Archeologia

Liguria: tracce di una civiltà antica

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18 Aprile 2011

La grotta della Pollera

Elementi di cultura neolitica nel Finalese


Vi è oggi tra gli studiosi la tendenza diffusa, se pur non esistano testimonianze archeologiche a suffragio di questa tesi, ad affermare che la civiltà neolitica si sia propagata lentamente dal Medio Oriente verso la Grecia, quindi lungo il corso del Danubio fino alle coste del Mediterraneo, per mezzo di barche di piccolo cabotaggio.
Il Neolitico si manifestò in Liguria nel corso del VI millennio a.C., con l’arrivo di  popoli  provenienti da Sud che  portarono con sé le competenze necessarie per lo sviluppo dell’agricoltura   e dell’allevamento, insieme a quelle per lavorare la ceramica.
La produzione di vasi a bocca quadrata è la caratteristica peculiare di questa fase, che si sviluppò in tutta la Liguria e in gran parte del settentrione d’Italia. Questo è anche  il periodo di maggiore frequentazione delle molte caverne del finalese, considerate uno dei più importanti complessi preistorici esistenti in Italia, dove sono stati rinvenuti reperti archeologici di grande interesse.
Per quanto riguarda la Liguria, quella di Finale Ligure è l'unica area in cui ci sono prove archeologiche del manifestarsi della nuova cultura neolitica. Nelle grotte di Finale, in particolare in quelle della Pollera e delle Arene Candide, la civiltà agricola lascia le prime tracce del lavoro dei campi e della ceramica.

Tuttavia tra gli scheletri ritrovati, molti hanno caratteristiche che ricordano le precedenti popolazioni di cacciatori: questo dimostra che avvenne un ‘matrimonio’, un incontro tutto sommato pacifico fra la civiltà dei cacciatori e quella degli agricoltori. E’ un fenomeno antropologico non atipico, riscontrato in aree diverse del nostro pianeta e che tuttora marginalmente si verifica in zone dell' Africa centrale.


L’eccezionale corredo funebre del “Principe delle Arene Candide”

La Caverna delle Arene Candide, importante sito archeologico in grotta, si trova nel comune di  Finale Ligure in provincia di Savona. Le Arene Candide componevano una duna di sabbia quarzosa bianca, che i venti dell'ultima glaciazione, che soffiavano con potenza doppia di quella attuale, avevano addossato al versante occidentale del promontorio della Caprazzoppa.
Ritratta in alcune fotografie nei primi anni venti del Novecento, la duna è stata ora completamente rimossa dall'industria degli abrasivi. La cava di sabbia di quarzo ha successivamente lasciato il posto ad una grande cava di calcare che ha determinato l'attuale degradata situazione paesaggistica.
L'ampia caverna, localmente nota un tempo come armassa, che si apriva presso uno dei vertici della duna, è entrata nella letteratura archeologica come Caverna delle Arene Candide dopo gli scavi condotti da Arturo Issel,  fondatore dell' Istituto di Geologia dell'Università di Genova.
Nel periodo compreso fra il 1864 e il 1876, egli promosse queste ricerche per dotare di nuovi reperti il nascente Museo Nazionale Etnografico e Preistorico (ora Museo Nazionale Preistorico Etnografico Luigi  Pigorini) di Roma - EUR.

La caverna è attualmente ubicata sul margine superiore del ciglio ovest della ex-cava Ghigliazza, a circa 90 metri sul livello del mare, verso il quale presenta tre grandi aperture che la rendono, oggi come nel passato, relativamente illuminata ed asciutta. Si può accedere alla caverna dall'alto, dopo un percorso via Borgio di circa 30 minuti a piedi.


