Megalitismo |
Il portale delle stelle di Hayu Marca |
05 Giugno 2021 | ||||||||||||||||||||||||
Un passaggio per l’universo
Le teorie e gli esperimenti della fisica d’avanguardia sui tunnel spazio-temporali. Antiche leggende e miti sull’esistenza di “stargate” naturali. I reperti archeologici delle antiche porte stellari. I progetti top secret di stargate artificiali delle autorità governative e militari. Gli appassionati di fantascienza, viaggi nel tempo e di archeologia misteriosa a distanza di quasi un ventennio avranno sicuramente ancora vivide nella propria mente le affascinanti sequenze e le avventure del film cult Stargate. Un interessante movie che portò alla ribalta le teorie più avveniristiche sui viaggi nel tempo, universi paralleli, tunnel spazio-temporali, gli stargate appunto, che dai tempi di Einstein affascinano e fanno sognare gli amanti di una realtà fantastica, che sembra pronta a rivelarsi al di la della dimensione ordinaria della realtà. Come l’intramontabile serie di Star Trek, anche la trama di Stargate aveva un fondamento teorico scientifico, derivato dalle teorie elaborate dal celebre fisico e matematico autore della teoria della relatività, insieme al suo collega Rosen. Infatti uno stargate, secondo la teoria dei due scienziati, non è altro che un ponte o wormhole attraverso il quale lo spazio-tempo viene distorto da un intenso campo gravitazionale provocato dal collasso di alcune stelle, che ne scatena la compressione fino a determinare il punto cosiddetto di “singolarità” in cui il tempo rallenta rispetto agli osservatori esterni. Oltre ad una stella collassante secondo gli scienziati ci potrebbero essere anche altri luoghi nello spazio caratterizzati da un intenso campo gravitazionale, dove lo spazio-tempo verrebbe notevolmente distorto; in questo punto il tempo si ferma fino ad espandersi all'infinito, come previsto dalla teoria della relatività generale.
In questo modo sarebbe possibile, in teoria, sfruttare la singolarità per emergere in qualsiasi punto temporale del futuro. Alcuni fisici hanno anche ipotizzato che sarebbe teoricamente possibile formare un ponte di Einstein-Rosen, attraverso il quale viaggiare indietro nel tempo; così un punto di singolarità, almeno in teoria, diventa un mezzo per spostarsi avanti o indietro nel tempo, divenendo una sorta di tunnel di collegamento tra due punti nello spazio-tempo che per la sua distorsione si avvicinano talmente tanto da toccarsi. Ma è solamente teoria? Come spesso accade la realtà può superare la fantasia, e infatti la Nasa dal 2014 ha dato inizio alla caccia ai “portali invisibili” nascosti nel campo magnetico terrestre che mettono in comunicazione diretta il nostro pianeta con il campo magnetico del Sole, ma che potrebbero essersi formati naturalmente al momento del Big Bang, ed essere dunque presenti in qualsiasi punto dell’universo. È infatti ciò che la Nasa ha scoperto insieme ai ricercatori dell'Università dell'Iowa che hanno individuato dove e come avviene l’apertura di questi portali magnetici. Come spiega il fisico Jack Scudder, dell'Università dell'Iowa, questi sono punti in cui il campo magnetico terrestre si unisce a quello del Sole creando un percorso ininterrotto che porta dal nostro pianeta fino all'atmosfera del Sole. I portali, da quanto osservato, si aprono e chiudono dozzine di volte al giorno. Molti sono piccoli e di breve durata, mentre altri sono molto più vasti e stabili. Quindi sembrerebbe di avere tra le mani la concreta possibilità di arrivare a conoscere e magari utilizzare questi fenomeni che eravamo invece abituati ad immaginare solo come sceneggiature di film di fantascienza. Siamo a conoscenza inoltre che nell’Istituto Max Planck esperimenti d’avanguardia hanno ottenuto il risultato di far sparire delle microparticelle e di farle riapparire in un altro luogo, realizzando così, anche se in modo embrionale, una sorta di esperimento di teletrasporto. Infine, a conferma che non stiamo affatto parlando di bizzarre fantasie possiamo tirare in ballo anche l’FBI che in un documento declassificato recentemente afferma che esseri alieni hanno effettivamente visitato la Terra ed alcuni di questi provengono non solo da altri pianeti ma anche da altre dimensioni. Quindi i cosiddetti stargate, i portali spazio-temporali sembrerebbero essere un fenomeno fisico concreto e non più solo teorizzato, un fenomeno che l’uomo sta iniziando solo ora ad esplorare. A questo punto però sorge spontanea una considerazione, un collegamento temporale con la storia antica e sconosciuta dell’umanità.
