Tradizioni Celtiche

Spiritualità e lavoro nel Giardino dei Druidi

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23 Gennaio 2014

Uno scorcio del “Santuario” di Eileen Caddy, il giardino realizzato a Findorn dalla sua fondatrice sui principi del “giardino druidico”

Alla ricerca della sintonia con l’intima essenza della Natura. Il principio di “Ascendi et Labora” nel giardino dei druidi per trovare benessere e intuizioni spirituali. La realizzazione di un giardino come riferimento e ristoro delle necessità più intime dell’anima di ogni individuo che cerchi benessere e conoscenza attraverso una esperienza ecospirituale nella Natura


Nemeton, il bosco sacro dei druidi – Terza Parte

Il “Nah’barsi” e il principio dell’ “Ascendi et Labora” druidico

Nella ricerca di una situazione agreste che ripetesse l’esperienza vitale del Bosco sacro in cui trovare spazio per la propria pratica di contemplazione e una fonte di cibo che rispettasse l’orientamento vegetariano l’antico sciamanesimo druidico aveva realizzato quello che si conosce come il “Gala druji”, ovvero il “giardino druidico”.

Un’opera agricola, per metà concepibile come un vero e proprio giardino e per l’altra metà come un orto che seguiva l’insegnamento della Natura nella sua caratteristica di autosufficienza propria delle foreste di tutto il pianeta. Un’impresa che riecheggiava la celebrazione storica e morale del druidismo nel ricordo del Giardino dell’antico Eden, dove le sorgenti e le piante davano spontaneamente di che nutrire i primi progenitori dell’umanità, o il “Tír Na Nòg” celtico, la terra verde, fonte dell’eterna giovinezza.

L’antico sciamanesimo druidico vedeva nel lavoro di creazione e di manutenzione del giardino druidico l’applicazione del principio che possiamo esprimere nel lessico latino di “Ascendi et labora”, ovvero “realizzati interiormente e dai vita alla tua creatività coerentemente armonica”. Un principio definito come ecospirituale, che contraddistingue tutti i Popoli naturali e che si distingue dal massificante principio di “ora et labora” dove l’individualità di ciascuna persona è sommersa dalla collettività monasteriale.

Un principio che si interpreta innanzitutto con la realizzazione della propria armonia interiore, attraverso la meditazione, e quindi si manifesta, come lo specchio di quella interiore, attraverso la propria armonica attività creativa esteriore. Una creatività attuata attraverso l’operatività manuale e artistica, in un rapporto di rispetto verso gli altri, l’ambiente e di tutta la vita manifestata dalla Natura.

Un principio che per lo sciamanesimo druidico si manifestava nel lavoro di realizzazione e di manutenzione del giardino e nella pratica della contemplazione realizzata nel passeggiare al suo interno una volta che questo era realizzato.

All’attività introspettiva dell’”Ascendi” per l’antico sciamanesimo druidico era congeniale l’applicazione dell’esperienza del “Nah’barsi”, considerata dai druidi come la più elementare forma di meditazione, che consentiva di sottrarsi al “rumore” prodotto dalla mente sviluppando lo stato di consapevolezza interiore in cui trovare l’armonia che poi sarebbe stata riversata nel lavoro del giardino stesso. Un principio applicabile come riferimento per ogni altra possibile opera umana.


Un esempio di orto urbano. Realizzati durante il periodo bellico della Seconda Guerra Mondiale, gli orti urbani servivano per l’approvvigionamento cittadino di ortaggi e oggi sono rimasti come bricolage agreste e supporto psicologico per pensionati e manager stressati

Il Nah’barsi, ovvero “il rifiuto di ascoltare il barsi dei pensieri e delle emozioni indotte soggettivamente della mente, unito al lavoro manuale dell’operatività richiesta dal giardino contribuiva a trovare una efficace e facile pace interiore che accompagnava gli antichi sciamani nella vita anche al di là della loro presenza nel Gala druji.

Del resto è cosa nota che l’applicazione manuale data ad un giardino o ad un orto porta a sviluppare benessere psico-fisico e a realizzare un sano sostentamento nutrizionale di tipo vegetariano. Già un semplice orto agricolo può diventare una fonte di benessere psichico e intuivo nel contatto con le forze elementali della Natura.

