benevola non giunse e si dovette prendere la decisione di pensare all'eutanasia, dopo una prolungata discussione perché alcuni volontari non erano del tutto persuasi che ci si dovesse arrendere senza ulteriori tentativi di cura.

Dodo era in qualche modo entrato nella vicenda della mucca? Forse sì, se Michele Suma un giorno, con molta incertezza, si chiedeva se Dodo, in uno slancio di giovanile baldanza, non fosse saltato sulla groppa di Biscotto facendola cadere e procurandole il danno rivelatosi irreparabile. L'ipotesi non era del tutto fuori luogo, il peso del maschio poteva benissimo avere procurato la caduta fatale alla femmina. Però, come avviene in tutte le famiglie, il figlio discolo era troppo amato perché questo gettasse un'ombra sul rapporto dei volontari con lui e infine, complice anche l'impossibilità di stabilire veramente come fossero andate le cose, dubbio che nessun veterinario, me compreso, poteva sciogliere, Dodo fu perdonato, se mai fosse stato accusato, e si continuò ad amarlo come prima. Però il sospetto è un fardello che è difficile da allontanare e Dodo rimase in un certo senso un osservato speciale: arrivarono due altre vacche, più in forma di Biscotto, e il maschio, seppure castrato, ogni tanto dimostrava qualche interesse sessuale, sollecitato dal fatto che le femmine in estro si comportano come i maschi, cavalcando un altro bovino. Quando provava a sua volta ad avvicinarsi e dimostrare un atteggiamento che poteva apparire troppo interessato, ecco che si sentiva una voce che, con tono fermo e forte scandiva, “Dodoooo smettila”...


Oltre ai rifugi, pure le singole persone si lanciano in imprese volte a salvare la vita di singoli animali altrimenti destinati a una dubbia fine. Nelle feste di paese persiste l'abitudine di mettere in palio qualche animale vivo, di solito i maialini sono i più gettonati: si deve indovinare il peso, dopo avere acquistato il biglietto che dà diritto a partecipare alla gara, affinché il ricavato vada a rimpinguare gli incassi destinati a coprire le spese. Il maialino, o l'altro animale designato, viene poi consegnato a chi indovina il peso, o si avvicina maggiormente. Le feste paesane sono frequentate non solo dagli abitanti locali, ma soprattutto da gente proveniente da altri luoghi, anche dalla città; più gente interviene più si può sperare di incassare. Ad una gara di peso del maialino vinse un signore che abitava in un condominio di Torino dove certo non poteva ospitarlo; una signora che assisteva al sorteggio, visto l'esito si offrì di acquistare il maialino per il suo valore di mercato già avendo in mente un piano: condurlo a casa sua. L'affare fu fatto, il piccolo maiale le fu consegnato e caricato in auto con direzione Grugliasco.


La nuova proprietaria aveva un cane e nessuna esperienza di animali di specie diversa, però considerando che il cane era stato identificato con un microchip e registrato nel computer dell'Asl, le venne il dubbio che qualcosa si doveva forse fare anche per il maialino. Venne un mattino al Servizio veterinario per esporre il suo caso e nella circostanza ebbi modo di intervenire. Lo stato dell'arte non prevede, per gli animali cosiddetti da “reddito” cioè oggetto di allevamento a scopo produttivo, una casistica speciale in caso di situazioni particolari. Il collega che gestì il primo approccio le presentò un quadro che prevedeva una multa salatissima per lei per un trasporto non in regola, il sequestro dell'animale con successiva valutazione se fosse necessario o meno procedere con l'abbattimento in quanto non aveva nessuna di quelle garanzie sanitarie che devono accompagnare gli animali d'allevamento.



Nelle foto: gli animali salvati e ospitati presso il rifugio “Vivi gli Animali” di Collegno

A quel punto, di fronte allo sgomento di chi avendo salvato un animale dall'uccisione se ne sentiva proporre la macellazione, rendendo vano il suo impegno, ritenni utile parlare con il collega e presentare il quadro sotto una luce diversa.

L'animale era stato sistemato in una villetta con annesso giardino, non avrebbe mai conosciuto altri suoi simili, a cui eventualmente contagiare qualche forma patologica, così come non sarebbe uscito dalla sua collocazione; mi premeva salvare il maialino anche perché la famiglia lo aveva ormai accolto, e soprattutto il ragazzino si era già affezionato.

Si trovò una soluzione “all'italiana”; pur non esistendo una legge a normare tipologie di rifugi per la salvezza degli animali, lo si sarebbe considerato tale, previa naturalmente l'esclusione di forme patologiche infettive che ne avrebbero decretato la fine.

Così ci recammo il pomeriggio concordato per il prelievo di sangue da inviare al laboratorio: al suonare del campanello non vedemmo alcun maiale nel giardino ma quando si aprì la porta al primo piano l'animaletto schizzò fuori di corsa e ci venne incontro; aveva capito in breve tempo che si sta bene nelle stanze con gli umani e, a parte l'espletazione dei bisogni fisiologici, preferiva vivere in casa piuttosto che nel giardino. Del resto non si rilevava alcun residuo di sporcizia nella casa che era bella linda.

