Leggende e Tradizioni |
Sulle tracce delle Masche |
28 Gennaio 2012 | ||||||||||||||||||||
Le Masche, figure emblematiche di una delle tradizioni più radicate in Piemonte, nascondono storie antichissime e legami con il mondo celtico, ma anche una porta su altre dimensioni
Il Piemonte è una terra antica, piena di vicende e tradizioni ancora non ben conosciute che affondano le loro radici nel passato dell’umanità. Dai megaliti alle feste, dalle tradizioni agli usi quotidiani, tutto si ricollega ad una storia ufficialmente scomparsa, ma invece ben viva e vitale. La parola Masca potrebbe arrivare dall’arabo maskarah (buffone, burattino) oppure dal latino marsicus (i Marsi erano considerati maghi) o infine dall’ispanico Mascara (maschera). Ma in ogni caso il termine fa riferimento a qualcosa che non è come sembra. Di solito con Masca si fa riferimento ad una figura che è stata assimilata alla strega. Effettivamente lo stereotipo della Masca, nella tradizione piemontese, è quello di una donna di solito vecchia e brutta, magari con qualche difetto fisico nel corpo o nel volto.
E’ una donna che vive da sola in una vecchia casa, in genere un po’ cadente, spesso ai margini del paese, e non è vista di buon occhio dagli abitanti perché è in grado di “fare la fisica”, vale a dire esercitare un qualche tipo di magia. La Masca, infatti, può fare del male alle persone, agli animali, ai raccolti; può rapire bambini, può succhiare il sangue, può far ammalare. Chi è colpito dall’azione di una Masca si dice “ammascato” e l’“ammascamento” deve essere tolto con varie pratiche: dalla bollitura degli abiti all’aggressione di un oggetto appartenente alla persona responsabile dell’ammascamento stesso. La Masca è un po’ inafferrabile: può trasformarsi in animali (gatti, capre, maiali, pecore…) come e quando vuole, ma se si colpisce l’animale la Masca rimane colpita anch’essa. La Masca possiede un simbolo del suo potere: “il libro del comando” oppure il mestolo (casül) o il gomitolo (müscel) o la scopa e, alla fine della sua vita, deve trasmetterlo a qualcun altro, se no non può morire. Le Masche sono sempre buone conoscitrici delle erbe e dei rimedi contro le malattie e quindi sono in grado di curare. Talora sono pure giovani e belle.
Molti sbrigano le storie di Masche come semplici superstizioni dovute all’ignoranza della gente che ha dato un nome a tutto ciò che non riusciva a spiegare. Può darsi, ma è curioso come qualcosa privo di consistenza reale abbia potuto lasciare tracce così imponenti nel territorio piemontese: a Caselette, sulle pendici del Monte Musinè, c’è il Pian d’le Masche; in Valle di Susa troviamo Pian Balour (dove si svolgeva il ballo delle Masche) come pure a Boves, in provincia di Cuneo. Sempre in Valle di Susa, in borgata Cresto presso Sant’Antonino, si trova la “Pera d’le faje” (pietra delle fate) e a Pianezza il “Bal d’le Masche” (un grande masso erratico); a Costigliole d’Asti c’è Bricco Lù (o Bric d’la Lù), luogo di ritrovo di Masche, così come il Bosco di San Tonco vicino a Piovà Massaia, in provincia di Asti, dove un enigmatico foglio vergato a mano sulla porta della chiesetta dedicata appunto a San Tonco ricorda che “San Tunc”, come altri santi, non si trova in Paradiso… A Bra, su di una collinetta, da sempre ritrovo di Masche, sorge la Zizzola, strana costruzione che ospita una storia di fantasmi musicali. Vicino a Torino c’è il Prato Aviglio, luogo deputato ad incontri soprannaturali; nell’Ossola troviamo, sulle falde del Monte Gridone, il Pian di Strì (in certe zone del Piemonte si parla di “strie” e non di “Masche”). E ancora, tanti luoghi legati a storie di Masche nelle Valli di Lanzo, nel Canavese, nel Biellese, nel Verbano. Masche e Streghe
Che altro sono state le streghe se non sciamane in possesso di conoscenze antiche, di una tradizione legata alla cultura celtica, portatrice di conoscenze druidiche tramandate attraverso i secoli da uomini e donne di ogni tempo? La trasformazione di queste donne sciamane, riferimento per le loro comunità, alle quali furono d’aiuto per la cura delle malattie e per la gestione delle comunità stesse, in streghe, esseri pericolosi che esercitano la magia nera e fanno un patto con il demonio, non ci deve stupire: in guerra ogni azione è lecita pur di vincere. E quella contro il druidismo fu una vera e propria guerra durata nei secoli per estirpare una cultura antichissima che viveva in modo armonico il proprio rapporto con la natura. Il collegamento con il celtismo emerge chiaramente anche in altri aspetti. Per esempio, i momenti di ritrovo delle Masche coincidono perfettamente con le feste celtiche, soprattutto con le celebrazioni dei Solstizi e degli Equinozi. Molte pietre sono collegate a storie di Masche o sono ritrovo di Masche e molte di esse hanno poteri curativi: il druidismo ha costruito i grandi templi di pietre erette e queste pietre esercitano ancora oggi la loro influenza benefica sulla salute di chi prende contatto con esse. C’è poi un chiaro legame tra le Masche e Madre Terra, Morrigan, la Grande Madre celtica: la Masca è quasi sempre raffigurata come una vecchia e la figura della vecchia si ritrova nei carnevali tradizionali proprio a ricordare l’unione con Madre Terra.