Possiamo citare in merito il caso degli “orti di guerra”. Questi orti erano realizzati in minuscoli appezzamenti ricavati ai bordi delle città europee nel periodo della Seconda Guerra Mondiale dai cittadini che avevano la necessità di coltivare ortaggi per sopperire al sostentamento più economico delle loro famiglie.

Al termine del periodo bellico, quando la situazione socioeconomica si è venuta a normalizzare, questi orti hanno continuato a sussistere convertendosi in “orti di affezione” dove le persone che li accudiscono, soprattutto pensionati in cerca di svago e manager stressati, si dedicano alla coltivazione degli ortaggi per incentivare e mantenere un sollievo psicologico. Situazioni che assumono indubbi aspetti di supporto terapeutico contribuendo a dare aiuto a problemi fisici su base motoria, circolatoria e cardiaca. Orti che in certi casi sono divenuti anche occasione di aggregazione sociale della popolazione dei quartieri di molte grandi città, soprattutto italiane, che le amministrazioni comunali hanno definito come “orti urbani” fornendo grandi appezzamenti resi disponibili in parchi situati all’interno della dimensione urbana, o nelle periferie, procurando gratuitamente gli attrezzi con cui lavorarli.

Un esempio significativo del ruolo antistress degli “orti di affezione” ce lo offre la NASA nello spazio. L’Ente spaziale americano ha infatti realizzato un vero e proprio orto sulla ISS, la Stazione Spaziale Internazione, in orbita oramai da anni intorno alla Terra. Ideato da una parte per consentire agli astronauti dell’equipaggio di poter mangiare verdure fresche, dalle zucchine alla lattuga romana, senza dover aspettare l’arrivo dei carghi di rifornimento inviati periodicamente, ma anche per dare la possibilità agli astronauti di ritrovare un rapporto diretto con la Natura lasciata a terra e trovare occasioni di rilassamento psicologico nell’accudirlo.

La storia degli orti coltivati nel rispetto della Natura e con l’apporto psicologico dei suoi curatori segue un lungo cammino storico in cui si sono manifestati personaggi come l’austriaco Rudolf Steiner con le teorizzazioni dell’ “orto dinamico” e il giapponese Fukuoka con quelle dell’ “orto sinergico” che hanno esaltato le proprietà della coltivazione naturale. Un fatto che ha rivelato l’importanza che viene riconosciuta alla Natura sul piano umano oltre che per l’approvvigionamento alimentare.

Un esperimento di Giardino druidico, con funzioni pilota, venne attuato anni orsono anche presso Dreamland in Piemonte, la terra considerata sacra dalle tradizioni autoctone locali, e dove è stato costruito il grande cromlech, un cerchio di pietre erette realizzato per dare una testimonianza della cultura dei Nativi europei sul piano simbolico e storico oltre che servire come strumento di studio per l’archeoastronomia. Attualmente è allo studio lo sviluppo sul territorio di un progetto per l’attuazione del Giardino druidico secondo le sue caratteristiche tradizionali.


L'inizio

Il “Gala druji”, o “giardino druidico”, rappresentava per l’antico sciamanesimo druidico un’opera di coltivazione di natura mista che costituiva una fonte per l’alimentazione vegetariana e contemporaneamente per la dimensione del sacro, fortemente vissuta nella pratica contemplativa dei druidi.

Per la realizzazione del giardino druidico era consuetudine scegliere un preciso terreno. Innanzitutto doveva trovarsi sul posto una fonte d’acqua naturale, sgorgante preferibilmente al livello del suolo, che veniva a costituire il punto in cui sarebbe stata realizzata la prima aiuola centrale, attorno alla quale veniva sviluppata in seguito tutta la struttura del giardino.

