Leggende e Tradizioni |
Alla ricerca delle ruote solari di Balme |
13 Febbraio 2017 | ||||||||
Incisioni su una ‘pietra ollare’ o steatite delle Valli di Lanzo
Premessa Durante il mese di agosto 2016 ho visitato il ‘Museo delle Guide Alpine’ di Balme, in Val d’Ala (Piemonte), per documentarmi su un reperto molto particolare, nella convinzione che fosse lì custodito, un sasso sulla cui superficie ‘anticamente’ furono incise alcune ‘ruote solari’. Ma rimasi deluso, perché presso le sale museali non risultava esposto il manufatto originale, ma una fotografia; la medesima immagine che all’inizio del 1970 era stata pubblicata su un bollettino di archeologia camuna. Il mio interesse per quella pietra, era giustificato da alcune similitudini che avevo precedentemente riscontrato tra quel manufatto e un oggetto dalle caratteristiche simili, che ebbi modo di poter osservare, una quarantina di anni fa, custodito gelosamente da una famiglia originaria della frazione Cornetti di Balme. Il proprietario, a conoscenza del mio interesse per l’archeologia, aprendo una vecchia cassapanca, ne tirò fuori ‘platealmente’ un involto di carta di giornale, che avvolgeva una pietra piatta, ricca d’incisioni, decisamente inusuale e affascinante. Era un dono ricevuto molti anni prima da una certa Maria “Malena”, alla cui famiglia apparteneva da generazioni. Fui colpito dalla particolarità di quell’oggetto e soprattutto dagli ‘strani’ simboli graffiti sull’intera superficie ed eseguiti con estrema abilità. La tenni tra le mani osservandola con attenzione, affascinato; ma solo per pochi minuti, troppo pochi, per osservare un manufatto così particolare; perché la pietra venne riavvolta velocemente, e ‘platealmente’ come ne era uscita, riposta nella cassapanca. Negli anni ho sovente ripensato a quella strana pietra, di cui non mi era rimasto altro che la suggestione subìta nell’osservarla, ma solo un ricordo, non una foto, non un disegno. Nulla. Solamente una decina di anni fa, una fortuita circostanza mi diede l’occasione di rivedere, osservare con tranquillità e finalmente documentare, quel particolarissimo reperto; che oggi purtroppo, con l’avvenuta scomparsa dei proprietari, non è più possibile reperire. Rimangono fortunatamente alcune slide dettagliate che mi premurai di eseguire quel giorno (in seguito digitalizzate) e precise, quanto preziose, annotazioni.
Aspetto e litotipo del reperto “I fogli di carta ingiallita che avvolgono il reperto appartengono ad un giornale (forse del 1856) che tratta, tra le altre notizie, di un intervento piemontese come azione di guerra contro la Russia, voluto dal Ministro degli esteri Cavour, in Crimea, inviandovi un battaglione al comando di Lamarmora. Il manufatto che appare in buone condizioni, è stato elaborato in forma di triangolo equilatero i cui lati misurano cm.14 ca, i vertici sono arrotondati, lo spessore medio è di cm.2, con entrambe le superfici interessate da incisioni. Il reperto è stato ricavato da una pietra a tessitura fine di colore grigio-verde, identificabile come ‘pietra ollare’ steatite” (N.d.A. 2006)”. La steatite è una roccia ofiolitica metamorfica, presente in Italia in alcune zone delle Alpi e conosciuta come ‘pietra ollare’. Risulta facilmente lavorabile per la sua composizione chimica, in cui il talco prevale su magnesite e clorite, e secondo le località di giacitura, su albite, pirite, asbesto, magnetite, granato, epidoto e zircone. Inoltre è particolarmente resistente e stabile al calore anche ad altissime temperature e pressoché inalterabile agli agenti atmosferici. Appartiene al gruppo delle ‘pietre verdi’, ed è una roccia relativamente distribuita nell’arco alpino, in particolare nel settore occidentale. Nel territorio delle Valli di Lanzo è rinvenibile in ciottoli di varie dimensioni presenti lungo l’alveo di alcuni torrenti, e soprattutto in alcune cave coltivate sino al sec.XIX. Una tra le più conosciute, la ‘Borna del Selvaj’ ricca di petroglifi, è situata in Val d’Ala nei pressi del comune di Ala di Stura. Già in Età preistorica la steatite veniva utilizzata, per creare oggetti cultuali, monili, stampi per la fusione di armi e ornamenti in metallo; sfruttata inizialmente dalle antiche popolazioni autoctone montane e da Celti e Romani che ne facevano uso per realizzare oggetti ornamentali, bottoni, vasi, suppellettili, e contenitori. Successivamente in epoca medievale, dalle cave si estraeva la roccia steatitica per fabbricare macine, realizzare statue e colonne, pulpiti, fonti battesimali di edifici religiosi e particolari architettonici nell’edilizia abitativa. La cultura materiale si avvaleva della steatite per creare oggetti di uso comune, come stoviglie, pentole e stufe. Oggi la steatite viene ancora utilizzata per costruire pentole pregiate e raffinati oggetti artistici.
