Leggende e Tradizioni

La leggenda del Monte Iseran

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08 Gennaio 2014


Il toponimo “Monte Iseran” compare in varie carte topografiche del Piemonte fin dal 1600 e la presenza di tale vetta è confermata in varie carte apparse in seguito, inclusa quella pubblicata nel 1852 dallo Stato Maggiore Sardo e intestata proprio a tale montagna che vi compare al centro, mentre la parte superiore della Valle d’Ala, con Balme, si trova nell’angolo in basso a destra.

L’altitudine del monte, in base ai rilievi fatti nel 1825 dall'ingegnere e geografo Coraboeuf, risultava di 4045 metri.

La notizia dell’esistenza del Monte Iseran si diffuse soprattutto per merito di Jean-François Albanis-Beaumont autore di una Description des Alpes Grecques et Cotiennes, pubblicata nel 1802-1806, in cui scriveva: "...questa montagna, che si erge maestosamente come una piramide alle estremità delle grandi valli di Tignes, di Bonneval, di Locana e di Cogne, prende il suo nome dall'Isère." E ancora: "L'Arc ha la sua sorgente al piede dei ghiacciai del Monte Iseran, montagna situata fra il Piemonte, la Valle d'Aosta, la Tarantasia e la Moriana; è dai fianchi di questo colosso che nascono l'Isère, l'Arc, l'Orco, la Stura ed hanno origine molte catene di montagne principali, che formano altrettante ramificazioni alpine”.

Goffredo Casalis nell’8° volume (1841) del suo Dizionario geografico storico statistico commerciale degli stati di S.M. il Re di Sardegna riportava la seguente precisa descrizione: “Iseran, monte nelle alpi Graie, sul limite delle divisioni di Savoja, di Aosta e di Torino, a sette leghe, verso greco, dal monte Cenisio, e a leghe undici, verso scirocco, dal Mombianco. Il suo ghiacciaio sta a gradi 44° 30’ 48” [di latitudine] ed a 4° 55’ 46” [di longitudine]. La sua elevatezza sopra il livello del mare è di metri 4045.”

Lo storico Luigi Cibrario in Della qualità e dell’uso degli schioppi (1841) scriveva: “Le Valli di Lanzo risalgono dalla terra che loro dà il nome, e n’è la foce comune, fino all’alto monte Iserano ed alla giogaia che, dispiccanosi da quella eccelsa vetta, corre a mezzodì…” dando però l’impressione di confondere, come anche altri Autori, l’Iseran con le Levanne.


Guglielmo Stefani in Dizionario della Savoja (1855) precisava che il Monte Iseran, alto 4045 m, si trovava a 45° 25’ 12” di latitudine e 4° 43’ 0” di longitudine a est del meridiano di Parigi.

In pratica l’Iseran era la quarta vetta più alta delle Alpi e quindi d’Europa, dopo il Monte Bianco, Monte Rosa e Cervino.

Descrizioni come quelle riportate erano fatte apposta per infiammare l'ambiente alpinistico del tempo, i cui già numerosi rappresentanti, soprattutto inglesi, erano impegnati nell’esplorazione della catena alpina. William Mathews, il primo che decise di andare a vedere di persona quella meraviglia, scriveva: "Fu in quell'anno 1859 che io fui per la prima volta in grado di soddisfare il desiderio a lungo accarezzato di fare conoscenza con le Alpi Graie." Così Mathews, futuro primo salitore del Monviso (30 agosto 1861), nel 1861, iniziava la narrazione delle sue esplorazioni, in quell'anno e nel successivo, nella regione. Mathews, accompagnato dal fratello George, compì dapprima diverse escursioni in Svizzera per arrivare, verso la fine dell'agosto 1859, a Chamonix.

Attraversato il Col du Bonhomme, scesero a Bourg-Saint-Maurice, in Tarantasia.