La struttura del Gala druji era costituita da un complesso di dodici aiuole, contornate da sentieri di varia misura, coltivate a coltura mista tra ortaggi e varie altre piante. Struttura che ripeteva i simbolismi propri delle radure del Bosco sacro e dei grandi cerchi di pietra usati dai druidi sia come luoghi di pratiche cerimoniali che di osservazione astronomica. Il numero delle aiuole simboleggiava anche l’antico testo del Tai Saar i Mnai, “Libro del Cielo e della Terra”, il testo di riferimento della Tradizione dell’antico sciamanesimo druidico in cui erano riportate le basi della sua cosmologia e la narrazione del percorso storico di tutta l’umanità avvenuto dai tempi arcaici alle soglie del nostro millennio.

Le aiuole del giardino druidico venivano realizzate in due modalità. Se il luogo scelto per la realizzazione del giardino era costituito da terreno fertile, questo non veniva lavorato in alcun modo e si preservava il terreno di ciascuna aiuola scavando solamente un basso sentiero di contorno. Se invece il terreno del luogo prescelto, per forza di cose, non aveva buone caratteristiche fertili, si provvedeva a realizzare le aiuole a mezzo del riporto di terreno adatto. In ogni caso attorno a ciascuna di essa veniva posto un anello di protezione costituito da una sequenza di bassi tronchetti, spaccati a metà e emergenti dal terreno appena in grado di contenere lo strabordare della terra.

Tutte le aiuole erano realizzate in modo che la superficie coltivabile non rimanesse completamente in piano per impedire i ristagni d’acqua piovana che potevano portare alla marciscenza delle radici.


Una parte dell’orto esistente sulla ISS, la Stazione Spaziale Internazionale, realizzato e curato dagli astronauti

Intorno al giardino venivano anche posizionate strutture con funzione di frangivento, alcune costituite da semplici pannelli di rami e paglia intrecciati e altre più robuste, che potevano essere anche abitative, posizionate sulla direzione di massima portata del vento.

Era anche cura dei realizzatori del “giardino druidico” valutare il suo estetismo, facendo in modo che i vari elementi che lo costituivano si abbinassero in una sorta di armonia di vuoto e di pieno nei colori, nelle forme e nei profumi, arricchendolo in questa prospettiva, di volta in volta, con sapiente maestria.


L’agricoltura applicata al giardino

La logica del giardino prevedeva che le aiuole venissero suddivise in varie aree di predominanza di semina. Alcune venivano destinate agli alberi da frutta, altre agli ortaggi e altre alle piante officinali.

Tuttavia in ciascuna aiuola erano sempre presenti vari tipi di ortaggi, alberi da frutta, cespugli a fiore, erbe aromatiche, fiori e piante officinali.

Imitando quanto avviene naturalmente in un sottobosco non era prevista alcuna fertilizzazione del terreno delle aiuole. Le parti delle piante che cadevano naturalmente al suolo avrebbero costituito da sole un contributo di fertilizzante naturale. Nella fase della raccolta della frutta e degli ortaggi, a questo scopo, venivano lasciati cadere sul terreno dell’aiuola tutti gli scarti e le rimanenze della coltivazione che, marcescendo, da sole avrebbero portato a creare un fertilizzante naturale.

Tuttavia per creare maggiormente la funzione svolta dal sottobosco, al di sopra di ogni aiuola veniva posata con delicatezza una protezione costituita da uno strato di materiale composito naturale utilizzando foglie raccolte ancora umide, residui d’erba dei prati o di radici e parti scartate dei raccolti, corteccia sminuzzata proveniente da vari alberi a terra, una certa misura di carbone di fuoco sminuzzato, fili di paglia intera e sminuzzata e ghiaietta per dare un minimo di spaziatura di arieggiamento tra il materiale della protezione.

La protezione costituiva l'applicazione del principio della serra e aveva lo scopo di favorire la naturale autofertilizzazione del terreno che avveniva attraverso il trattenimento di tepore e di umidità, evitando che si formasse una crosta di terreno secco, e del deposito vegetale lasciato dalle stesse piante. Aveva anche lo scopo ultimo di proteggere la struttura dell’aiuola dall'erosione dovuta al vento e all'azione della pioggia battente.

La protezione veniva posizionata lasciando piccoli tratti scoperti dell’aiuola per l’azione naturale del sole e degli eventi atmosferici. Venivano praticati saltuari passaggi che portassero minimi contributi di aria esterna e di acqua piovana sino all’interno del terreno.