Descrizione delle incisioni presenti sulla superficie ‘A’ “Tutte le incisioni che interessano la superficie del manufatto si riferiscono a grafismi di matrice culturale agropastorale alpina. Sono presenti, sei incisioni circolari leggermente concave a calotta sferica, con una profondità meno pronunciata, se confrontate con le incisioni circolari incise sulla superficie ‘B’. Hanno un Ø minimo di cm.1,9 sino ad un Ø massimo di cm.2,8. Il cerchio di delimitazione esterno risulta sempre elaborato tramite l’utilizzo di un compasso, e presenta sempre una microcoppella situata al centro. Le incisioni circolari probabilmente disposte casualmente, ma sistemate in modo da ricavare uno spazio prestabilito per i segni alfabetici onomastici e la data. Quattro delle incisioni circolari, riportano tipiche raffigurazioni fitomorfe geometriche ispirate alla simbologia agropastorale alpina, delle quali due, simili tra loro, presentano fiori a quattro petali disposti a croce; in una di queste i petali sono sostituiti da quattro foglie che dipartono da un punto centrale. Un’altra incisione raffigura un fiore a dodici petali, di cui alcuni coppellati al centro che sembrano ‘ruotare’ in senso orario a rappresentare i raggi di un ancestrale simbolo solare.
Due incisioni circolari situate alla sinistra e al disopra dei segni alfabetici/data, riprendono antichi simboli solari/stellari, retaggi di cultualità pagane. Una di queste incisioni circolari è formata da sette triangoli poggianti su un cerchio centrale, in cui sono presenti cinque microcoppelle, mentre altre della stessa dimensione si trovano nello spazio ricavato tra i triangoli. Un’altra incisione presenta tre cerchi concentrici che dipartono dalla microcoppella centrale, sul terzo cerchio poggiano dieci triangoli uno solo è coppellato al centro. Nella zona centrale, sono graffiti tre segni alfabetici onomastici in caratteri latini graziati : P.A.C. suddivisi da un punto centrale di abbreviazione, nello stilema delle lapidi romane precristiane, tardo-medievali e utilizzato sino alla II° metà ca. del sec. XVII. Sottostante i segni onomastici è graffito il numero 1751 (forse la data di creazione del manufatto o di un probabile reimpiego), al disotto della quale si intuiscono labili tracce di alcuni segni alfabetici leggermente graffiti, di cui solamente una lettera ‘A’ risulta leggibile. Sono evidenti due fori non passanti, dall’aspetto di coppelle. Uno appena abbozzato, in probabile fase di lavorazione è situato alla base della superficie triangolare, il contorno irregolare ha un Ø di ca. cm.1,2 con sezione pseudo-cilindrica. Un altro è situato nella zona centrale con il Ø di cm. 0,4 a sezione conica. Il terzo poco più di una microcoppella, si trova appena al disotto del n° ‘1’ della data 1751” (N.d.A. 2006)”.
