Leggende e Tradizioni

Chiese di campagna e tradizione celtica

Stampa E-mail
21 Giugno 2011

La chiesa romanica di San Secondo a Mongiglietto di Cortazzone

I segreti custoditi dalle pievi astigiane

Ci sono piccoli autentici gioielli d’arte sulle colline astigiane. Le piccole chiesette romaniche che punteggiano le campagne sono state studiate e, per fortuna, in molti casi ripulite, restaurate e valorizzate. Si possono trovare turisti curiosi che si avventurano per le strade tortuose a caccia di modesti edifici in mattoni, persi tra le vigne e i campi. Talora ci si deve spingere in una specie di caccia al tesoro per recuperare antiche enormi chiavi che ne dischiudano le porte…

Oltre al loro indubbio valore artistico, però, le “pievi” (questo è il nome con cui vengono comunemente indicate le piccole chiese di campagna) astigiane costituiscono un interessante enigma: portano tutte decori che poco o nulla hanno a che fare con la tradizione cristiana. Che cosa furono davvero?

Le pievi dell’astigiano sono una quarantina, sparse nelle campagne; alcune sono rimaste isolate, sulla cima di una collina o nascoste parzialmente da un boschetto, altre sono diventate col tempo la cappella del cimitero, quando nel paese è stata costruita in centro una chiesa parrocchiale più ampia. Molte sono sorte in luoghi precedentemente consacrati a divinità pagane.

Sono state costruite tutte tra l’800 e il 1000 d.C. Facevano parte di un sistema di articolazione della diocesi in chiese battesimali, in cui risiedeva un arciprete e dove venivano amministrati i sacramenti, e in tituli o cappelle dipendenti, affidate a un sacerdote che vi diceva la messa. Pieve deriva dal latino “plebs”, popolo, un luogo dunque dedicato al popolo, ad accogliere le genti dei villaggi. Anche in altri luoghi troviamo un fenomeno analogo, come ad esempio in Corsica, dove si assiste ad una diffusione capillare di pievi sul territorio dell’isola: chiese che, anche qui, presentano motivi decorativi molto particolari e sono ricordate nella storia locale soprattutto come luoghi di ritrovo delle comunità rurali, luoghi per l’amministrazione della giustizia, punti di riferimento per i clan.


Un capitello dell’abbazia di Santa Maria di Vezzolano raffigurante l’undicesimo arcano dei Tarocchi, la Forza

Hanno tutte orientamento ovest-est, con l’abside rivolta ad est e il lato sud dell’edificio a destra dell’ingresso. Tale disposizione riveste un significato simbolico cristiano: ad oriente vi è Gerusalemme, e Cristo “Lumen Mundi” è simboleggiato dal sole che sorge.

Sicuramente il riferimento cristiano è inequivocabile, tuttavia occorre ricordare che l’uso degli orientamenti astronomici per le costruzioni sacre è molto più antico: così furono costruiti i grandi cerchi di pietra come Stonehenge o gli allineamenti di Carnac in Bretagna, così le piramidi di ogni parte del mondo, così i menhir, i dolmen, i tumuli; la conoscenza degli orientamenti astronomici e dei loro significati e collegamenti con la terra fu, prima ancora che della chiesa cristiana, patrimonio del druidismo europeo.

Santa Maria di Vezzolano ad Albugnano, ad esempio, è orientata in modo molto preciso: due volte l’anno, al tramonto, i raggi del sole passano dalla bifora della facciata illuminando le due figure della bifora dell’abside che rappresentano l’Annunciazione. La direzione della navata centrale concorda con il punto di levata della Luna all’orizzonte quando, ogni 18,61 anni solari tropici, raggiunge la sua massima posizione settentrionale. Per la costruzione della chiesa è stato adoperato quello che viene conosciuto come “il poligono di Dio”, cioè il decagono regolare, che permette di realizzare una pianta con rigorose proporzioni tra raggio generatore e larghezza della chiesa e delle navate. Un principio geometrico che si lega alle proprietà della “sezione aurea”.


Melusine e intrecci celtici nella chiesa di San Lorenzo a Montiglio Monferrato

Di sicuro non si può pensare che le pievi romaniche dell’astigiano possano essere state costruite da sprovveduti contadini improvvisatisi muratori per la costruzione del luogo di culto del loro piccolo villaggio.

Ancora più stupefacente è la decorazione che orna gli esterni e gli interni di queste chiese, una decorazione chiaramente non cristiana. Alcuni motivi sono stati attribuiti all’influenza moresca, a causa dell’occupazione saracena di queste terre intorno al 924 d.C., ma alcune pievi sono precedenti e molti ornamenti si ricollegano assai più chiaramente alla tradizione celtica che non ad altre. La cultura celtica, dopo la vittoria dell’impero romano e la successiva dominazione della Chiesa cattolica, evidentemente trovò il modo di sopravvivere nascostamente e con ogni probabilità cercò di trasmettere le proprie conoscenze anche attraverso le decorazioni di questi luoghi di culto in cui, all’inizio dell’era cristiana, druidismo e cristianesimo coabitarono. Le pievi romaniche astigiane potrebbero essere la testimonianza di questo momento storico molto particolare.