Dopo la compilazione delle pratiche cartacee, fu la volta del prelievo: l'animaletto, come tutti suoi consimili, non appena fu bloccato e ben prima di sentire l'ago conficcarsi nella pelle e nella vena iniziò a squittire molto intensamente, come se lo stessimo torturando. Il ragazzino non sopportò il suono e si ritirò nella sua stanza; la pratica durò pochissimo tempo e appena lasciato libero il maiale si rimise a gironzolare per la cucina emettendo il tipico grugnito, dimentico del supplizio.

Il maiale vive tuttora la sua vita nella villetta nel centro della cittadina, anche se si è poi rivelato essere diverso dal previsto: doveva essere un maiale destinato a rimanere piccolo di dimensioni invece, essendo il risultato di un incrocio tra un esemplare asiatico e uno europeo ha ereditato un patrimonio genetico misto che lo ha fatto diventare di mole più imponente del genitore asiatico, diciamo che è una via di mezzo tra le due specie. Anche se un poco più ingombrante di quanto avevano previsto, la famiglia che l'ha adottato lo accetta così com'è, in fondo quando si ama si sopportano anche le piccole difficoltà.


Non è però facile fare accettare l'idea dell'animale da compagnia se è diverso da un cane o un gatto. Nell'estate del 2016 si è presentato il problema di come considerare lo status di una capra. Una giovane signora aveva recuperato da un pastore che la voleva destinare al macello una capra, cieca. La “samaritana” aveva fatto un tentativo di metterla in un gregge con l'accordo del pastore che l'animale non sarebbe stato ucciso. Si era però ben presto constatata l'impossibile convivenza dell'animale cieco con gli altri. Il comportamento etologico, in tutte le specie animali, prevede che gli animali ammalati o debilitati siano allontananti dal gruppo poiché potrebbero attirare i predatori; il comportamento etologico è scritto nel Dna, si può tradurre con istinto, e non viene meno anche se il gregge è gestito dagli esseri umani. Per inciso è alla base del motivo della sofferenza degli animali di allevamento poiché dopo migliaia di anni di addomesticamento non sono venuti meno i bisogni etologici essenziali che in cattività sono molto depressi.

Nelle foto: gli animali salvati e ospitati presso il rifugio “Vivi gli Animali” di Collegno
Nelle foto: gli animali salvati e ospitati presso il rifugio “Vivi gli Animali” di Collegno

La signora aveva quindi ospitato nella propria abitazione la capra, che viveva tra la casa e il giardino antistante, anche se si era provveduto a costruire una casetta come rifugio.

Da quel momento sono iniziati i problemi. Si leggono spesso notizie di animali non convenzionali (maiali, cavalli, pecore, ecc.) che in qualche parte del mondo vivono come compagnia e non so quali difficoltà abbiano dovuto superare le persone che li accolgono; l'esperienza dice che nella nostra Asl può capitare di dover superare ostacoli burocratici di non poco conto. In verità forse nessuno avrebbe saputo della capra e sarebbe vissuta senza dar noia ad alcuno se la padrona della casa in cui l'affittuario ospitava l'animale decise, non si sa bene per quale motivo, di sporgere formale esposto al Sindaco e all'Asl competente. Come consuetudine in Italia, quando si deve operare in seguito ad un atto formale tutto diventa più complicato, soprattutto la burocrazia la fa da padrona.

Una capra solitaria non pone problemi più gravi di un grande cane, anzi è normalmente più silenziosa e le feci meno fastidiose. Però il problema non è l'effettiva realtà del mantenimento dell'animale ma la definizione del suo status: come capra è indelebilmente marchiata come animale “da reddito”. E l'allevamento degli animali da reddito costituisce industria insalubre di primo tipo che non può coesistere in un'area residenziale. Una qualsiasi persona comprende che una capra non è allevamento e che pertanto, almeno finché la lingua italiana ha un senso, ci si possa comportare in modo diverso di fronte ad una capra rispetto ad un gregge di decine o centinaia di soggetti; non è così però per i severi veterinari custodi della legge: se chiudono gli occhi sugli animali, proprio pecore e capre, lasciati senza riparo alla pioggia e alla neve, non rischiano certo un reato di omissione di atti d'ufficio per una piccola capra: per lei la legge è legge, e anche se è solitaria, fa parte di un ipotetico allevamento per cui non può stare in una zona residenziale.

Tuttora la “pratica” è in corso di espletamento, ci sono spinte contrapposte tra chi pende per una rigidità (incomprensibile) chi è più accomodante; tutto fa pensare che sia possibile arrivare ad un accomodamento e lasciare vivere in pace la capra. Certo c'è bisogno di una nuova legge che tenga conto della realtà attuale per cui sempre più frequentemente vi sono episodi di animali salvati che, per loro sfortuna, non sono cani o gatti e che si portano dietro il marchio di essere da “reddito”.



Enrico Moriconi, medico veterinario, Garante per i Diritti degli Animali della Regione Piemonte, è collaboratore di Shan Newspaper sul tema dei diritti degli animali

 

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