Descrizione delle incisioni presenti sulla superficie ‘B’ “Anche su questa superficie le incisioni osservabili appartengono alla radice culturale agropastorale alpina. Qui si trovano undici incisioni circolari e come quelle presenti sulla superficie ‘A’, sono ricavate utilizzando un compasso per delimitarne il cerchio esterno. Risultano concave e leggermente più profonde di quelle presenti sulla superficie ‘A’, dalle caratteristiche simili, con sezioni a calotta sferica e microcoppella centrale; il Ø minimo è di cm.1,4 e quello maggiore di cm.2,7. Anche queste incisioni sono disposte casualmente sulla superficie. Nove incisioni disegnano soggetti fitomorfi. Quattro sono fiori a quattro petali disposti a croce, con caratteristiche grafiche simili a quelle già descritte della superficie ‘A’. Simile sono anche le quattro foglie a croce che hanno il proprio doppio sulla superficie precedentemente citata. Sono presenti altre due incisioni fitomorfe, il cui grafismo è quello di un fiore a sei petali. Altra incisione fitomorfa è quella appena abbozzata, (situata sul limite della grande scheggiatura) che disegna un fiore con sette petali dall’aspetto di semicerchi poggianti su un cerchio centrale, a imitazione, forse non terminata, dell’incisione accanto, situata sulla destra e ben costruita, a otto petali. Un’incisione apparentemente semplice é formata solamente dal cerchio che la delimita dalla microcoppella centrale. L’ultima delle incisioni circolari analizzate, raffigura al suo interno sei microcoppelle disposte accanto a quella centrale. La superficie ‘B’ presenta anche un’unica incisione cruciforme. E’ realizzata in forma di croce latina con il braccio ‘traversa’ orizzontale di cm.3 terminato alle estremità da una micro coppella. Il ‘montante’ verticale di cm.5 ha la base terminata da una microcoppella, mentre la parte superiore è terminata da una croce relativamente profonda e poco curata. Al centro dell’incrocio tra i due bracci è incisa un’ulteriore croce alle cui quattro terminazioni è inserita una microcoppella, questa semplice croce ulteriore è arricchita al centro dei suoi bracci da una ‘X’. Anche su questa superficie sono presenti tre fori non passanti, uno profondo a sezione cilindrica con Ø di cm.0,4; un altro meno profondo a sezione troncoconica con Ø di cm.0,4; il terzo ha l’aspetto di una coppella con sezione a calotta sferica di Ø cm.0,9” (N.d.A. 2006)”.
Note su alcuni particolari presenti sulla superficie del reperto “Sullo spessore del manufatto, situato a destra della superficie ‘A’, tra i molti segni di vetustà sono visibili tre segni alfabetici in caratteri latini, leggermente graffiti: due ‘A’ e una ‘I’, probabilmente incisi in seconda fase. Tutte le superfici della ‘pietra ollare’ hanno subito qualche deterioramento con il trascorrere del tempo. Risultano ricoperte da graffi, piccole scheggiature e picchiettature, ovvi ed evidenti segni d’uso, di vetustà e incuria subite dal reperto; in particolare si rilevano due scheggiature della stessa dimensione (circa cm.5 x cm.3) risultanti da cadute accidentali del reperto; una è situata sulla destra della superficie ‘A’, l’altra sulla destra della superficie ‘B’. La scheggiatura situata sulla superficie ‘A’ danneggia in parte una delle incisioni circolari fitomorfe a foglie. L’altra posizionata sulla superficie ‘B’, formandosi, ha necessariamente impedito il completamento dell’incisione circolare fitomorfa a fiore, rimasta di conseguenza appena abbozzata. Entrambe le scheggiature evidenziano i piani di scistosità della roccia ofiolitica” (N.d.A. 2006)”.