Per quanto riguardava le zone adibite prioritariamente a semina di ortaggi venivano posizionate sulle colture una sorta di tetti di paglia intrecciata sostenuti da archi di legno. Questi tralicci servivano anche per lo sviluppo degli ortaggi di tipo rampicante.

Seguendo l’insegnamento di quel che accade per qualsiasi foresta di qualsiasi regione del pianeta, il giardino non veniva innaffiato artificialmente lasciando che provvedessero al bisogno l’umidità indotta dai piccoli rivoli che si dipartivano dalla pozza centrale e le condizioni meteorologiche che seguivano i protocolli naturali previsti da Madre Terra. Solo in caso di evidente e prolungata siccità veniva spruzzata con cautela l’acqua necessaria.


Metodi di semina e di lavoro

Le aiuole venivano trattate una sola volta all’inizio della loro realizzazione. Dopo la prima semina, per quanto riguardava gli ortaggi e le piante da frutto, non veniva più eseguita alcuna applicazione lasciando che il giardino provvedesse a rigenerarsi da solo con le sementi lasciate dalle piante che avevano terminato il loro ciclo vitale. Era previsto che ad ogni stagione ci fosse la gemmatura e la fioritura di vegetazione scelta e precedentemente seminata secondo le condizioni climatiche consentite dalla latitudine in cui sorgeva il giardino druidico. In seguito si provvedeva ad innestare secondo bisogno e volontà altre tipologie di vegetali.


Eileen Caddy, fondatrice della Findhorn Community, con Giancarlo Barbadoro ai tempi della loro collaborazione che ha portato alla nascita del New Earth Circle

La creazione del Gala druji non avveniva in tempi brevi e il suo completamento poteva richiedere come minimo un anno.

In una prima fase si provvedeva, nel periodo autunnale, alla posa degli alberi. Prima di tutte venivano piantati alberi da frutto adulti, quindi con la posa nel terreno, subito dopo, piantine giovani di circa un anno di età accompagnate da paletti di sostegno. Si credeva che le radici di queste piante preparassero la consistenza del terreno e attivassero la sua fertilità. A questo stesso scopo si lasciava che per sei mesi il terreno delle aiuole venisse inseminato da varie tipologie di erba spontanea.

La messa a dimora degli alberi da frutta era poi completata con l'inseminazione delle aiuole utilizzando semi raccolti dai frutti di piante adulte. Veniva fatto un foro a pressione nel terreno con un apposito tronchetto, quindi il seme era fatto cadere dentro alla piccola buca, profonda pochi centimetri, che veniva conseguentemente ricoperta delicatamente con la terra.

Nella posa delle piantine giovani venivano scavate buche grandi e proporzionate allo sviluppo del tipo d'albero perchè le radici avessero in seguito uno spazio di sviluppo facilitato nella terra smossa e non troppo compatta. Tutte le piante da frutta erano messe a dimora posizionandole alla distanza minima di circa 4 metri l'una dall'altra.

Solo dopo sei mesi, e anche dopo un anno, si provvedeva alla semina degli ortaggi che venivano aggiunti, seminati e poi raccolti nel corso dell'anno secondo un preciso calendario, che in tempi recenti della storia delle popolazioni celtiche si riferiva alle lunazioni. Stessa opzione usata per quanto riguardava i fiori, le erbe aromatiche e le piante officinali.

Il tutto veniva eseguito senza insistere con l'irrigazione per consentire una selezione spontanea delle piante e dei fiori che risultavano essere più robusti e meno necessari di manutenzione.

Per adeguarsi a quanto accade naturalmente in una foresta, gli antichi druidi ritenevano che per gestire al meglio il giardino era necessario non lavorare la terra delle aiuole, né con l’aratura o zappatura per non sconvolgere il terreno di spontanea natura fertile ritenendo che esso possedesse, dopo sei mesi o un anno di attesa, già un suo equilibrio.

