Ambiente

La Siberia brucia

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11 Agosto 2019
La Siberia brucia


Normalmente quando si pensa al “polmone del mondo” ci viene subito in mente la foresta Amazzonica, ma anche la Siberia, quel pezzo di terra innevata per molti mesi all'anno che si stende per 13 milioni di Km² nell'Asia Settentrionale, dagli Urali al Pacifico e poi fino alle rive del mare Artico, contribuisce a dare ossigeno al pianeta. In questa terra vivono pochi milioni di abitanti raggruppati in città come Novosibirsk, Irkustk, in villaggi di zone rurali. Si apprezzano escursioni termiche di quasi 40º C fra estate e inverno (si passa dai -40° C nella media di gennaio ai 15°, massimo 20° C nel mese di luglio). Eppure la vegetazione è molto varia: nella zona artica si stende la tundra, con arbusti e betulle nane, il suolo è formato da torbiere che in estate si coprono di muschi e licheni; a sud del Circolo Polare Artico la tundra lascia il posto alla tajga, che si stende fino al Pacifico, il dominio forestale più vasto al mondo con pini, abeti, larici, cedri siberiani, betulle, acquitrini e torbiere; nella parte più meridionale vicino ai grandi fiumi, la foresta lascia spazio alla steppa, una vasta zona erbosa composta da graminacee e piante a bulbo.

In questi territori si possono incontrare renne, orsi, lupi, alci, caprioli, zibellini, scoiattoli, volpi, lepri, rapaci, linci e palmipedi.

Un'altra ricchezza è data da minerali come oro, nichel, piombo, carbone, gas naturale e petrolio, oltre al legname, l'oro verde.

La Siberia brucia

Un patrimonio da preservare dunque, ma da molte settimane, alcuni residenti sostengono addirittura da mesi, la zona orientale sta bruciando. A causa dei cambiamenti climatici il mese di giugno è stato molto caldo e secco, il giugno più caldo su scala mondiale secondo l'Amministrazione oceanografica e atmosferica statunitense. Si ritiene che l'Artico si stia surriscaldando a velocità doppia rispetto al resto del pianeta, in queste zone le temperature sono state fra gli 8° e i 10°C più elevate rispetto al normale, facendo seccare il suolo e inaridendo i corsi d'acqua. Probabilmente alcuni focolai sono stati innescati dai fulmini e la vegetazione stopposa, oltre alla torba del suolo, ha fatto si che le fiamme si propagassero veloci al territorio circostante. Il Servizio europeo di osservazione dell'atmosfera Copernico sostiene che gli incendi abbiano finora sprigionato le emissioni annuali di anidride carbonica del Belgio, cioè più di 100 milioni di tonnellate di CO2 oltre ad altri inquinanti come azoto, zolfo e polveri sottili. Il fumo, molto pericoloso per animali e uomini, rimane nell'atmosfera per molto tempo modificando le temperature con un impatto climatico e metereologico devastante. Inoltre, le particelle di fuliggine finiscono anche nei ghiacci dell'Artico, con un conseguente scioglimento più veloce del Permafrost, il terreno perennemente gelato che ha al suo interno un'enorme quantità di carbonio e metano, e chissà che altro.

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Secondo i dati di Greenpeace Russia stanno ancora bruciando 4 milioni di ettari di foresta, più o meno le regioni Lazio e Toscana messe insieme, mentre 12 milioni di ettari sono già stati divorati dalle fiamme, un'area più grande del Portogallo.

Una portata così vasta fa pensare a inneschi dolosi. Secondo le indagini, i primi roghi sarebbero cominciati già a marzo, per occultare la deforestazione illegale atta a fornire grandi quantità di legname di contrabbando alla Cina, un disboscamento segnalato più volte dai residenti.

Quello che più preoccupa gli studiosi sono i terreni di torba ricchi di carbone che, bruciando, rilasciano metano e CO2 in grandi quantità, perdendo molti assorbitori di carbonio che non si possono riformare in tempi brevi. Inoltre essendo fuochi sotterranei, oltre a non poter venire monitorati potrebbero raddoppiare gli incendi. In pratica questa regione è come un braciere sempre acceso che bisognerebbe inondare con miliardi di litri d'acqua per poter spegnere definitivamente.

