Personaggi

Lume de Biqueira, le Cornamuse Galiziane che suonano a Madrid

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24 Novembre 2011

Stendardo della banda di Gaìte "Lume de Biqueira" alla sfilata di San Patrizio, Dublino, 2004

“Quello che conta è mettere sempre il cuore in ciò che fai...”


“Lume de Biqueira” è una banda di gaìte (cornamuse) galiziane di Madrid. Nel corso del suo cammino, la banda ha partecipato alle Competizioni Nazionali delle Bande di Gaìte Galiziane, salendo di anno in anno fino a raggiungere la prima categoria ed aspirare al titolo di campioni di questa categoria in svariate occasioni, partecipando come banda del Centro Galiziano di Madrid. Ma hanno anche superato le frontiere spagnole partecipando per ben tre volte al prestigioso Festival di San Patrizio di Dublino. In questi giorni sono impegnati nelle prove per il prossimo concerto all'interno del programma del William Kennedy Piping Festival di Armagh, iniziato il 18 Novembre in Irlanda del Nord.


Sono con Angel Hernando, presidente dell'associazione, e Fernando Molpeceres, responsabile della comunicazione e maestro di Gaita, che ringrazio per avermi riservato un momento pochi minuti prima di cominciare le prove nel suo locale del Paseo di Extremadura.


Sono già 13 anni che suonate le vostre gaìte. Prima come Banda del Centro Galiziano di Madrid e, dal 2008, come Lume de Biqueira. Come e da chi è nata l'idea di formare una banda di gaìte a Madrid?


Fernando:
I centri regionali, considerati centri storici, avevano senso soprattutto agli inizi del XX secolo, per dare supporto e appoggio agli emigranti che venivano a Madrid e per aiutarli a mantenere una relazione con le loro terre. Una delle attività che svolgevano abitualmente era la loro musica tradizionale, anche se con il tempo, parliamo degli anni ‘80-‘90, questi centri andarono a perdere un po' della loro missione di punto di ritrovo a causa dello sviluppo, soprattutto, delle infrastrutture di comunicazione. Tuttavia, si mantennero i gruppi dedicati al folklore e alla tradizione culturale, almeno nel Centro Gallego de Madrid (Centro Galiziano di Madrid) con il gruppo “Rosalia de Castro” che si dedicava ai balli e alla musica. Quello che è certo, è che negli anni ‘80 nacque un grande interesse intorno alla musica celtica e alle cornamuse e gaìte, il che portò il Centro Gallego de Madrid a dar vita alla formazione di una banda di gaìte di stile denominato marcial (marziale). Fu assunto un maestro, il professor Dario Nogueira, Maestro di Gaìta formatosi nella Real Banda de la Diputación de Orense (Banda Reale della Deputazione di Orense) e attuale direttore dei Lume de Biqueira, e cominciammo a formare i futuri membri della banda.


Nel corso di tutti questi anni, avete contribuito alla diffusione della musica tradizionale galiziana. La storia del popolo Galiziano va indiscutibilmente legata ai generi musicali che riflettono il suo carattere e i suoi costumi. Quali sono questi elementi culturali, propri del popolo Galiziano, che possiamo trovare quando ascoltiamo i Lume de Biqueira?


Fernando:
In qualsiasi ambito rurale il folklore nasce come necessità funzionale. Ci sono determinati lavori di routine nei campi, nei compiti domestici del mondo rurale in genere, che si muovono in base a dei ritmi e questi ritmi si trasformano in musica, a volte cantata e con ritmica strumentale. Il folklore nasce come un rimedio per alleviare i compiti del lavoro. E' certo che in ogni zona, benché ci siano basi comuni per ogni popolo dell'Europa, si sviluppa un folklore tipico, tanto per le condizioni geografiche, quanto per le condizioni di isolamento che si vengono a creare rispetto agli altri popoli. Da qui possiamo incontrare queste connessioni apparenti della tradizione Galiziana con il mondo atlantico, con il mondo celtico, che sono, insisto, apparenti e niente di più perché non si può parlare di musica celtica se non come di un' “etichetta” delle case discografiche anglosassoni. Però è vero che ci sono elementi che si sviluppano nei popoli e che fanno in modo che questa musica, che inizialmente era esclusivamente funzionale, si arricchisca di nuovi elementi: il festivo e il religioso o cerimoniale.