Poiché era evidente che nella foresta avenisse una selezione naturale della vegetazione ospitata operata spontaneamente dalle piante che sono in grado attirare a sé quelle utili e ad allontanare quelle indesiderate e dannose, gli antichi druidi seminavano nel loro giardino accostando tra di loro piante che potevano darsi un reciproco aiuto e rigenerazione del terreno avvicinando gli ortaggi tra di loro a seconda della giusta miscellanea dei sapori e della loro compatibilità.

Le male erbe non venivano mai estirpate facendo parte anche loro dell’ecositema congenito del giardino. La protezione messa per il mantenimento dell’habitat e della struttura di ciascuna aiuola e l’azione delle eventuali piante contrastanti seminate in precedenza portava il giardino a un suo equilibrio naturale.

Le piante non necessitavano neppure della potatura se non per la raccolta degli ortaggi e della frutta. Non venivano mai recisi i fiori per essere usati come ornamento personale o nelle abitazioni, in quanto veniva rispettata la loro dimensione di vita.

Gli ortaggi seminati venivano classificati secondo le parti che li caratterizzavano e che venivano raccolte e consumate. Il verde commestibile veniva identificato in quello da radice come carote, patate, cipolle e aglio; in quello da foglia come la lattuga, gli spinaci e i cavoli; in quello rampicante come i fagioli e i pomodori; in quello da seme come piselli, pomodori, cereali, zucche e zucchine.

Le piante da frutto messe in opera erano sovente il melo, il limone, il pero, il nocciolo, il noce, la quercia e le piante olifere.

Nella realizzazione dell’orto druidico erano classificate anche le piante aromatiche come il basilico, il rosmarino e l’alloro. La stessa cosa avveniva per le piante officinali come ad esempio l’uva ursina, la salvia e la rosa canina.

Nella classificazione del giardino erano contemplate anche le piante rampicanti da ornamento come l’edera, le piante da fiore come ad esempio il geranio e la margherita e le piante alte da fiore come gli arbusti della dalia e della la rosa.


Semina e raccolto secondo le lunazioni

Gli antichi druidi dell’epoca celto-gallica, nel creare giardini e nell’ampliarli, seminavano e raccoglievano gli ortaggi seguendo le lunazioni a seconda dei tipi di vegetali, secondo un preciso calendario lunare.

In precedenza, all’epoca della civiltà del bacino fertile dell’attuale Mar Nero, l’antico sciamanesimo druidico si rivolgeva alla comparsa in cielo delle varie costellazioni celesti. Tuttavia gli antichi druidi celto-gallici avevano preso a riferirsi alle fasi della Luna come metodo facile da insegnare alle loro comunità considerandolo più semplice da ricordare e da osservare.


Le fasi lunari come appaiono in cielo. Erano utilizzate dagli antichi druidi come indicazione per la semina e la raccolta dei frutti e degli ortaggi

Questo sia per non entrare nel merito delle conoscenze esoteriche legate alle costellazioni e sia per sancire storicamente il passaggio dell’umanità dall’epoca degli antichi dei a quella del loro abbandono della Terra per rifugiarsi in Asgard, avvenuto a seguito del Ragnarok, il terribile conflitto planetario descritto dall’Edda finnica.

Il riferimento alle lunazioni costituisce ancora oggi per molti agricoltori la loro modalità di lavoro della terra e di gestione dei suoi frutti. Una modalità rimasta come eredità delle conoscenze della cosidetta “Antica religione” celtica, sopravvissute alle epurazioni della Chiesa medievale, assieme a tante altre conoscenze come ad esempio i famosi “rimedi della nonna” che tutto guariscono in maniera naturale sfidando i dogmi ideologici e commerciali del mondo maggioritario.

Gli antichi druidi calcolavano il loro tempo agricolo in mesi lunari di 29 giorni ciascuno, suddiviso nelle due fasi opposte della luna. I due segnali astronomici, quella di “Luna crescente” e di “Luna calante”, risultavano facili e inequivocabili da osservare nel cielo. Quando la “gobba” illuminata della luna si presentava verso ponente era considerata di crescita, al contrario quando si presentava verso levante era vista come calante. Le fasi di Luna “piena” e “nuova” rimanevano destinate soprattutto per le celebrazioni rituali.