Verrebbe infatti da pensare che allo stesso modo in cui la realtà acclarata degli UFO odierni, o come vengono definiti oggi Unidentified Aerial Phenomena, riconosciuta dalle agenzie governative degli Stati Uniti con il rilascio di documenti ufficiali militari e video, avvalora indirettamente i presunti avvistamenti e i contatti di natura ufologica avvenuti nell’antichità, che risulterebbero dalla galassia di cronache, miti, leggende, petroglifi, dipinti rupestri e reperti archeologici che costellano la storia dell’uomo, allo stesso modo non possiamo escludere che gli stargate di recente scoperta, proprio per la loro natura fisica, potevano già esistere ed essere conosciuti dalle antiche civiltà del passato. Un’ipotesi del genere sarebbe coerente con leggende e miti, cronache e testimonianze dirette su luoghi del nostro pianeta dalle proprietà molto particolari che rievocano dei veri stargate antelitteram. Per la scienza accademica un’affermazione del genere sarebbe considerata un’eresia, una bufala creata ad hoc dall’esercito dei cosiddetti stravaganti pseudoricercatori alternativi fanatici delle teorie della paleoastronautica, in cerca di visibilità. Tuttavia, suo malgrado, esistono dei forti e numerosi indizi che portano a pensare che le cose stiano invece proprio così e che sulla Terra possano esistere dei siti che si comportano proprio come dei portali spazio-temporali. Prendiamo il caso, ad esempio, della cosiddetta Porta di Hayu Marca, un sito archeologico a 35 Km dalla citta di Puna, nei pressi del lago Titicaca in Perù chiamata anche di Aramu Muru, dal nome del sacerdote inca protagonista di una leggenda locale molto interessante. In realtà non si tratta di una vera e propria porta, come ad esempio quella del Sole situata nella vicina Tiwanaku, ma di un’opera davvero strana nella sua esecuzione e nella sua funzione, perché gli stipiti e l’architrave sono solo profondamente incisi in una parete di roccia granitica resa perfettamente levigata, dando così solo la parvenza di un portale dalle dimensioni gigantesche, 7 metri in altezza per 7 metri in larghezza.
Ma l’aspetto ancor più strano e misterioso è rappresentato dalla presenza di un incavo cieco, profondo solo mezzo metro circa, al centro della parete in basso e appena sollevato dal suolo attraverso una soglia, scavato nella roccia con la forma e dimensioni di una porta a misura d’uomo, circa 2 metri in altezza per poco più di 1 metro di larghezza, ma che in realtà porta non è perchè non sfocia da nessuna parte. Quindi appare molto enigmatica perché ha l’aspetto più che altro di un vano predisposto per accogliere una persona con le braccia aperte e distese a toccare gli stipiti, toccando con il ventre la parete interna. A cosa sarà servito quindi rimane un mistero. Ad infittirlo ancora di più è la presenza al centro della parete interna di un incavo perfettamente circolare del diametro di circa venti centimetri, che ha tanto l’aspetto di un alloggiamento predisposto per ricevere qualcosa. Ma cosa? Fin qui la descrizione della struttura già di per se incomprensibile e misteriosa, su cui ritorneremo. Aggiungiamo ora altri elementi altrettanto particolari che riguardano la storia e le leggende che aleggiano su questo affascinante sito. Innanzitutto la sua scoperta, avvenuta nel 1996 ad opera di una guida turistica locale, Jose Luis Delgado Mamami che è circondata da degli aspetti visionari molto sorprendenti. Racconta la guida, infatti, che per tantissimo tempo sognò ripetutamente e in modo estremamente lucido quel posto, senza sapere assolutamente di cosa si trattasse ne dove si trovasse. Sognava un percorso lastricato di pietre rosse che aveva sui fianchi delle statue fatte della stessa pietra raffiguranti esseri umani ed animali. Al termine di questo percorso giungeva ad una immensa porta situata ai piedi di una montagna. Un giorno mentre si trovava a Hayu Marca, una cittadina nei pressi del lago Titicaca osservando delle strane rocce con i lineamenti di umani ed animali gli tornò in mente l’oggetto del suo ricorrente sogno.