Altro interessante parallelismo emerge tra le Masche ed un fenomeno studiato soprattutto nell’area friulana: i Beneandanti. Dagli atti dei processi tenuti in Friuli tra la fine del ‘500 e la metà del ‘600 risultano molti casi di indagini condotte nei confronti di uomini e donne che si definivano “Beneandanti”, persone che agivano per il bene di quanti si rivolgevano loro. I Beneandanti potevano curare e, in certi casi, mettere in contatto con i defunti. Soprattutto, però, i Beneandanti si recavano quattro volte l’anno, durante le quattro “tempora” (i tre giorni di digiuno prescritti dalla Chiesa quattro volte l’anno: ancora i Solstizi e gli Equinozi!) a combattere contro gli stregoni in campi deputati a tale scopo: volavano sulle loro scope e combattevano con rami di finocchio gli stregoni che, invece, usavano rami di sorgo. Dall’esito delle battaglie dipendeva l’andamento dei raccolti: dunque, una sorta di milizia del bene che combatteva ai limiti della magia. Curiosamente, le Masche hanno molte caratteristiche in comune con i Beneandanti: escono dal corpo per viaggiare di notte sulle scope, partecipano alle processioni dei morti per acquisire capacità profetiche e visionarie, hanno il potere della guarigione.
Nella tradizione piemontese le Masche hanno un altro aspetto molto affascinante, che non ha niente a che fare con le streghe: sono una manifestazione di fenomeni, diremmo oggi, paranormali. Infatti a volte agiscono come folletti dispettosi, fanno scherzi, compaiono e scompaiono. I rumori inspiegabili, le presenze, le percezioni extrasensoriali, nei racconti tramandati in Piemonte, sono attribuiti alle Masche. Quando qualcuno dice che ha visto le Masche non parla di streghe d’altri tempi, ma di un qualcosa di strano e inspiegabile che probabilmente lo ha anche spaventato a morte o quanto meno l’ha lasciato sconcertato.
E cosa dire della vicenda della Regina Giovanna? Personaggio storico, Giovanna d’Angiò, provenendo dal Regno di Napoli, si stabilì nei pressi di Boves (CN). Aveva fama di stregoneria e la gente del luogo voleva liberarsene, ritenendola responsabile di siccità e malattie. Lei, per andarsene, chiese che le fosse consegnato un paio di scarpe dai ciabattini del paese, ma nessun paio confezionato, per bellissimo che fosse, le andava bene. Alla fine i ciabattini si misero d’accordo con una serva che cosparse di farina il pavimento ai piedi del letto di Giovanna e così poterono avere le impronte dei piedi della Regina: Giovanna aveva i piedi di gallina! E così i ciabattini poterono farle le scarpe giuste e lei se ne dovette andare.
Esisteva a Vonzo un grande masso. Un giorno, le fate vollero caricarselo sulle teste per distruggere il ponte di Lanzo costruito da Satana. Il demonio non voleva e le minacciò cercando di fermarle, poi si mise a ridere: si era accorto che le fate non sarebbero mai riuscite a passare tra due cime a causa dell’imponente mole della pietra. Le fate dovettero tornare indietro, ma il masso era pesantissimo e le poverette faticarono non poco a riportarlo a posto… pesava sulle loro teste così tanto che a poco a poco si crearono degli incavi nella pietra là dove poggiava sulle delicate teste delle fate. Gli incavi si possono vedere ancora oggi nel grande masso tornato alla sua sede sull’altipiano di Vonzo.
Nei pressi di una cascina era facile imbattersi in un grosso cane bianco che ha dato il nome alla zona, alla cascina e alla famiglia che lo vedeva sovente. Chiunque lo incontrasse aveva sempre la stupefacente sorpresa di vederlo scomparire così come era comparso.
A Montechiaro un uomo, tornando a casa di notte, incontrò sul suo cammino due belle giovani pecorelle. Tutto contento se le caricò in spalla e le portò a casa dove le legò dentro la stalla. Quale non fu la sua sorpresa quando, l’indomani mattina, legate alla parete della stalla trovò due graziose giovani donne! A Mongardino, in una vecchia casa padronale fuori dal paese, la famiglia si trovava alla prese con la presenza fastidiosa e incomprensibile delle “baboie panatere” (scarafaggi) che abitavano la cucina - e solo quella - invadendola senza ritegno e in grandi quantità. Il padre si rivolse al parroco del paese il quale si recò nella casa e si preparò a compiere una specie di rito: prima però chiese al padrone di casa di pensare ad un luogo dove volesse mandare gli animali indesiderati, purché non fosse a casa di qualcun altro. L’uomo pensò ad un posto giù nella valle sottostante e le “baboie” scomparvero, da quel momento e per sempre, dalla casa. Ancora oggi nella casa non compare una “baboia” a pagarla oro. |