Archeologia

Sfingi in Sardegna

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07 Giugno 2011

La Sfinge della penisola del Sinis, Sardegna

Le prove dei collegamenti tra gli Egizi e i Shardana, i Popoli del Mare


Nella conferenza di sabato 26 febbraio scorso annunciavamo al pubblico già meravigliato per le nuove Ziqurat il ritrovamento di una Sfinge nella favolosa penisola del Sinis, consacrata al Dio Nanna/Sin e residenza di Shardana e Tursha fino al 216 a.C. nella città di Tharros. A pochi passi dal luogo del ritrovamento della Sfinge furono trovati nel 1974 le 35 Statue di Monti Prama, dimenticate per trent’anni in uno scantinato del Museo di Cagliari.

Conoscevamo la strana figura animale già dal 2009, segnalata da un amico del forum dei Popoli del Mare, Stefano. La roccia però risultava in parte coperta dalla macchia mediterranea e non ci era parsa troppo interessante.


La Sfinge vista di profilo

Una serie di articoli di stampa e alcuni comunicati nelle TV locali ci incuriosirono ancora ai primi di gennaio di quest’anno. Salvatore Zedda, un medico di Oristano appassionato di archeologia, ci invitò a fare un sopralluogo per indicarci un ritrovamento che poteva testimoniare l’autenticità del manufatto. Poco distante dalla figura animale si trovava un masso di circa 700 chilogrammi per metà sottoterra. La parte affiorante è compatibile con il corpo, ma la faccia è sotto. Non possiamo, senza le autorizzazioni della Sovrintendenza, toccarla per il momento, ma un altro particolare, anzi due, ci hanno convinto dell’autenticità. Il collo presenta dei fori regolari, sistemati a coppie, mentre la “testa” ha delle protuberanze che, anche se consumate dalle intemperie e dal tempo, sembrano compatibili con i fori. La sistemazione movibile della testa non è il primo esempio in queste sculture, la Sfinge di Giza ha una testa probabilmente posticcia.

La Sfinge del Sinis non è l’unica sfinge ritrovata in Sardegna. A parte le tre provenienti da Solky (S. Antioco) e conservate nei musei dell’Isola, un’altra gigantesca che già pubblicammo in “I Calcolatori del Tempo” troneggia nel Sud-Ovest sardo. Anche questa poteva sembrare un capolavoro del vento, come le varie sculture nella costa della Gallura. Questa però appare lavorata e soprattutto si presenta con una conformazione diversa dalle rocce circostanti. Appare liscia e con un “pulpito” scavato sulla testa. Alta circa 4,5 m. sovrasta una foresta con all’interno dei resti di insediamento umano e con tracce di ceramiche e altri manufatti. Nella sua parte destra del collo presenta un’abrasione, come per un’asportazione di una probabile scritta.


La testa della Sfinge del Sinis

A riprova che si tratta di manufatto è il “pulpito” scavato sulla testa della stessa Sfinge. Altra prova è dovuta al fatto che da qualsiasi parte la si guardi, risulta sempre essere una testa di fattezze egizie. Per contro, le varie rocce della Gallura, l’Orso, l’Elefante ecc… cambiano se le si guarda da diversa angolazione.

Qualcuno si chiederà ora il perché di tanta presenza egizia in Sardegna e nel Mediterraneo del II millennio a.C. La risposta sta nell’identificazione dei Popoli del Mare, in coloro che gli Egizi chiamavano SRDN.N.PI.YAM, (I Shardana del Mare), i “Signori delle Isole poste nel Grande Cerchio d’acqua, nel grande Verde”.

A conferma di questa tesi citiamo le migliaia di scarabei con i cartigli dei faraoni Ramesse II, Ramesse III, Amenophe IV, Tothmose III; i testi geroglifici con le invocazioni alla Triade di Tebe; le Statue raffiguranti la stessa Triade e diverse riproducenti Horus, Osiride, Hator, Sekmet, il Dio Nilo e altre divinità; le Sfingi e altri animali sacri agli Egizi; le imbarcazioni di giunchi, i Fassones, identici a quelle egizie… e tantissimi altri oggetti riferiti alla cultura del sacro fiume.


Un particolare del collo della Sfinge

Certo non furono gli Egizi a portarli in Sardegna. Un popolo, quello egizio, che mai si sarebbe mosso dal suo paradiso. Qualcuno però frequentava assiduamente la terra dei faraoni, per motivi di commercio e soprattutto per svolgere un compito che risulta dai testi egizi in maniera chiara. I Shardana erano un corpo scelto dell’esercito egizio. Addirittura fungevano da Guardia del Corpo dei faraoni.

A Medinet Abu, Luxor, Abu Simbel, si possono ammirare questi guerrieri a fianco del faraone. Assolutamente riconoscibili dall’armatura, lo scudo tondo, l’elmo con le corna e la spada a cuneo. Un ritrovamento avvenuto in quel di Tharros, non lontano dal luogo della Sfinge e da Monti Prama, ci ha fatto incuriosire e gioire per un’ulteriore conferma della presenza di mercenari shardana nell’esercito del faraone: un occhio di Horus. Non il solito occhio di Horus, di cui si contano decine di esemplari nel museo di Cagliari, ma un Occhio di Horus a ciondolo che veniva consegnato a chi si arruolava appunto nell’esercito egizio. Questi soldati si comportavano come tutti i soldati del mondo e di ogni epoca: quando tornavano a casa in licenza o in congedo, portavano con sé i ricordi della Terra che li aveva ospitati! Piccoli souvenir, come gli scarabei, o statuette degli dei a cui avevano forse rivolto le loro invocazioni durante le battaglie nel Delta o in Palestina, o in Siria.



Leonardo Melis, scrittore e ricercatore, ha pubblicato numerosi volumi sulla storia antica e le origini celtiche della Sardegna, tra cui “Shardana: i popoli del mare”.


 

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