Leggende e Tradizioni

Il significato del Dono

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17 Dicembre 2020
Adorazione dei Magi, 1423, Gentile da Fabriano - Galleria degli Uffizi di Firenze
Adorazione dei Magi, 1423, Gentile da Fabriano - Galleria degli Uffizi di Firenze

Tra mitologia e antropologia


Iniziamo con un luogo comune: Natale è tempo di regali. Per qualcuno sarà uno stress alimentato da frasi ricorrenti tipo: “Non si sa mai cosa regalare”, “Hai già tutto”, “Cerchiamo qualcosa di utile” e avanti così. Per altri rappresenteranno solo una voce delle tredicesima. Qualcuno perentoriamente affermerà: “Quest’anno niente regali, con questi chiari di luna”, ecc. ecc. Una parte di noi però vedrà la tradizione del dono come un momento bello – quest’anno in particolare! – per cercare un po’ di serenità. Ci sarà poi chi bypasserà giocando sulla semantica, cioè sfruttando il concetto di “pensierino” invece di regalo, perché meno impegnativo e nello stesso tempo in grado di mantenere il contatto con l’altro.

E già, perché il regalo è soprattutto occasione per creare e consolidare una relazione: un aspetto importante per le società. L’aveva dimostrato con chiarezza uno dei padri della moderna sociologia: Marcel Mauss che – negli anni Venti del XX secolo – al dono dedicò uno studio molto accurato, una pietra miliare delle scienze sociali.

Il dono ha la proprietà antropologica di unire, di creare delle relazioni, di stringere i rapporti all’interno di una comunità.

Presente in tutte le società e con modalità diverse, il dono ha radici lontanissime: quella che in qualche modo è un po’ l’origine anche della nostrana tradizione, può essere individuata nella strenna, che significa “dono di buon auspicio”, offerta nell’antica Roma in occasione delle feste dei Saturnalia, che si svolgevano nella seconda metà di dicembre. A creare una sorta si anello di congiunzione con la nostra tradizione cristiana, forse ci hanno pensato i Re Magi con i loro doni, dando a quell’azione una valenza sacrale, ma soprattutto simbolica.

Lo scambio dei doni, in altri tempi, prima degli anni del benessere diffuso, ha assunto tonalità sempre più laiche e in tale contesto il cibo ha svolto un ruolo importante, soprattutto nel passato, quando disporre di roba da mangiare non era un fatto così scontato. Si aggiunga che anche nel cibo si sono poi innestati caratteri simbolici con peculiarità armoniosamente legate alla tradizione popolare, non solo dei vari Paesi, ma spesso delle diverse regioni, e addirittura delle singole città: Panettone & C. docet!

Il cibo con valenze simboliche ha caratterizzato numerose feste della tradizione popolare; per esempio le “ossa di morto” del 2 novembre: biscotti preparati ad hoc per l’occasione; ricordiamo anche il tacchino della festa del Ringraziamento statunitense; e ancora la focaccia dell’Epifania, con la fava celata nell’impasto: chi la trovava doveva pagare pegno.

Ma vi è un altro protagonista che è diventato il vero promotore dei regali: Babbo Natale. Qualcuno dirà: e Gesù Bambino? E santa Lucia? Si tratta di figure importanti ma, prendiamone atto, Babbo Natale ha attuato una vera e propria globalizzazione, andando subito in pole position, anche perché ha qualcosa di più umano e di contro mantiene un’aura un po’ pagana.

Certamente più scenografico con la sua slitta e le renne, organizzato, capace, malgrado la stazza, di calarsi nei camini più stretti ed essere sempre pulito: il rosso e il bianco i suoi colori. Poi ecco gli aggiustamenti: a chi non aveva il camino veniva detto che il buon vecchietto poteva passare dal balcone, anche dai buchi della serratura, addirittura sotto le porte… Potere concesso solo a Natale, in tempi in cui le porte blindate non erano la norma.

Korvatunturi, Finlandia,  il villaggio di Babbo Natale
Korvatunturi, Finlandia, il villaggio di Babbo Natale

Cercando le radici del moderno Babbo Natale, chiamato Santa Claus nei paesi anglofoni, gli studiosi hanno posto in rilievo il suo atavico legame con san Nicola. E così il barbuto Babbo Natale, immagine diventata familiare anche in Italia con la mediazione della cultura nordica, in effetti sarebbe una trasfigurazione del Vescovo di Mira (III- IV secolo) e poi patrono di Bari. La sua biografia è trapuntata di miracoli, ma sono note soprattutto le sue imprese finalizzate a difendere i più piccoli. Per questa sua caratteristica, il patronato di Nicola sui fanciulli ha certamente favorito la sua trasformazione nel più laico Babbo Natale: benevolo amico dei bambini e dispensatore di affetto e di regali.

Anche in relazione a questa figura in sospensione tra sacro e profano, il dono natalizio ha acquisito valenze sempre più dominanti ed elefantiache, fino a perdere il senso dell’antica strenna. Tutto ciò, paradossalmente forse, in un mondo in cui il panettone si trova tutto l’anno, e le diverse specialità culinarie, tradizionalmente fatte in casa, quasi seguendo un rituale, oggi si possono mangiare in qualunque stagione.

Per tanta gente, i doni sono diventati un obbligo, ammantandosi così con un’aura che ne ingrigisce le tonalità, disperdendone il loro autentico significato. Si aggiunga che la nostra cultura consumistica ha reso sempre più difficile fare dei regali, complicando un’attività che rende le scelte motivate da fattori che non solo legati all’evento, all’atmosfera, ma ad aspetti intrinseci alle nostre relazioni sociali.

Se ci rivolgiamo al significato delle parole e cerchiamo tra le pagine di un vocabolario, scopriamo che donare corrisponde a “dare ad altri liberamente, senza compenso, con assoluta spontaneità, liberalità, disinteresse”.

Questa è forse la chiave per ritornare al vero significato del donare: continuare a farlo, anche in tempi in cui gli acquisiti (pandemia a parte) si fanno sulla rete e l’acquirente può far recapitare il dono direttamente all’interessato. Ci sarà un corriere con furgone in doppia fila e senza renne, che sinceramente ha ben poco di Babbo Natale… Ma i tempi cambiano.


Massimo Centini è laureato in Antropologia Culturale presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Torino. Si è rivolto in più occasioni alla tradizione popolare, dedicandole ricerche e studi pubblicati con numerosi editori italiani (Mondadori, Rusconi, Newton & Compton, San Paolo, Accademia Vis Vitalis, YUME edizioni e altri). Ha insegnato Storia della criminologia al M.U.A. di Bolzano ed è docente di Antropologia culturale presso la Fondazione Università Popolare di Torino.

 

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