Le pievi sono in genere costruzioni assai semplici, per lo più a navata unica e in qualche caso e tre navate. L’esterno è molto rigoroso e lineare: le decorazioni si susseguono soprattutto in alto, sotto la linea del tetto e intorno alle strette finestre, preferibilmente sul lato sud dell’edificio; si allargano al di sopra della porta di ingresso. All’interno, in alcuni casi, invece è un vero trionfo: intorno alle finestre, lungo le colonne e soprattutto sui capitelli che sono quasi sempre tutti diversi fra loro. Alcuni elementi decorativi si ripetono pressoché identici nelle varie chiese: molti intrecci di foglie, rami e fiori, nodi celtici del tutto simili a quelli che si possono trovare in Irlanda, Bretagna o Scozia. Basta guardare le finestre di San Martino a Montafia o della Chiesa della Madonna della Neve a Castell’Alfero.

Ma le particolarità presenti su taluni edifici ci pongono degli interrogativi. Ne indichiamo alcune a titolo di significativo esempio.


Decorazioni celtiche della chiesa templare di San Pietro in Consavia, Asti

Chiesa di san Secondo a Mongiglietto di Cortazzone. Mongiglietto da Mons Iovis (un luogo già dedicato a culti precedenti) o Mons Iubili, monte della gioia, in francese Mont-Joie (mongioia), cumulo di pietre per indicare la via o a ricordo di fatti importanti. E’ una chiesa situata sulla cima di una piccola collina, una bella spianata d’erba davanti, quiete intorno. Cominciando a girare intorno all’edificio si incontrano le prime curiosità: in alto due figure rappresentano chiaramente l’atto sessuale, dalle pareti emergono seni prosperosi, uccelli fantastici si stagliano nelle nicchie, visi enigmatici sorridono, un uomo attaccato ad una lunetta sembra arrampicarsi chissà dove… ovunque intrecci, gigli, decori raffinatissimi. Ma è all’interno che trionfa la decorazione misteriosa con una serie di capitelli tutti diversi: spirali, croci ansate, cerchi, alberi della vita, uroboros, simboli dell’infinito, soli, stelle, facce senza occhi, pesci ed asini volanti, uccelli, melusine (donne con coda di pesce tipo sirene, ma divisa in due parti tenute dalle mani), draghi, ecc.

Perché i costruttori sentirono il bisogno di decorare la chiesa con immagini così poco cristiane? Infatti, anche se a molte di queste decorazioni viene data una spiegazione che le collega a simboli religiosi, non si può non notare che sono decorazioni assai più collegate alla tradizione celtica che non a quella cristiana. In alcuni casi si parla di influenze di tradizioni pagane oppure di immagini messe lì per far capire al popolo ignorante il senso del peccato. Spiegazioni che lasciano perplessi.

Chiesa romanica dei santi Nazario e Celso a Montechiaro d’Asti. Un posto magico in mezzo alle colline, protetto da un boschetto. Una pieve piena di intrecci celtici, animali misteriosi con facce interrogative, cavalli graffiti sulle pareti, una croce templare.

Pieve di San Lorenzo a Montiglio Monferrato. La chiesa è oggi la cappella del cimitero e, ad un primo sguardo, non lascia trapelare la ricchezza che poi elargisce sulle pareti laterali e, soprattutto, all’interno. Intrecci complicati, nodi celtici, palmette ed enigmatiche facce sull’abside esterna. All’interno un altro trionfo di decorazioni particolari: ancora intrecci celtici, uccelli fantastici, di nuovo le melusine, due personaggi che pestano l’uva (o che si liberano dai viluppi che li tengono avvinti?), un susseguirsi di ruote forate.

San Pietro de Finestrella, la chiesetta del cimitero di Albugnano. Anche qui una chiesetta romanica piena di decori celtici…

Abbazia di Santa Maria di Vezzolano. Forse la più famosa, anche se non la più ricca di decorazioni misteriose. Comunque anche qui abbondano immagini particolari: alberi della vita, animali fantastici, maschere grottesche, un capitello con l’undicesimo arcano dei Tarocchi, la Forza, intrecci, ecc… e nel chiostro il simbolo del cerchio con le quattro direzioni (come quello usato dai nativi americani) e un affresco su di una parete con l’incontro tra vivi e morti.


La melusina della chiesa di San Secondo a Mongiglietto di Cortazzone

Anche se non fanno parte dell’insieme delle pievi romaniche astigiane, occorre comunque ricordare che decorazioni molto simili a quelle che si trovano sulle pievi si ritrovano anche in altri edifici del Monferrato. Uno per tutti citiamo il Duomo di Casale Monferrato, un edificio romanico, costruito poco prima dell’anno 1000, con sculture profane: c’è anche una specie di “appeso”, come l’arcano dei Tarocchi, ma curiosamente femminile. Una particolarità: ha un nartece (sorta di atrio prima della chiesa vera e propria) molto ampio e bello; testimonia un uso della chiesa non tanto cristiano ma laico: luogo di incontro della comunità o addirittura vestibolo di un tempio? Il soffitto della chiesa è di quelli azzurri con le stelle.

Infine, non possiamo dimenticare che gli stessi simboli e le stesse decorazioni si ritrovano in edifici posteriori: il Duomo di Asti vanta un portale laterale con il sole e la luna ben in vista, mentre la Chiesa di San Pietro in Consavia, costruzione templare sempre ad Asti, mette in luce bellissimi intrecci celtici e simboli come l’uroboros.

Certezze non possiamo averne, ma l’ipotesi che le pievi siano state qualcosa di diverso da ciò che siamo abituati a conoscere si supporta sulla grande ricchezza di indizi offerti dall’esame delle decorazioni, d’altronde gli astigiani, in epoca medievale, pare fossero conosciuti come molto ostili alla religione. Questioni politiche? Chissà… magari invece una tradizione che veniva conservata e tramandata con caparbietà e fierezza, perché nessuno potesse dimenticare le proprie vere origini.







 

Seguici su:

Seguici su Facebook Seguici su YouTube