Le lunazioni non riguardavano solamente gli ortaggi e le piante. Gli antichi druidi non si limitavano infatti alla sola realizzazione del giardino druidico, ma provvedevano anche alla coltivazione massiva di frumento, di orzo, di mais e altri cereali. Spesso, a fianco di grandi agglomerati urbani, il giardino druidico era solitamente realizzato all’interno di un’area protetta da alberi non fruttiferi, cresciuti naturalmente, che si trovava ad essere circondata da ampi terreni che all’epoca dei gallo-celti venivano anche seminati a cereali. Cosa che è rimasta ancora oggi nelle abitudini di molte coltivazioni contadine dove si riserva al centro dei campi arati una piccola zona alberata dove riposarsi e rinfrancarsi dalla calura del giorno.

Per quanto riguardava la semina di ortaggi, piante e frumento era previsto che andassero seminati e raccolti in momenti in cui la luna si presentava come “luna crescente” e altri in momenti di “luna calante” ovviamente a seconda delle esigenze climatiche imposte dalle quattro fasi stagionali risultanti dal movimento della Terra attorno al Sole.

Era credenza, ad esempio, che il frumento e gli ortaggi da foglia dovevano essere seminati quando la luna era in fase crescente. Si riteneva che quando la luna era in fase ascendente la linfa vitale delle piante fosse attratta verso la loro sommità e potesse in tal modo donare frutti migliori rappresentando anche il momento adatto per procedere alla raccolta e agli innesti. In questa fase venivano raccolte le erbe officinali e gli ortaggi da frutto come i fagioli, i piselli, il mais, i pomodori, gli zucchini e le zucche. Assieme ai vari ortaggi da radice come le barbabietole, le rape, le carote, i ravanelli e le patate.

In merito alla semina del frumento c’era anche la consuetudine che suggeriva di procedere, verso l’autunno, mentre tramontava in cielo la costellazione delle “Pleiadi”.

Per quanto riguardava il periodo della luna in fase calante, l’antico druidismo riteneva che i succhi vitali delle piante si ritirassero verso le loro radici e che quindi era preferibile attuare la raccolta degli ortaggi da radice in questo periodo. Tutti questi ortaggi, ad esempio cipolle e barbabietole, si sarebbero conservati meglio. In luna calante veniva consigliato di seminare basilico, bietola da costa, cavoli, cicorie e lattughe da cappuccio, cipolle, indivie e scarole, finocchi, sedano, spinaci e valeriana.

Il periodo che era considerato inadatto per provvedere alle semine era rappresentato dai giorni di eclissi e di “luna nuova” che venivano riservati alle pratiche celebrative.



Un esperimento di giardino druidico realizzato anni orsono a Dreamland nel Parco della Mandria. Nella foto: la visita all’orto di Dreamland dei compianti leader Apache Ola Cassadore e Mike Davis, qui con Rosalba Nattero, in visita nella Terra Sacra e intenti a valutare i risultati dell’esperimento

Vivere il giardino in armonia e spiritualità

La tradizione druidica concepiva che il giardino non fosse solamente un luogo dove raccogliere frutta e ortaggi, ma lo intendeva come un’opera che celebrava i valori fondamentali della Natura. Nel concetto mistico di una Madre Terra che dopo aver dato loro l’esistenza sul pianeta li manteneva in vita attraverso i frutti del suo corpo e li portava alla poesia dello spirito attraverso l’aspetto incantato con cui si mostrava.

Come per l’esperienza vissuta nel Bosco sacro, al giardino druidico veniva attribuita anche una dimensione magica in cui era possibile trovare un contatto con le forme di vita che abitavano l’invisibile mondo della Matchka, che secondo la cosmologia sciamanica accompagna quello visibile del Nara quotidiano. Accettando la bellezza e la pace del giardino esse si concedevano di apparire ai druidi in meditazione.

Il Gala druji era anche il luogo dove apparivano spontaneamente, richiamati alla vita del visibile, i defunti, soprattutto nel periodo della celebrazione di Samain, il momento dell’anno in cui i due mondi del Nara e della Matchka si incontravano creando naturali passaggi.