Incuriosito da questa stranezza e parlandone con uno sciamano del luogo venne a conoscenza di una leggendaria e misteriosa porta che un pò ricordava l’oggetto del suo sogno, di cui però si era persa traccia da moltissimo tempo. Volle quindi approfondire la questione e scoprì l’esistenza di una antica leggenda risalente al tempo della conquista spagnola che parlava di una mitica porta scolpita nella roccia che era associata ad un antico sacerdote inca dell’Ordine dei Sette Raggi, un tale Aramu Muru. Molto tempo dopo, durante un’escursione nella zona, si imbattè con grande stupore ed emozione in quel fantastico sito che tante volte aveva sognato. In realtà sono due le leggende che fanno riferimento a questo personaggio, una lo vuole in fuga dai conquistatori da cui si rifugiò sulla montagna portando con se un prezioso disco d’oro che si racconta fosse caduto dal cielo, e che probabilmente era forato al centro, mettendolo in relazione con i reperti ritrovati nel tempo nella zona simili nella descrizione all’oggetto della leggenda; a questo punto ci sono delle versioni leggermente differenti su quanto avvenne una volta che Aramu Muru giunse al cospetto della porta: alla presenza di uno sciamano del posto, a conclusione di un rituale incentrato sul famoso disco d’oro, la porta si spalancò aprendo un varco luminoso che inghiottì il sacerdote, che prima della sparizione aveva consegnato il disco d’oro al testimone dell’evento. L’altra versione riferisce che Aramu Muru fosse solo e che sparì nella porta portandosi dietro l’oggetto prezioso. L’altra leggenda, che spalanca uno scenario totalmente differente, invece racconta che il sacerdote, che regnava sul popolo andino da tempi immemorabili, apparteneva alla stirpe degli atlantidei e non fuggì dai conquistadores ma semplicemente si recò davanti alla porta come segno di conclusione della missione che doveva adempiere, la civilizzazione e l’istruzione del popolo andino. Aprì la porta con il disco d’oro con la stessa modalità e scomparve nel nulla. Come agisse il prezioso oggetto nell’apertura della porta non ci è dato di saperlo, però abbiamo degli indizi curiosi che possono darcene una vaga idea; qualcuno si è preso la briga di verificare che quella cavità circolare centrale della parete interna della porta minore è in grado di ospitare, sorreggendolo, proprio un oggetto di quella forma, come se quindi si trattasse, come sospettavamo all’inizio, di una sede, di un alloggiamento per un meccanismo circolare.