Concerto sul palco del Guadalajara Solsticio Folk, 18 Giugno 2011

Diciamo, pertanto, che ci sono tre branche che compongono questo folklore: le credenze religiose e la necessità di onorare i santi, la necessità di alleviare il lavoro e la necessità di far festa e divertirsi; proprio quest'ultima con il tempo si è radicata di più e si è estesa in maggior misura. Queste tre componenti danno luogo alla nascita dei differenti generi propri della musica tradizionale. Tuttavia ci sono connessioni tra canzoni e melodie che incontriamo molto simili nel folklore castigliano, ritmi comuni in diverse parti della Spagna, come la Jota, molto diffusa nella parte Nord della Spagna o il Pasodoble, comune a tutta la Spagna, ma ci sono anche ritmi importati come la Polka, che si può incontrare in diverse zone della Spagna e che importammo nel XIX secolo dalla Polonia, o la Mazurca che si può trovare tanto in Spagna quanto in Europa. Il folklore si configura con questi due elementi, con le connessioni e con gli isolamenti.


Nella vostra vita, fuori dalle prove, dai concerti e dalle lezioni... come mantenete viva la Galizia nel quotidiano? Quali abitudini non avete abbandonato?


Angel:
Non possiamo fare una mistica su come mantenere queste o quelle tradizioni e modi di intendere la vita. La gente che viene dalla Galizia, forse non tanto la generazione attuale, ma i loro genitori e nonni, mantengono, per legami familiari o di amicizia con persone della terra da cui provengono, una relazione completamente naturale con queste origini. Probabilmente quello che succede è che in città grandi come Madrid sembrano essere diluite. Le manifestazioni sociali e culturali di massa in una città come questa, perdono un po' il senso di come sono nate, secondo quale folklore e di quale luogo. Però nell'intimità, le persone che non hanno perso queste radici ereditate dai genitori o dai nonni, nel loro andirivieni costante, venendo anche qui a fare questo tipo di musica, mantengono una fiamma che non si spegne. Non esiste questo “altare” interno: è una relazione viva.


Attualmente non offrite solo concerti, ma promuovete anche l’insegnamento della gaìta. Qual è il profilo più comune tra coloro che si avvicinano per la prima volta a voi? Quale interesse li muove?


Fernando:
Ci sono tanti profili e motivazioni come potrai immaginare, a cominciare dalle persone che vengono perché sono di famiglia galiziana o sono loro stessi galiziani e in un momento della loro vita decidono di imparare a suonare lo strumento tipico della loro terra, perché con la gaìta succede qualcosa che non succede con gli altri strumenti nel mondo, cioè è l'icona dei paesi dove è suonata, e questa simbiosi strumento-uomo non si trova da nessun’altra parte. Ma ci sono anche persone che hanno in testa i suoni scozzesi e la cosa che più si avvicina qui è la musica galiziana. Devo precisare che non siamo contrari ad includere nel nostro repertorio anche delle composizioni irlandesi e scozzesi. Queste sono in genere le due motivazioni fondamentali: ci sono le persone che hanno una relazione con la Galizia e persone che vogliono imparare la musica celtica. Probabilmente ora questa richiesta è minore rispetto a dieci anni fa, dato che tutto si muove in maniera ciclica, ed è anche vero che prima l'unico modo per imparare a suonare uno strumento che assomigliasse a quelli celtici era suonare la gaìta galiziana. Attualmente ci sono in città professori di cornamusa irlandese, flauto irlandese, fisarmonica... prima era impossibile trovare una cosa del genere a Madrid. Bisogna dire che molte delle persone che si sono avvicinate a noi perchè erano interessate alla musica celtica, hanno finito per amare la musica galiziana più della stessa musica irlandese, in una specie di riconversione, questo perché hanno finito per sentirne il sentimento: è una musica di sentimento.


Quartetto tradizionale al Solsticio Folk di Guadalajara, 18 Giugno 2011


Angel:
Quello che facciamo è anche un'azione di avvicinamento della musica alla gente che non ha la possibilità di accedere ad una formazione musicale disciplinata come potrebbe essere il Conservatorio, che, tra l'altro, ha un aspetto più classista. La gente vuole suonare gli strumenti, vuole suonare per le strade e godere della musica. Noi offriamo una formula intermedia. Come associazione abbiamo anche una funzione sociale, quella di portare persone giovani, soprattutto, al mondo della musica al fine che godano di essa.


La gente che si avvicina a voi cercando questa formazione musicale lo fa mossa da un interesse strettamente musicale o esiste anche una richiesta per conoscere altri elementi magari più relazionati alla propria cultura?


Fernando:
Non lo chiedono però io glielo do. Lo esigo. Voglio dire che circa metà del corso lo dedico ad aspetti che non sono musicali. Per me l'idea della gaìta come sentimento è fondamentale, se non la senti è solo uno strumento in più e non è così. Metà del corso è dedicato ad aspetti in cui, per esempio, si conoscono i grandi “gaiteros” di tutte le epoche, ascoltiamo pezzi che possono avere anche più di un secolo, dedichiamo tempo ad apprendere cose relative al costume tradizionale galiziano, ai tanti aspetti culturali che circondano la gaìta, come se li vivessi in prima persona. Mi sembra fondamentale.


Nella musica celtica c'è un aspetto mistico che in molti casi si esprime con la cornamusa. Anche la gaìta galiziana ha questo carattere mistico?