I druidi avevano anche la consuetudine di parlare alle piante del giardino per trarne ispirazione interiore oppure per renderle amiche e consapevoli dei bisogni della loro comunità al fine che divenissero generose nella produzione degli ortaggi. I druidi in questo caso provvedevano ad allietare le piante con la loro musica antica, la Nah-sinnar, che eseguivano con la voce o con il flauto. Musica che, secondo le loro credenze, portava ad unirsi negli stessi archetipi vibrazionali di cui tutto l’universo era parte e permetteva di comunicare con gli esseri elementali che catalizzavano le piante.

Accadeva anche che in certi punti specifici del giardino, considerati di potenza geomagnetica, venissero impiantate dai druidi nel terreno grandi spirali di rame, le “kels”, per favorire la crescita superlativa di alcuni ortaggi, ottenendo ad esempio zucche, cavoli e altro ancora di dimensioni fuori dall’ordinario. Era consuetudine anche la posa nel terreno, in questi punti del giardino, di lunghi cristalli di quarzo biterminati per dare una protezione magica al luogo e consentire una migliore salute delle piante.

Il giardino druidico rappresentava una dimensione che era il teatro delle passeggiate contempaltive dei druidi intenti a rimirare le armoniose proporzioni e colori del giardino e in qualche caso per provvedere ad accudirlo premurosamente quando ve ne era bisogno o arricchirlo esteticamente in un’opera che non cessava mai di progredire. Una dimensione che accoglieva i meditanti che si soffermavano sulle piazzette a fianco delle aiuole per coinvolgere nella loro esperienza di armonia interiore l’attenzione archetipale delle piante e fondersi in un tutt’uno proteso a vivere il Mistero mistico che si trova ad essere immanente a tutte le cose.


L’orto moderno come “luogo d’arte e di benessere”

I principi pratici e morali suggeriti dalla realizzazione del “Gala druji”, il giardino druidico, possono essere ancora oggi una guida per la realizzazione di “orti di affezione” e “orti di città”.

Principi seguiti da una moltitudine di contadini del continente e oltre. Sicuramente seguiti per la realizzazione del giardino sacro della compianta Eileen Caddy, la fondatrice della comunità scozzese di Findhorn, che essa definiva come il suo “Santuario”.

La comunità spirituale di Findhorn è stata una guida per la moderna corrente della New Age ed ha avuto una vasta risonanza mondiale quando, nel suo orto, si sono verificati effetti straordinari come la produzione di verdure di dimensioni gigantesche e di gusto particolarmente saporito, nonostante nascessero in una landa desolata spazzata dal vento. Eileen Caddy sosteneva che era l’effetto dell’energia luminosa che lei e gli altri membri della comunità dedicavano al “Santuario”.

I principi del “Gala druji” sono stati probabilmente utilizzati anche da molti altri ricercatori innovativi nel campo dell’agricoltura naturale moderna, come l’europeo Rudolf Steiner con il suo “orto dinamico” e il giapponese Masanobu Fukuoka con il suo “orto sinergico”, che devono essersi certamente ispirati all’antica conoscenza lasciata in eredità dalla sapienza dell’ “Antica religione” dei propri Paesi.

Per questo mondo essenzialmente dominato dalla poca conoscenza sul rapporto con la Natura, gli orti possono divenire occasionali “luoghi d’arte e di benessere” in cui ognuno può esercitarsi nella massima druidica dell’ “Ascendi e labora”.

Luoghi in cui oltre a produrre cibo sano e a basso costo viene realizzato anche un contatto con l’ambiente naturale che sorge spontaneo e incessante su tutto il pianeta, trovando uno stimolo per sviluppare una sana alimentazione vegetariana e per attuare un concreto benessere psico-fisico

Luoghi che possono stimolare l’attenzione alla salute e all’evoluzione dell’anima con cui dare un senso migliore alla propria esistenza e giungere ad una concezione ecospirituale di vita per un contributo di benessere e di evoluzione all’umanità e a tutte le creature che abitano il nostro pianeta.


Il giardino druidico è identificabile nei simboli della struttura dello Stone circle di Dreamland


www.giancarlobarbadoro.net


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