Testimoni oculari raccontano che ancora oggi sciamani del luogo praticano dei rituali su questa porta minore, effettuando dei movimenti rotatori con delle pietre circolari. Lo scrittore statunitense G.H. Williamson autore del libro Il segreto delle Ande sulla base di dati raccolti nel corso delle sue ricerche in loco, da una descrizione molto avvincente, anche se forse un po’ colorata, del misterioso disco d’oro, dipinto come un oggetto che non possedeva solo una forte valenza sacrale, rituale, e simbolica rappresentando il Grande Sole centrale, il Sole cosmico e quindi il Creatore dell’universo, ma anche come strumento terapeutico, unito ad una serie di specchi d’oro puro che avevano la funzione di riflettori o di lenti convoglianti l’energia che diffondeva. Certo, queste descrizioni possono far sorridere, lasciare perplessa e scettica una mente scientifica convenzionale tuttavia, come sorprendentemente accade spesso di constatare studiando le antiche civiltà, sembra proprio che queste conoscessero già principi avanzati di fisica e utilizzavano tecnologie che noi oggi facciamo fatica ad emulare. Ad esempio le insolite proprietà degli specchi concavi sono state dimostrate scientificamente nel ventesimo secolo, grazie al genio dello scienziato russo, il professor Nikolai Kozyrev che aveva messo a punto un sistema speciale di specchi in alluminio concavo a forma di spirale che avrebbero la capacità di ridurre il campo elettromagnetico della persona che si stende al loro interno producendo una serie impressionante di anomalie e fenomeni, tutti sperimentati ampiamente, tra cui anche la telepatia. L’alterazione temporale che si produce, infatti, elimina i vincoli dello spazio e del tempo, quindi è possibile far entrare in contatto persone anche molto lontane tra loro, a migliaia di chilometri di distanza. E tramite alcuni programmi avanzati elaborati dall’erede delle ricerche di Kzyrev, il prof. Trofimov, grazie agli specchi è stato possibile effettuare esperimenti in grado di guardare nel futuro e nel passato. Come spiega lo stesso Trofimov il tutto si basa sulla coesistenza, nello stesso punto, del passato, del presente e del futuro che avviene grazie alla deformazione provocata dalla serie di specchi. Quindi le strane pratiche che venivano messe in opera dagli sciamani al tempo della nostra storia del disco d’oro, secondo le leggende locali, non sembrano quindi così stravaganti e fantasiose se a distanza di secoli, se non di millenni, abbiamo riscoperto delle tecnologie e proprietà fisiche già ampiamente utilizzate dagli antichi.
Sembra inoltre che il disco d’oro fosse utilizzato anche come elemento di messa a fuoco, di concentrazione nelle pratiche meditative e che avesse delle proprietà energetiche molto spiccate capaci di indurre forti vibrazioni telluriche, mentre se il suo potere veniva indirizzato sulle frequenze vibratorie interne dell’individuo questo poteva, tramite il fenomeno della connessione, oggi diremo dell’entanglement, venire teletrasportato. Alla luce di tutte questi elementi insoliti che descrivono intorno a questo luogo particolare uno scenario dai connotati metafisici, c’è da chiedersi se è solo per il suo alone leggendario che la Porta di Hayu Marca è stata chiamata da tempi immemorabili la Città degli Dei, nonostante in realtà non ci sia alcun edificio o villaggio nei paraggi. A rafforzare l’idea che questo luogo abbia rivestito da sempre un significato particolare per i nativi locali ci sono le antiche leggende di questa cultura che narrano le vicende di alcuni eroi del passato che hanno attraversato in antichità questa porta per soddisfare il volere dei loro dei. Passando attraverso la porta avrebbero guadagnato l’immortalità e una vita a contatto con le antiche divinità, ma citano anche il fatto che alcuni di quegli uomini tornarono sulla Terra più volte attraverso la porta insieme ai loro dei, al fine di continuare insieme i loro regni. Per queste antiche tradizioni la porta era quindi una sorta di portale che poteva condurre verso una misteriosa dimensione in cui risiedevano queste divinità. Ad incrementare questo alone leggendario e misterioso vi è anche la strana usanza adottata dalle popolazioni native rispetto ai sovrani discendenti di Aramu Muru che da allora vennero chiamati “Fratelli delle stelle”, quasi a volerne suggellare e ricordare, da un certo momento in poi, la loro provenienza cosmica. Questo particolare riferimento alla matrice celeste di alcune popolazione native, ancora molto vivo ai giorni nostri, è un aspetto interessante perché non è un fatto episodico a se stante ma trova molte similitudini nelle tradizioni di diversi popoli nativi appartenenti a culture molto distanti tra loro. È il caso ad esempio della tribù di nativi americani degli Hopi dell’Arizona che ancora oggi, riferendosi ad esseri mitici di natura extraterrestre provenienti dalla costellazione delle Pleiadi, che in tempi ancestrali ebbero con loro una strettissima convivenza, parlano dei “Fratelli delle Stelle” come di esseri divini di cui aspettano il ritorno. Cosa analoga alla profezia ancora in vita dei popoli di Hayu Marca che racconta come “la porta degli dei un giorno si aprirà di nuovo molte volte più grande di quanto sia ora… e permetterà agli dei di ritornare nelle loro navi solari…” Oppure pensiamo alla figura del mitico dio sumero Enki, che compariva sulla Terra per regnare sugli uomini attraversando quello che sembra proprio un portale dimensionale, raffigurato spesso in modo schematico ma inequivocabile come una porta al cui interno viene posizionata la sua figura.