La simbologia raffigurata nelle incisioni Entrambe le superfici della ‘pietra ollare’ di fraz. Cornetti, riportano come detto, alcuni simboli presenti nella vasta iconografia agropastorale alpina. L’interpretazione grafica dell’incisore, ripete i tratti sempre simili che identificano una simbologia antica, profondamente radicata presso le popolazioni autoctone dell’arco alpino occidentale. L’ancestrale stilema ricorrente di questi glifi, è osservabile sugli antichi oggetti di cultura materiale, custoditi presso le abitazioni di alcuni villaggi alpini e nei musei locali. Così ricoperti da simboli auspicanti e protettivi pagani, gli oggetti acquisivano innanzitutto un forte potere apotropaico, con una conseguente valenza estetica.
Anche nelle Valli di Lanzo la religiosità cristiana dei secoli iniziali, intraprese un cammino di desatanizzazione di ogni antico simbolo precedente, cristianizzando così ogni luogo pagano; cancellandoli, facendoli propri trasformandoli o inserendo tra essi la propria nuova simbologia, con la medesima finalità per cui quei simboli furono creati dagli antichi culti precedenti. I simboli arcaici riportati su questa pietra, arrivano da molto lontano. Retaggi di contatti tra etnie appartenenti a culture diverse, tradizioni portate da uomini che dopo viaggi interminabili attraverso gli antichi valichi montani e lunghi percorsi tra pianure, foreste e viaggi per mare, attuavano importanti scambi commerciali e soprattutto culturali. Erano popoli provenienti dal bacino mediterraneo, dal nord Europa e dalle regioni indo-orientali, che con la loro merce portavano i propri simboli e i significati propri delle loro culture. Recavano segni raffigurati su ceramiche, legni, stoffe, vetri, monili e armi, un bagaglio esclusivo di territori lontani trasmesso da uomini, senza confini. In epoca protostorica, questi significanti, assimilati e radicati nell’immaginario degli abitanti delle montagne, erano riprodotti da ‘sempre’ su materiali disparati, e incisi sulle rocce, senza tuttavia modificarne gli stilemi, ma piuttosto arricchendoli e intrecciandoli tra loro. Venivano a crearsi così nel tempo, opere affascinanti e complesse, per decorare semplici oggetti di uso quotidiano, come collari per armenti, stoviglie, pipe, marchi per il burro, contenitori, culle, bottoni, mobili, bastoni, manici di coltelli e monili, e costumi, porte, pareti di abitazioni, piloni votivi e sculture. Col passare dei secoli, il ‘perché’ della loro iniziale creazione tendeva a sbiadire lentamente, ma inesorabilmente, nei ricordi. I simboli perdevano di significato con l’avanzare sempre più soverchiante della ‘vera e unica religione’, e dalle consuetudini di vita e costume che si venivano a modificare forzatamente per differenti fattori. Lentamente l’uso decorativo veniva a prevaricare e sostituire inconsciamente l’autentica funzione primaria apotropaica. Oggi i moderni artigiani della pietra e del legno, riprendono nelle proprie opere questi simboli appartenenti ai loro antenati; ma, forse, senza più conoscerne i profondi significati iniziali. Sulla ‘pietra ollare’ dei Cornetti, si conservano alcuni di quei segni. Possono, i complessi grafismi incisi apparire solamente come piacevoli e tradizionali lavori di sapore montano? In risposta interviene il pensiero dell’antropologo Pier Carlo Jorio, recentemente scomparso, “…Le manifestazioni pastorali non sono solo da guardare, la loro vera sostanza significante è l’esito della ‘decantazione’ di codici riposti”. I fitomorfi, qui presenti in forma di fiori a quattro, sei, sette, otto e dodici petali; rappresentano alcune raffigurazioni solari, in cui sono presenti le divisioni in quattro parti, indicanti solstizi ed equinozi, e il movimento-rotazione ciclico del tempo. Il rosone dai sei petali, tra i rilievi dell’arco alpino considerato il simbolo solare per eccellenza, conosciuto come ‘fiore della vita’, ‘stella delle Alpi’, ‘rosa celtica’, etc., deve la sua ‘sacralità’ alla costruzione geometrica esagonale, etnomatematica. I petali indicano i raggi del sole, il perpetuarsi eterno della vita e per la cristianità il sesto giorno della genesi. Era un significante cultuale presente non solamente in Europa e nei territori della mezzaluna