Il 1° settembre arrivarono a Tignes. Il tempo non era buono e le nubi impedivano di vedere le montagne circostanti. Un paio di giorni dopo sostarono a Lans-le-Villard. Qui ingaggiarono una guida per scendere a Bonneval, pur sapendo che tutto il percorso era dotato di una mulattiera. Superarono il villaggio di Laval [oggi Val d'lsère], avviandosi verso la strada del colle [Colle dell’Iseran, metri 2770, principale via di comunicazione fra l'alta valle dell'Isère e la Maurienne in Savoia, proprio dietro le Valli di Lanzo, a nord di Bonneval-sur-Arc].

Mathews scrisse: "Sin da quando lasciammo Laval io invano mi sforzavo di guardare, fino ad averne gli occhi indolenziti, nella speranza di vedere il Monte Iseran e, giunti che fummo alla sommità del passo, dissi alla guida: “Questo è il colle, ma dov'è il Monte Iseran?” – “Èqui, signore” fu la risposta. “Io non intendo il Colle ma la grande montagna, ” precisai, – “Ebbene, signore, è qui” – “Ma dov’è la punta nevosa che chiamano Monte Iseran?” – “Non ci sono punte nevose, signore, vi è sempre una mulattiera". Sulle prime Mathews pensò che la guida fosse stupido; ma si guardò attorno e non vide altro che modeste elevazioni rocciose pur sperando ancora che il famoso picco fosse nascosto dalle nubi o dalle vicine alture.

Scesero e arrivarono a Bonneval che era ormai buio e la guida li condusse a una locanda per pernottare. Da Bonneval, raggiunsero Lans-le-Villard e, attraversato il Moncenisio, arrivarono a Susa da dove, con il treno, a Torino. William Mathews se ne tornò poi a Londra e, a uno dei primi convegni dell'Alpine Club, sollevò la questione se esistesse, o no, il Monte Iseran. Nessuno dei presenti lo aveva mai visto, anche se alcuni di loro erano stati nella regione, ma evidentemente le Alpi Graie richiedevano una più approfondita esplorazione. Cosa che Mathews fece l'anno seguente.


Tuttavia anche un altro alpinista cercava il Monte Iseran. Si trattava di John Jeremy Cowell [futuro primo salitore del Gran Paradiso il 4 settembre 1860, con W. Dundas e le guide M. Payot e J. Tairraz] il quale così manifestò i suoi propositi: "Durante l'autunno del 1859 mi avvenne di poter ottenere a ciel sereno una bella veduta dei monti posti a sud del Monte Bianco, e trovando che poche erano ancora le notizie che si avevano intorno a quelli, risolvetti di visitarli nell'estate successiva." Prima di lasciare l'Inghilterra e di intraprendere la progettata esplorazione, Cowell si documentò scrupolosamente, si procurò la carta dello Stato Maggiore Sardo e si accordò con la guida M. Payot, di Chamonix, per incontrarsi a Courmayeur il 12 agosto 1860. L'intenzione era di recarsi in Savoia e di "fare un tentativo alla Levanna e al Monte Iseran, l'una e l'altro inaccessibili, si diceva, descrivendosi generalmente il Monte Iseran come avente una punta acuminata sollevantesi a guisa di piramide a un’altezza di 3952 metri".

II 3 settembre si recarono in Valsavarenche e il 4 salirono, come detto, al Gran Paradiso ma, a causa del gran freddo dovettero scendere precipitosamente. Cowell non era soddisfatto e quindi il giorno successivo salì con Payot un'altra volta alla cima per eseguire misurazioni e ammirare con tranquillità il grandioso panorama. Il giorno 6 attraversarono nella tormenta il Passo della Galisia e giunsero a Laval. Il 7 salirono al Colle dell'Iseran per recarsi a Bonneval, seguendo il percorso già de-scritto da Mathews. Dal colle non riuscirono a vedere nulla a causa della nebbia.

Giunti a Bonneval, trovarono ospitalità nell'albergo del sig. Culets. A tale proposito Cowell scrisse: "Dopo pranzo ebbi una lunga conversazione con lui sulle montagne del vicinato e c'intendemmo perfettamente intorno alla Levanna; egli stesso ne aveva fatto l'ascensione e voleva condurmici il primo giorno di bel tempo. Ma, con grande mia sorpresa, egli non sapeva nulla del Monte Iseran, dichiarando esplicitamente che non esisteva monte di sorta alcuna al luogo indicato dalla carta dello Stato Maggiore Sardo; non badava punto alla carta; aveva percorso per trent'anni queste montagne ed era pronto a giurare che quel picco esisteva solo nell'immaginazione dei geografi. Io ne rimasi sbalordito; non ero punto preparato a questo e non avevo mai avuto dubbio alcuno che il Monte Iseran esistesse, come esiste il Monte Bianco.