Alla luce di questi elementi possiamo dire di essere in presenza di un portale dimensionale, uno di quei punti che abbiamo visto in apertura in cui si aprono dei varchi spazio-temporali che permettono di essere teletrasportati da qualche parte? Va anche aggiunto che il ritrovamento nei paraggi della porta di diversi monoliti disposti a mo’ di altare, lascia pensare che probabilmente questo luogo sperduto nel deserto peruviano fosse già nel lontano passato, prima dell’era incaica, un sito magico e venerato dalle popolazioni locali, e questo poteva avere un senso solo se immaginiamo che in quella zona accadeva o si manifestava qualcosa di particolare. Se effettivamente fosse così quel quid che rendeva particolare la Porta di Hayu Marca allora deve essere ancora tale perché l’area che comprende il sito fino al lago Titicaca e Tiwanaku ancora oggi è teatro di un numero impressionante di avvistamenti ufologici. Ulteriori elementi misteriosi che si trovano in questo sito sono la presenza di una piccola caverna sulla parte posteriore della parete di roccia che ospita la porta, una cavità in cui sono stati ricavati incisioni e disegni impressi nella pietra che raffigurano strani ed indecifrati simboli a forma di griglie rettangolari, e quella di un tunnel, chiamato nella lingua locale “chinkana”, oggi volutamente ostruito per impedirne la percorrenza, che secondo le credenze locali condurrebbe fino alla non lontana Tiwanaku. Va ricordato che la stessa Tiwanaku è costellata da numerosi e misteriosi tunnel sottostanti il sito megalitico, che a detta di vari ricercatori conducevano direttamente nelle profondità del lago Titicaca per motivi che ancora ci sfuggono. Questa possibile correlazione tra gallerie sotterranee e la presenza di acqua è un elemento che ricorre in altri siti archeologici del pianeta candidati ad essere anche loro dei possibili stargate. Viene infatti da chiedersi se quello della Porta di Hayu Marca sia il solo luogo in cui si siano registrati nel passato avvenimenti simili.