fertile del bacino mediterraneo. Veniva raffigurato, anche presso territori e culture più lontane, come India e Cina. Nelle sculture preceltiche e romane, era sovente accostato ad altre simbologie ‘solari’ e ‘stellari’. Un probabile riferimento al legame tra il sole e i frutti della Madre Terra, è l’incisione fitomorfa della croce a quattro foglie, presente sul manufatto dei Cornetti. Il cerchio coppellato al centro è un simbolo salvifico antico, indicante il sole e i culti solari legati ai riti di fertilità, anche utilizzato in epoca medievale come importante segno alchemico. I triangoli poggianti sul cerchio, possono essere considerati anch’essi simboli solari e al contempo stellari. I triangoli sono interpretabili come i raggi che dipartono dal sole, lo sfavillio e la luce tremula delle stelle; nei bassorilievi di Cultura Mesopotamica si osservano raffigurazioni simili, sempre inscritte in un cerchio, indicanti i corpi celesti. In forma di triangoli isosceli sono anche i raggi che dipartono dal cerchio-corona (il ‘Sol Invictus’ romano), iniziale ornamento del dio Mitra, in seguito utilizzato come simbolo deificante presente sul capo degli imperatori. Il cerchio che contiene sei coppelle, è un altro preciso riferimento alla simbologia stellare. Queste coppelle riportano alla costellazione delle Pleiadi, sovente raffigurata presso le civiltà mediterranee e le culture pre-celtiche dell’Europa centrale. Una sua rappresentazione è riportata sull’importante ‘Disco di Nebra’, reperto dell’Età del bronzo, considerata la più antica raffigurazione del cielo. Le ‘sette sorelle’, raffigurate in forma di ‘coppelle’ su roccia, sono osservabili presso alcune località alpine. Il cruciforme/crocifisso è l’unico elemento presente su questa ‘ollare’, riferibile al culto cristiano, il simbolo salvifico per eccellenza, l’icona più diffusa del cattolicesimo. L’incisore di questo significante, di fatto inequivocabile strumento della passione del Cristo, insiste sulla sua natura, aggiungendo al centro della ulteriore croce interna, un segno a ‘X’ indicante il cristogramma paleocristiano ‘Chi Ro/Chrismon’. Molto è stato scritto, sul crocifisso, questo glifo che porta immediatamente la sua appartenenza alla religione che lo identifica; retaggio delle antiche pietre erette e degli obelischi con il suo innalzarsi verso il cielo. Cos’altro dire, se non documentarne la presenza, tra i molti simboli ‘pagani’, presenti su questa ollare, mix di sacro e profano, peculiare delle culture agropastorali alpine. Un insieme di legami profondi tra le antichissime tradizioni e la fede imposta dalla ‘religione ufficiale’.
Probabile finalità del reperto La particolare, anche se non pronunciata, concavità delle incisioni circolari, e soprattutto la presenza del crocifisso inciso in evidente ‘negativo’; portano a connotare il manufatto come una matrice incisa al fine di produrre stampi per mezzo di fusione di metalli, per ricavarne bottoni, placchette ornamentali, borchie per abbigliamento, e ovviamente crocifissi da portare al collo.
Indicativa oltre che pratica, è la scelta della pietra. La steatite, che può sopportare le alte temperature necessarie alla fusione dei metalli, versati per mezzo di un crogiuolo, senza tuttavia esserne danneggiata. I fori/coppella, situati sulle superfici ‘A’ e ‘B’, probabilmente servivano per il posizionamento a incastro di una contro-matrice. L’incisore anche se abile, non sembra comunque essersi particolarmente impegnato con la creatività grafica, sono evidenti alcune ripetizioni del medesimo soggetto circolare. All’atto pratico, alla varietà dei soggetti corrisponde una varietà maggiore di campionario. Salvo che, la produzione dei ‘bottoni’ e dei ‘crocifissi’ fosse ristretta all’esigenze del solo ambito famigliare. Altra plausibile funzione del manufatto, è che sia stato creato. in un primo tempo, per supportare le sole simbologie ‘stellari’ e ‘solari’, per esclusivo utilizzo apotropaico. Per cui solamente in un’epoca successiva, le mani di un altro artigiano, venutone in possesso, ne incisero il crocifisso, le iniziali e la data, utilizzando sia le incisioni circolari che il crocifisso, come stampi per ricevere i metalli fusi. Plausibile ma non verificabile.
