Scienze |
L’entanglement e lo spettro dei problemi insolubili |
29 Gennaio 2020 | ||||
L’entanglement quantistico – il fenomeno che consente un’immediata azione a distanza fra particelle lontane – potrebbe restare misterioso. Una sua spiegazione esauriente equivale infatti a un quesito matematico che, secondo un nuovo studio ora al vaglio della comunità scientifica, sarebbe impossibile da risolvere. Albert Einstein, com'è noto, affermò che la meccanica quantistica dovrebbe consentire a due oggetti di influenzare istantaneamente i rispettivi comportamenti pur essendo lontanissimi tra loro, un fenomeno che chiamò “un'inquietante azione a distanza”. A decenni dalla sua morte, che ciò avvenga è confermato sperimentalmente, ma tuttora non è chiaro quanta coordinazione tra oggetti distanti permetta la natura. Ora cinque ricercatori dicono di aver risolto un problema teorico che dimostra che la risposta è, in linea di principio, inconoscibile. Il loro articolo di 165 pagine è apparso il 14 gennaio sul sito di preprint arXiv e non è stato ancora sottoposto a peer review. Se sarà confermato, avrà risolto in un colpo solo una serie di problemi correlati di matematica pura, di meccanica quantistica e della branca dell'informatica nota come teoria della complessità. In particolare, risponderebbe a un quesito matematico rimasto aperto per più di 40 anni. Se la dimostrazione è corretta, "è un risultato bellissimo", afferma Stephanie Wehner, fisica quantistica teorica alla Delft University of Technology, nei Paesi Bassi. Al centro dell'articolo c'è una dimostrazione di un teorema di teoria della complessità, cioè lo studio dell'efficienza degli algoritmi. Ricerche precedenti avevano dimostrato che questo problema è matematicamente equivalente alla questione dell'inquietante azione a distanza, vale a dire l'entanglement quantistico. È però intrinsecamente impossibile per i due giocatori calcolare una strategia ottimale, dimostrano gli autori, e ciò implica che è impossibile calcolare quanta coordinazione possano teoricamente raggiungere. “Non esiste un algoritmo che ci dica quale sia la massima violazione che possiamo ottenere nella meccanica quantistica”, afferma uno degli autori, Thomas Vidick, del California Institute of Technology a Pasadena. Quando il lavoro è stato pubblicato sul sito, la notizia si è diffusa rapidamente sui social media, suscitando molto interesse. “Pensavo che si sarebbe rivelato uno di quei problemi di teoria della complessità che trovano una soluzione solo dopo un secolo”, ha twittato Joseph Fitzsimons, amministratore delegato di Horizon Quantum Computing, una start-up di Singapore. «La cosa mi rende nervosissimo», ha commentato un altro fisico, Mateus Araújo dell'Accademia delle scienze austriaca di Vienna. “Non avrei mai pensato di vedere questo problema risolto nel corso della mia vita.”
Proprietà osservabili Dal punto di vista della matematica pura, il problema era noto come problema dell'embedding di Connes, che prende nome dal matematico francese e medaglia Fields Alain Connes. È un problema di teoria degli operatori, una branca della matematica nata negli anni trenta dal lavoro svolto per creare le basi della meccanica quantistica. Gli operatori sono matrici di numeri che possono avere anche un numero infinito di righe e colonne e che svolgono un ruolo cruciale nella teoria quantistica, in cui ogni operatore codifica una proprietà osservabile di un oggetto fisico. In un articolo del 1976, Connes, usando il linguaggio degli operatori, chiedeva se i sistemi quantistici con infinite variabili misurabili si possano approssimare con sistemi più semplici che ne hanno un numero finito. L'articolo di Vidick e collaboratori mostra che la risposta è negativa: ci sono, in linea di principio, sistemi quantistici che non possono essere approssimati da sistemi “finiti”. Secondo il lavoro del fisico Boris Tsirelson, che ha riformulato il problema, ciò significa anche che è impossibile calcolare la quantità di correlazione che possono avere attraverso lo spazio due di questi sistemi quando si trovano in entanglement. Campi distinti La dimostrazione ha sorpreso gran parte della comunità. “Ero certo che il problema di Tsirelson avesse una risposta positiva”, scrive Araújo nei suoi commenti, aggiungendo che il risultato ha scosso la sua convinzione di base che “la natura sia in qualche vago senso fondamentalmente finita”. Ma questi risultati probabilmente non hanno ricadute tecnologiche, dice Wehner, perché tutte le applicazioni usano sistemi quantistici “finiti”. Anzi, potrebbe essere difficile anche solo concepire un esperimento in grado di mettere alla prova la stranezza quantistica su un sistema intrinsecamente “infinito”, aggiunge. Trovandoci alla confluenza della teoria della complessità, dell'informazione quantistica e della matematica, ci sono pochissimi ricercatori che possono affermare di essere in grado di cogliere tutte le sfaccettature di questo articolo. Lo stesso Connes ha dichiarato a “Nature” di non essere qualificato per commentare. Ha però aggiunto di essere rimasto sorpreso dalle ramificazioni che sono emerse. “È sorprendente che il problema sia andato così in profondità: non l'avevo mai previsto!” L'originale di questo articolo è stato pubblicato su "Nature" il 16 gennaio 2020. Traduzione di Daniele A. Gewurz |