Leggende e Tradizioni

I Templari nelle Valli di Lanzo, tra Storia e Leggenda

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21 Settembre 2012

Il Ruciàss, l’antico edificio che secondo la leggenda sarebbe stato edificato da un Cavaliere Templare (foto G. Castagneri)

A Balme, in Val d’Ala, un antichissimo edificio chiamato “Ruciàss” conserva il mistero dei Cavalieri del Tempio


In tutte le leggende locali esiste quel pizzico di fantasia che le rende fiabesche e appassionanti. Anch’io voglio mettere una cornice dorata ad una leggenda valligiana.

Nel 1314 papa Clemente VI e Filippo Il Bello re di Francia, per i debiti contratti da quest’ultimo e per l’impossibilità di onorarli, decisero insieme di sopprimere l’Ordine dei Cavalieri del Tempio, i Templari. Quest’ordine, inizialmente nato per la protezione delle vie che conducevano al Sacro Sepolcro, nell’arco di qualche secolo era diventato una potenza tale da intimorire e disturbare sia re, sia papi. La loro sede era il tempio di Re Salomone e da questo il nome “Templari”.

Indubbiamente l’ordine venne eseguito con tanto zelo da far sì che moltissimi cavalieri venissero prima imprigionati e dopo un sommario e parziale processo, condannati al rogo. Nonostante lo zelo del re e del papa, un considerevole numero riuscì a mettere in salvo ciò cui il re maggiormente ambiva: il tesoro.

Verso il 1350, o ancor prima, in alcuni paesi del nostro arco alpino, fecero apparizione qua e là, uomini ricchissimi che elargivano e contribuivano al sostentamento morale e materiale del luogo in cui si soffermavano. Pare che in questo periodo a Cantoira, un certo cavaliere Bretonne si fosse costruito un “castello”. Questo cavaliere fu alquanto sfortunato perché venne ucciso in un’imboscata tesagli per derubarlo nel luogo che ancor oggi porta il suo nome, il “Roc Bertùn” a Funghera. Bertùn, probabilmente dal nome Bretonne piemontesizzato.

Non è da escludere che negli stessi tempi non fosse comparso anche nella Val d’Ala, un uomo venuto dalle Alpi sovrastanti. Qualche suo discendente nei secoli successivi stabilitosi a Balme, diventò un magnate, costruendo prima una cappella e poi la sua stessa dimora in cima al paese, in un solido punto chiamato tuttora “Ruciàss”. Egli era talmente ricco che gli abitanti del luogo pensavano persino che avesse scoperto qualche filone d’oro in vallata.

Passò il tempo e il piccolo paesino balmese rimase nella sua tranquillità, all’infuori delle beghe politiche e belliche che infierivano nelle vicine pianure, rimanendo pur sempre sotto la giurisdizione di questa o quella contea.

Nel 1697, un balmese dallo spiccato senso artistico, pose la sua firma su alcuni affreschi tuttora visibili su una parete laterale all’entrata del Ruciàss.

Quest’emerito balmese si firmò con il nome di Joanni Castagnerius, indubbiamente nome latinizzato dalla religione per chi voleva cambiare nome.


Gli affreschi del Ruciàss. In uno di questi sarebbe raffigurata una iniziazione rosicruciana (foto G. Castagneri)

Chiamiamo “pale” queste prime tre opere. La prima è una crocifissione stilizzata con felici tocchi artistici. La seconda una deposizione dalla croce. Realizzata sempre con il tocco geniale e il particolare abbellimento nella fusione dei colori, scrutandola attentamente, e come queste anche le altre, si notano i particolari tratti somatici riscontrabili negli attuali abitanti balmesi. La terza è un affascinante battesimo con un maestoso San Giovanni raffigurato sempre con una raffinata ricercatezza dei particolari.

A proseguimento di questo splendido affresco eccone un quarto, più complesso, più simbolico, quasi a voler mascherare i primi tre: un’iniziazione rosicruciana.

I Rosacroce erano i continuatori della dottrina spirituale templare. Il loro compito era quello dell’elevazione morale e spirituale dell’uomo. In questo stralcio di affreschi (dico stralcio perché molto probabilmente il disegno si spingeva oltre l’attuale limite) si nota il simbolico scambio di “consegne”, il vero atto iniziatico: al tavolo dei commensali viene portata la testa del giovane mentre quella del vecchio rimane sotto gli scalini. E’ questa una simbologia nella quale la continuità della tradizione viene trasmessa da bocca ad orecchio, dal vecchio al giovane.

Ogni commensale ha davanti a sé un ramo d’acacia e una rosa, anche questi espressione dalla forte simbologia. I commensali sono nove, tanti erano inizialmente i Cavalieri del Tempio. I gradini che separano i commensali dagli iniziati sono cinque, numero emblematico per arrivare alla maestria iniziatica.

Tutto l’affresco è un susseguirsi di simboli che solo un profondo conoscitore dell’illuminismo rosicruciano, qual’era evidentemente il Castagnerius, poteva capire e interpretare, immortalandolo su una parete a testimoniare che a Balme sono vissuti uomini d’ingegno e profondità d’animo.

Molto di particolareggiato ci sarebbe ancora da aggiungere, ma terminando voglio auspicare che tanto valore venga protetto per conservare in noi questo splendido messaggio che un certo Joanni Castagnerius ha voluto trasmetterci mitizzando sul Ruciàss, forse la casa del suo avo d’oltralpe.

 

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