Ebbene sembrerebbe proprio di no, da quanto possiamo riscontrare, ad esempio, nelle leggende dell’India, che descrivono il sito di Ranmasu Uyana, nello Sri Lanka, un monolite gigantesco di granito situato all’interno di un magnifico parco composto di antichi giardini acquatici, che presenta un complesso e inspiegabile sistema di incisioni composto da un diagramma circolare sulla cui circonferenza sono rappresentati animali acquatici e al cui centro è posta una grossa spirale circolare che suddivide la struttura in quattro settori, ognuno dei quali a loro volta è diviso in molti rettangoli contenenti ognuno il simbolo del cerchio con la croce inscritta, che ricorda in modo impressionante la ruota solare diffusa nella cultura celtica e dei nativi americani e che invece non è rappresentata in questa forma nella cultura indiana. Sembrerebbe quindi appartenere ad un’altra cultura estranea al luogo. Sakwala Chakraya, questo il nome attribuito alla raffigurazione, rappresenta uno degli infiniti sistemi solari dell’universo, quindi non necessariamente il nostro, e simboleggia, attraverso l’immagine del cerchio, il ciclo ruotante della vita nell’universo che segue l’archetipo del rinnovamento ciclico cosmico. Per la disposizione particolare dei disegni si crede che rappresenti una mappa stellare e si dice che i simboli scolpiti sulla roccia siano un codice da interpretare per aprire la porta dimensionale e viaggiare verso altre regioni dell'universo. Per quanto siano enigmatici i disegni e i simboli presenti su questa roccia non si sa con precisione su quali basi si sia sviluppata questa credenza. A dire il vero un ricercatore, Ivan Sanderson, ha condotto uno studio molto approfondito che in qualche modo lascia intravedere questa possibilità; ha elaborato infatti una mappa dei luoghi del pianeta che presentano delle anomalie elettromagnetiche, ed ha individuato dodici regioni in cui queste e altre alterazioni fisiche sono state associate alla manifestazione di fenomeni fisici insoliti e soprattutto in cui sono scomparsi senza lasciare traccia alcuni aerei e navi. Queste regioni che manifestano quindi delle importanti anomalie sono distribuite uniformemente sulla superficie della Terra, e sembrano avere una qualche relazione con la disposizione dei simboli delle croci celtiche di Sakwala Chakrai.
Se effettivamente ci fosse una relazione vorrebbe dire che l’antica mappa incisa sulla roccia dello Sri Lanka sarebbe niente di meno che una mappa degli stargate del pianeta. Secondo vari ricercatori non convenzionali esistono anche altri luoghi con queste caratteristiche, uno dei quali, forse il più antico, si troverebbe in Egitto, ad Abu Ghurab, che fa parte del complesso piramidale di Abu Sir. Secondo la ricostruzione degli archeologi questo sito, chiuso al pubblico, molto vicino alle grandi piramidi di Giza, era il più antico tempio dedicato al dio Sole, prima ancora di Ra. Anch’esso racchiude tre piramidi di granito rosso e ospitava un enorme obelisco che simboleggiava il contatto con il Dio Sole. Si racconta che i faraoni egizi della V dinastia, a cui il Tempio è attribuito, non lo costruirono ma lo trovarono già lì in rovina. Antistante l’obelisco si trova un'antica e stranissima piattaforma quadrangolare ricavata da un blocco unico interamente di alabastro con elementi che sembrano indicare le quattro direzioni. Al centro della piattaforma si intravede la base di una colonna che doveva essere altissima e che ora si trova spezzata e disseminata nei paraggi. Secondo quanto descritto negli antichi testi egiziani di Edfu, esseri senza forma, i mitici Neters, una specie di esseri extraterrestri o entità di pura energia che provenivano dalle stelle crearono una civiltà in Egitto. La tradizione orale esoterica dell’antico Egitto fa riferimento al tempio di Abu Ghurab, descrivendolo come un luogo in cui si poteva comunicare con queste entità dai connotati soprannaturali ma che a volte potevano assumere forma fisica grazie a portali come quello in alabastro, ricco di misteriosi simboli, presente ad Abu Ghurab. Era considerato un luogo sacro in cui il potere della risonanza armonica creata dalle vibrazioni del cristallo dell’Egitto, l’alabastro, adeguatamente attivata consentiva di entrare in armonia con le energie nascoste dell’Universo e con le entità che lo abitano.