Ogni carta lo indica; nella carta dello Stato Maggiore Sardo il foglio 37 è intitolato con tale nome, e dà la sua altezza in 4045 metri; il Club Alpino inglese, nel suo elenco la indica in 13.271 piedi e Payot diceva d'averlo veduto sovente dalla sommità del Monte Bianco, ed io stesso l’avevo veduto, o ciò che credevo fosse quello, dal Col du Geant e dal Crammont".


Dalle ultime parole di Cowell si capisce che si stava 15 facendo strada il sospetto di un grossolano errore. Insomma, com'era possibile che tante e così autorevoli persone si fossero inventate una montagna dal nulla? Poiché, in sostanza, il Monte Iseran, nella posizione indicata dai cartografi, non sarebbe altro che quella modesta altura che oggi compare sulle carte come Signal de l'Iseran di 3237 m, appena 467 m più alta del Colle e non 1275 m! La salita alla Levanna fu rimandata a causa delle condizioni atmosferiche proibitive. Il 10 settembre Cowell salì infine alla Levanna Occidentale con Culets e di là, guardando il punto in cui avrebbe dovuto trovarsi il Monte Iseran, non vide nulla che potesse assomigliare alla descrizione che se ne aveva. Due giorni dopo, decise di salire al Colle dell’Iseran per una definitiva verifica. "In me era rimasta ben poca fede nel Monte Iseran e, prima di essere giunti a mezza via verso il Colle, mi avvidi dell'assoluta necessità di lasciare ogni fede nel medesimo." Arrivato al colle volendo sciogliere definitivamente l’enigma, decise di compiere l'ascensione della piccola punta all'est. Vi salì e, controllando il punto di ebollizione dell'acqua, stabilì in 480 metri il dislivello dal colle. Cosi concluse: "Verso l'est la punta presentava un bel precipizio di 300 metri e affatto perpendicolare. Questo punto, tal quale è, sta al luogo comunemente assegnato al Monte Iseran, ed io pure lo chiamo con quel nome". Quell’altura sarà ribattezzata Signal de l’Iseran, cosicché quel giorno il famoso Monte Iseran, dopo circa due secoli di esistenza virtuale, fu cancellato sia dall’immaginario alpinistico sia dalle carte topografiche e non sopravvive oggi che in una leggenda.

È però fare qui un indietro: un mese prima di Cowell, nell'agosto del 1860, da quelle stesse parti si trovava di nuovo Mathews, il quale voleva venire a capo dell’enigma del Monte Iseran. Questa volta era accompagnato dalla guida Michel Croz di Chamonix. Salirono alla Grande Sassière, si guardarono attorno e costatarono inequivocabilmente, che il colosso di 4045 m, denominato Monte Iseran, non esisteva per nulla.

Così il merito di avere per sempre demolito la leggenda del Monte Iseran, spetterebbe a Mathews anziché a Cowell, ma la sua relazione fu pubblicata su “Peaks and Passes" solo nel 1862, quindi dopo quella di Cowell nel volume "Vacation Tourists in 1860" stampato nel 1861.

Alcuni anni dopo Cowell scrisse un articolo anche per il Bollettino del C.A.I. (n. 9, 1867), Le Alpi Graie e il monte Iseran.

Nello stesso anno però Luigi Clavarino, evidentemente non ancora a conoscenza delle citate relazioni, nel suo Saggio di corografia statistica e storica delle Valli di Lanzo continuava a riportare le notizie fornite da Albanis-Beaumont.

Lo stesso Autore non parlò più dell’Iseran nella guida Le Valli di Lanzo – Memorie raccolte ed ordinate da Luigi Clavarino (1874), ma la montagna compariva ancora nella Carta delle Valli di Lanzo a essa allegata.