Matilde è l’ultima arrivata. Ha visto la luce negli ultimi giorni di novembre e ha presto raggiunto nella sua bella casa di Molette il fratellino Andrea, nato quando l’intensa nevicata del dicembre 2008 aveva letteralmente sepolto il paese. In tanti penseranno che la frugoletta avrà nel suo destino una vita difficile, resa più complicata dal vivere in cima ad una valle di montagna. Ma il suo nome di origine germanica significa “forte in battaglia” e vista questa premessa onomastica, non si farà certo intimorire dalle incognite che vorrà riservarle il futuro. Del resto poco più di un mese prima anche Chiara è sopraggiunta ai Cornetti a far compagnia ad Arianna e Beatrice, le piccole fanciulle del sindaco in carica e ad Aurora, la bionda cuginetta che abita lì vicino. Nella primavera dello scorso anno invece, il più bel fiore è stato chiamato Francesca ed è andato a impreziosire l’austera casaforte del Ruciàs, dal 1591 la costruzione simbolo del villaggio, dove i suoi genitori hanno stabilito la residenza con Giuliano e Stefano, gli altri due figlioletti. Francesco ha invece seguito il papà e la mamma, tornati a vivere a Balme dopo che a metà degli anni ’90 erano stati costretti, a causa della difficile situazione valligiana, a lasciare il paese natìo. Infine anche i piccoli Lorenzo e Thomas han voluto salire in cima alla val d’Ala per dar manforte agli altri pargoli montanari: i loro genitori infatti hanno affrontato la rinascita dell’antico albergo Camussòt, altro autentico emblema dell’epopea turistica valligiana.
Sei maschietti e altrettante femminucce nello spazio di otto anni di età ritraggono la più bella delle notizie per un paese che solo qualche decennio fa sembrava destinato a svuotarsi per sempre. Dodici bambini, equamente suddivisi, sono un numero importante per una comunità dove i residenti effettivi tutto l’anno sono una settantina. Chi l’avrebbe detto nel giugno del 1992, quando la scuola elementare venne chiusa proprio per scarsità di fruitori?
Ai giorni nostri la realtà della montagna non è probabilmente migliorata rispetto a vent’anni fa e la consueta disattenzione delle istituzioni ha portato all’allontanamento, alla riduzione o alla soppressione di molti servizi. Si assiste spesso impotenti alla desertificazione del territorio, a quella commerciale, a quella umana, cui nessun governante sembra più di tanto importare. Ma la spinta dal basso sancita da famiglie giovani e volenterose è forse la miglior risposta, l’impulso concreto verso quello che può rappresentare l’inizio di un nuovo, virtuoso percorso.
La vitalità di Balme come di altri paesi valligiani, non è stata calata per decreto, ma si è lentamente fatta strada attraverso valutazioni coraggiose e progetti di vita ambiziosi, a cominciare dalla scelta di risiedere in territori disagiati e un poco, forse tanto, dimenticati. I genitori di questi bambini, invertendo la tendenza dominante che da oltre mezzo secolo vedeva l’abbandono della montagna a vantaggio di una vita cittadina come una circostanza ovvia, hanno imboccato un percorso controcorrente, che probabilmente sarà foriero di inconsuete soddisfazioni, a cominciare da un più genuino e autentico stile di vita.
La miglior terapia per risolvere gli infiniti problemi delle terre alte è una montagna abitata e vissuta. Se solo nelle sfere alte del potere ci si accorgesse di questo, agevolando il mantenimento di asili, scuole, servizi sanitari, poste e non per ultimo i comuni, se si arrivasse ad agevolare fiscalmente quanti operano in aree disagiate, se solo si comprendesse che una montagna presidiata tutto l’anno costituisce anche una risorsa per il resto del territorio, allora forse si potrebbe scrivere un nuovo capitolo nella travagliata storia delle nostre valli.
In assenza di tutto questo, il pesante testimone passa dunque a Matilde e ai suoi piccoli compaesani: determinati a convivere con i rigori climatici e ambientali, non avranno difficoltà a ritagliarsi da protagonisti uno spazio di dignità nel velo di un’ostinata e generalizzata indifferenza. Saranno loro a riscrivere le sorti di questi paesi, appropriandosi della capacità di ridisegnare la vita di tutti i giorni in base alle proprie necessità, senza farsela imporre da qualcuno che non conosce l’importanza che riveste ogni nuova nascita all’interno di una realtà che sembrava destinata a morire. |