Il Dr. Stephen Mehler nel suo libro In Land of Osiris fa riferimento alla tradizione orale indigena del posto che racconta come gli stessi Neters, in una sorta di forma fisica, una volta apparvero di persona ad Abu Ghurab. Questa tradizione egiziana sembrerebbe quindi descrivere uno stargate, poiché parlano di contatto con esseri extraterrestri, o extradimensionali (?) attraverso un portale creato dalle risonanze armoniche dell’alabastro. Esseri dalle forti analogie con quelli descritti dal leader spirituale Dhyani Yahoo dell'antica tradizione dei nativi americani Cherokee, secondo cui esseri di pensiero senza forma chiamati Tla cavalcarono un'onda sonora proveniente dall'ammasso stellare delle Pleiadi e attraverso un buco nello spazio apparvero nel Tennessee orientale e crearono il loro popolo. Mettiamo ora un attimo da parte gli stargate del lontanissimo passato e tuffiamoci in quelli del presente. Già, perché circola da tempo la testimonianza di un microbiologo statunitense, il dottor Dan Burisch ex dipendente delle forze militari segrete degli Stati Uniti, che afferma di essere stato coinvolto dalla famosa organizzazione segreta Majestic 12, nota agli appassionati di ufologia, in progetti segreti relativi alla sperimentazione di virus di natura aliena. Burish tra le dichiarazioni sconvolgenti che ha rilasciato relative all’esistenza della realtà aliena, di cui l’Area 51 in cui ha lavorato è, secondo la sua testimonianza, colma di prove, vi è anche quella della ricerca avanzata che il governo americano sta portando avanti da vari decenni sugli stargate. Egli afferma che si tratta di dispositivi realizzati sulla Terra, ma con tecnologia extraterrestre ottenuta dalla decifrazione di alcune sigilli cilindrici sumeri a caratteri cuneiformi ritrovati in Iraq durante il primo intervento militare (1991) ed il secondo (2003) in occasione della Guerra del Golfo da parte degli Stati Uniti e dei suoi alleati. Anche nell’Area 51, continua, ci sarebbe uno Stargate, uno dei 50 artificiali presenti sulla Terra, insieme a moltissimi altri naturali, anche se attualmente disattivati: accanto a questo enorme apparato si trova una piattaforma che permette di gettare l’oggetto all’interno del wormhole per viaggiare in altre stelle, teletrasportando persone o materiali da un posto all’altro istantaneamente. E cita l’esistenza di un programma molto sofisticato e altrettanto segreto, il Looking Glass, un meccanismo che opera sulla preveggenza.
Nonostante l’indiscussa e confermata attendibilità del personaggio non abbiamo prove assolute su quanto affermato, però la sua dichiarazione collima parecchio con quelle altrettanto sconvolgenti di un ex militare statunitense, Aaron Mc Collum, che è assolutamente convinto dell’esistenza di una “porta stellare” nello Yemen, nel Golfo di Aden, in prossimità del luogo dove nel 2009 fu registrata dalla sonda europea Cluster un’improvvisa e potentissima anomalia del campo magnetico, di cui si trovano le foto satellitari. Sarà forse una coincidenza ma dal quel momento quel luogo è divenuto, e lo è tuttora, affollatissimo di flotte navali militari dei governi di mezzo pianeta che sembrano esercitare una funzione di controllo sulla zona. E sarà un’altra coincidenza che dalle foto satellitari proprio in quell’area si individua la presenza di una stranissima struttura circolare suddivisa in raggi con un altro cerchio più piccolo al centro.; una struttura completamente isolata, inaccessibile e di cui non si sa praticamente nulla, se sia cioè recente o antica. Dunque dalle antichissime leggende alle moderne teorie scientifiche, dai reperti archeologici delle antiche civiltà agli esperimenti tecnologici militari dei giorni nostri, le porte dimensionali sembrano aver interessato attivamente l’uomo di ieri come quello di oggi, e come tante scoperte scientifiche e le loro applicazioni tecnologiche dei nostri tempi non sono altro che riscoperte di un sapere ancestrale custodito dalle grandi civiltà del passato, così potrebbe essere anche a riguardo degli stargate, e in questa intrigante prospettiva le antiche leggende sulla Porta di Hayu Marca, da dove siamo partiti, potrebbero ancora una volta, come la saggezza popolare da sempre suggerisce, riservare nel loro cuore un fondo di verità. Marco Pulieri, ricercatore della Ecospirituality Foundation, conduce la trasmissione “Archeomistery World” su Radio Dreamland www.radiodreamland.it |