La mancanza di piogge o temporali nei prossimi giorni peggiora una situazione sottovalutata fin dall'inizio. I soccorsi sono partiti in ritardo motivati dai costi troppo elevati per intervenire in terre così lontane, disabitate e prive di zone economicamente rilevanti. Il governo ha preferito aspettare sperando che il fuoco si spegnesse da solo, ma ora è completamente fuori controllo. Favorito da temperature di circa 30°C e sostenuto dai forti venti prodotti dalle fiamme stesse si sta avvicinando ai centri abitati.

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Vigili del fuoco, squadre di volontari, esercito si stanno mobilitando per fronteggiare questo disastro ambientale che ha già causato la morte di centinaia di migliaia di animali, che possono solo fuggire per cercare cibo e acqua. Fortunatamente i residenti fanno di tutto per aiutarli. Questo il racconto di un volontario impegnato a spegnere le fiamme: «Un orso è uscito dalla foresta in fiamme: magro, con parte della pelliccia bruciacchiata, stremato.
Si è avvicinato agli uomini impegnati a spegnere l’incendio senza mostrarsi aggressivo, come se chiedesse aiuto.
L’orso ha bevuto l’acqua e mangiato i biscotti (avevano solo quelli) che gli uomini gli hanno dato e poi se n’è andato verso la parte di foresta non ancora raggiunta dal fuoco.
Molti uomini si sono messi a piangere guardando l’animale andare via.
Cosa sarà successo agli altri animali della foresta?»

Secondo i biologi, i grandi animali come orsi, cervi e lupi dovrebbero riuscire a fuggire ma non le madri con i cuccioli, difficili da trasferire. I piccoli animali come lepri, scoiattoli, linci e ricci non avrebbero alcuna possibilità di scampare alla morte. Inoltre il fumo e la cenere hanno raggiunto circa 800 città, le regioni di Irktusk, Buryatia, Sakha e Krasnoyarsk hanno dichiarato lo stato di emergenza. Ceneri e micropolveri hanno coperto i cieli delle località vicine ai roghi e il fumo sta arrivando nella vicina Alaska.

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Il governo russo è sempre stato restio a confidare i suoi problemi al mondo intero, si veda il disastro di Cernobyl per esempio, ma a questo punto non può più né tacere né minimizzare, anche perché la portata degli incendi si vede dallo spazio. Ne è stato testimone il nostro astronauta Luca Parmitano in missione in questi giorni a bordo della Stazione Spaziale Internazionale.

Il presidente Trump, preoccupato per le proporzioni che hanno assunto i 300 roghi dei quali solo una ventina contrastati senza risultato, ha offerto al suo omologo Putin un aiuto. Sembra che si voglia intervenire irrorando i cieli con ioduro d'argento nel tentativo di fare piovere sulle zone interessate dagli incendi, soprattutto nella parte orientale dove le condizioni sarebbero idonee per la pioggia artificiale.

Si tratta di una tecnica in studio dagli anni '60, la cloud seeding o inseminazione delle nuvole, volta a favorire la formazione di piogge, temporali o neve. Disperdendo nelle nubi sostanze chimiche, come ioduro d'argento, ghiaccio secco o propano liquido, si fornisce un substrato attorno al quale possono accumularsi gocce o cristalli abbastanza grossi da cadere al suolo. Questa tecnica non deve essere confusa con l'ingegneria climatica, cioè tutte quelle tecnologie volte a contrastare i cambiamenti climatici responsabili del surriscaldamento del pianeta, per mezzo della rimozione della CO2 o della riduzione della radiazione solare incidente (in pratica parte del calore del sole verrebbe riflesso e rispedito nello spazio). Si tratta però di una serie di sistemi che non riporterebbero il pianeta allo stadio precedente, ma rischiano di creare altri equilibri di cui non conosciamo gli effetti, per non parlare di tutti gli aspetti politici, tecnologici ed etici che il controllo del clima implicherebbe. Credo che questa cura si rivelerebbe peggiore della malattia.

 

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