Forma del reperto La forma triangolare della ‘pietra ollare’ dei Cornetti: casuale o intenzionale? L’aspetto di triangolo equilatero del manufatto, porta a qualche considerazione. Se necessariamente, l’incisore aveva l’esigenza di creare solamente un supporto per la creazione di una matrice per ottenere stampi metallici, la forma triangolare non si rivela tra le superfici più sfruttabili per la distribuzione e il quantitativo delle incisioni. Se piuttosto, il creatore voleva dare a ciò che si apprestava a incidere, un particolare significato mistico, simbolico-religioso o esoterico-cultuale, atto all’esecuzione di un autentico manufatto apotropaico nella sua totalità, il riferimento al triangolo diveniva essenziale. Il numero tre, è da sempre considerato, il numero perfetto. In passato la scuola pitagorica, i matematici, i movimenti e le scuole filosofiche precristiane, consideravano la forma del triangolo la ‘prima’ delle superfici geometriche. Il tre nella teoria Euclidea indicava le dimensioni verificabili e possibili di un oggetto. Innanzitutto, la numerologia del tre possedeva, la medesima valenza essenziale per i movimenti religiosi politeisti o monoteisti; i quali attingevano da una radice unica iniziale. Di fatto la religiosità induista, come quella buddista, ebraica, cristiana, e islamica identificavano e identificano con il tre e i suoi multipli la totalità cosmica di cielo, terra, e uomo. E in numero di tre sono le entità divine così presenti e simili, in quasi, tutti i culti religiosi.
Manufatti simili ritrovati nell’arco alpino Dalla documentazione bibliografica consultata, e dalla relativa ricerca in Internet, non è stato semplice ricavare notizie su eventuali reperti simili, documentati e provenienti da località del territorio alpino. Considerando la particolarità di questi antichi manufatti, sarebbe interessante e utile poter creare un Database per registrare questa tipologia di reperti, importanti tasselli per eventuali studi antropologici futuri. Solamente, altri tre oggetti, con caratteristiche simili a quelli presenti alla ‘Pietra Ollare dei Cornetti’ sono stati rilevati durante gli anni, ai fini di questa ricerca. OLLARE DI BROSSO: cm.10x15 ca. Proprietà A. Pastore, rinvenuta nella zona mineraria del canavese. Realizzazione: età sconosciuta. Materiale: ortogneiss a grana grossa con nuclei di granato. Incisioni su entrambe le superfici. Soggetto: ‘ruote solari’, graffite probabilmente senza l’uso del compasso, ma con microcoppella centrale . OLLARE DI BALME: cm.10x12 ca. Citata inizialmente in queste note, oggi di proprietà degli eredi del Sindaco di Balme, che la recuperò nel territorio di Balme, intorno agli anni’70 del 1900. Realizzazione: età sconosciuta. Materiale: steatite a grana fine. Le incisioni, che probabilmente interessano solamente una delle due superfici, sono ottenute in parte tramite l’utilizzo di un compasso. Soggetto: ‘ruote solari’, ‘stellari’ e cerchi concentrici con microcoppelle centrali e sui termini delle raggiature. Grande foro-coppella centrale con bordo concentrico ribassato, a sez. tronco conica (una copia fotografica è custodita presso il Museo Delle Guide Alpine di Balme). PIETRA DEI MONTI LESSINI: Misure non pervenute. Reperto da scavo archeologico. Realizzazione: Età del bronzo antico, Dosso Folesani, Veneto. Materiale: non pervenuto. Soggetto: ‘ruote solari’ a cerchi concentrici e coppella centrale, incise a mano.
Foto: Roberto Valter Vaccio Da Barmes News n. 47 – Notiziario del Comune di Balme (TO) |