La caverna delle Manie

La sua celebrità internazionale deriva dai fortunatissimi scavi che Luigi Bernabò Brea (primo Soprintendente Archeologo della Liguria) e Luigi Cardini (membro dell'Istituto Italiano di Paleontologia Umana) condussero negli anni 1940-42 e 1948-50 nella porzione sud-orientale della caverna. Come noto, quegli scavi rilevarono quella che ancora oggi è la più articolata stratigrafia del Mediterraneo, dal Paleolitico superiore Gravettiano fino all'epoca bizantina, ovvero dal 26 000 a.C. al VII secolo d.C., in un contesto ambientale di giacitura estremamente favorevole alla buona conservazione dei reperti, soprattutto delle ossa e del materiale combusto.
Il Museo di Archeologia Ligure conserva una tra le più importanti sepolture riscontrate in questa grotta, quella del cosiddetto “Principe delle Arene Candide”, un ragazzo morto all’età di 15 anni e sepolto con un eccezionale corredo funebre. Questa sepoltura documenta l’arrivo sulla costa ligure di gruppi di cacciatori gravettiani provenienti da nord, circa 26 000 anni fa.
I resti delle ben 19 sepolture paleolitiche rinvenutevi, oltre a costituire uno dei più consistenti complessi funerari paleolitici del mondo, sono senz'altro quelli di gran lunga meglio conservati, con tutte le implicazioni relative alla qualità delle informazioni scientifiche che gli antropologi possono attingere.
La grotta della Pollera fu teatro di scavi negli ultimi anni dell'800 e ha restituito materiali dal Neolitico all' Età del Bronzo. Al  Neolitico sono probabilmente da riferirsi due sepolture. Una di un maschio di circa 18 anni, e l' altra detta del "bambino della Pollera". Numerosi oggetti testimoniano la presenza di livelli dell’Età del Bronzo antico e medio. Scavi più recenti (1971) all' esterno della grotta hanno dato risultati in accordo con quelli riscontrati all'interno dell’antro. Molti dei materiali rinvenuti si trovano nel Museo Civico di Archeologia Ligure di Genova.
Queste le  caverne più conosciute, ma altri interessanti siti sono presenti nel territorio.
Citiamo ad esempio la caverna del Sanguineto o della Matta, ubicata alla base di una parete rocciosa alla destra idrografica della valle dell’Aquila, a circa 175 metri sul livello del mare. Vi sono stati rinvenuti pochi frammenti di ceramica, in parte riferibili alla cultura del Neolitico inferiore. Probabilmente fu frequentata dagli antichi abitatori in modo sporadico.
Nella Caverna del Frate o Arma scura, anch’essa presente sul medesimo lato della valle dell’Aquila, circa un chilometro e mezzo più a nord di quella del Sanguineto, sono state riscontrate presenze di ossa di Ursus Spelaeus. La caverna delle Manie, presso Finale Ligure, ha permesso il ritrovamento  di cospicue tracce di un grosso focolare. La caverna Le Pile, aperta sul versante destro della valle dell’Aquila, a 300 metri sul livello del mare, ha fornito parecchi materiali del neolitico medio.


La grotta del Vacchè

La caverna dell’Acqua o del Morto è uno dei siti preistorici più importanti del Finalese,  per quantità e qualità del materiale restituito. Si trova sul versante destro della valle dell’Aquila, in una parete rocciosa del Bric Scimarco, a 267 metri sul livello del mare. Quella delle Fate, a Finale Ligure, alla quale si giunge passando su uno dei cinque ponti romani fatti costruire da Adriano nel II sec., presenta diverse cavità nelle quali sono state trovate tracce di industrie paleolitiche e neolitiche, oltre a resti di animali del Pleistocene. Sono stati trovati anche parecchi resti ossei umani e tre reperti umani neandertaliani.
Risalendo la Val Pia, poco oltre Calvisio, sul fianco nord del Bric Reseghe, si apre una valle ricca di vegetazione in cui sono state trovate ed esplorate due piccole cavità. Nella  prima, chiamata grotta del Vacchè, furono trovati parecchi materiali: molte conchiglie, una troncatura normale di selce biancastra, un pugnaletto stiloide a ritocco piatto, un grattatoio in selce marrone, due schegge di selce e vari frammenti di lame, vasi e orci, oltre a vari crani umani.
La seconda è il riparo che si trova all’inizio della stessa valle e che si apre a pochi metri dalla cima del Bric Reseghe, con esposizione a nord. Le ricerche effettuate hanno messo in luce un’unica frequentazione. E’ stato trovato un piccolo gruppo di ceramiche tra cui si distinguono una tazza con lobi sopraelevati sul bordo, un frammento di vaso a bocca quadrata, un grosso vaso cilindrico-ovoidale che presenta una trascurata decorazione graffita sulla superficie screpolata, e un vasetto con ansa ad anello.


Danilo Tacchino è scrittore e poeta ed è stato docente di sociologia all'Università Popolare di Torino. Ha pubblicato numerosi volumi sul fenomeno UFO e su storia e folclore piemontese e ligure. E' stato responsabile regionale del Centro Ufologico Nazionale (CUN) dal 1989 al 2000


 

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