Fernando Molpeceres, Laura W. Valenzuela e Ángel Hernando


Fernando:
Si, però il misticismo della gaìta, incluso l'uso della gaìta come icona, ha un punto di partenza: nel XIX secolo con il Romanticismo, quando, nell'ambito di questo movimento culturale, artistico e letterario, si volge lo sguardo a determinate tradizioni che sembravano morte. Così come gli inglesi nell'epoca vittoriana fissarono gli occhi sugli “highlanders” e sui loro strumenti, lo stesso accadde in Galizia. In Galizia inoltre cercavano, ad esempio durante l'epoca dei nazionalismi, i segni distintivi della loro identità. I grandi poeti romantici galiziani come Rosalia de Castro o Curros Enriquez, scoprirono questa icona nella figura del gaitero e della gaìta, in uno strumento dal suono irregolare, molto speciale e addirittura misterioso. Uno strumento fatto per suonare l'aria libera, potente e da sempre sempre identificato, soprattutto nella zona atlantica dove terminarono le migrazioni dei Celti e dove lo strumento raggiunge un'evoluzione maggiore, con il popolo che lo suona. Sembra inoltre che ci sia un denominatore comune nei grandi boschi, nelle nebbie, che gli scrittori galiziani seppero utilizzare molto bene per creare questa icona.


Angel:
Io non sono musicista, ma come amante della musica devo raccontarti la mia esperienza. Come ascoltatore e amante della gaìta galiziana credo che ci siano momenti in cui lo strumento raggiunge suoni sublimi. Ti racconto un paio di casi. Il primo: Costa della Galizia, dopo una grande tormenta, in cui le onde coprivano il lungomare, Fernando si arrampica su uno scoglio. Tira fuori la gaìta e comincia a suonare “Maria Solina” di fronte al mare. Mi venne la pelle d'oca. Il secondo, alla sepoltura di mio padre, Fernando suono ancora la stessa canzone. Il tono della gaìta con quella canzone è una delizia, qualcosa che ti trasporta... come dicevo, sublime.


Nel 2007 avete registrato il vostro primo lavoro “Manana Mas”, dove fondete le gaite con altri strumenti che non hanno nulla a che vedere con la musica Galiziana e con stili completamente diversi da quelli tipici della musica tradizionale. Possiamo parlare di un' “attualizzazione” o “evoluzione”?


Fernando:
Sì, è un'evoluzione. Diciamo che il nostro direttore Dario Nogueira è un tipo agitato e starsene fermo, ancorato in determinate strutture o determinate forme credo che non faccia per lui. Dario si impegna ad incorporare strumenti - insisto nel dire che il tipo di musica che facciamo nel disco la possiamo riprodurre solo sul palco - come la chitarra o il basso elettrico che aiutano un po' il sound della banda di gaìte. Aggiunge la batteria e strumenti che ci aiutano a sviluppare la musica con una forma diciamo più attuale, più accessibile al grande pubblico e, soprattutto, si lavora sui temi in maniera che risultino facili all'ascolto. Ci sono dischi e fusioni che sono fatti come grandi esercizi musicali, ma che risultano difficili da ascoltare e capire. Comunque questo disco fu dall'inizio adatto ad ogni tipo di pubblico. L'esperienza è molto positiva quando il pubblico, dai bambini piccoli fino agli adulti, dice che gli è piaciuto.


Sfilata di San Patrizio, Dublino, 2004

Dall'inizio alla fine si incontrano pezzi classici, pezzi di nicchia, cenni di samba e ovviamente musica galiziana e anche musica scozzese. L'idea del disco crebbe molto lentamente perché i temi maturarono nel corso di quasi due anni, ma l'accoglienza da parte del pubblico e della critica specializzata ci ha dato idea di cosa pensassero dei veri esperti di musica su quello che avevamo fatto. Inoltre, siamo un gruppo di amatori. Nessuno di noi suona per professione, è semplicemente il nostro hobby, il nostro divertimento. Dedichiamo il tempo che possiamo o vogliamo dedicare e il fatto che dei professionisti come quelli di “Melomano”(rivista specializzata in musica classica) abbiano recensito il disco in maniera così positiva, ci riempie di soddisfazione.


Credete che per mantenere viva la musica tradizionale sia necessaria la contaminazione con altri generi?


Fernando:
Non credo. A parte la banda, io e altre tre persone, formiamo un quartetto tradizionale galiziano, che si compone di due gaìte e due percussioni: un “tamboril” e un “bombo” (grancassa), così come si interpretava la musica galiziana all'inizio del XX secolo. E' un formato più intimista, molto collegato alla tradizione e che, con nostra sorpresa, quando ci siamo presentati con questa formazione davanti al pubblico più eterogeneo che si possa pensare, alla gente è piaciuto. Suoniamo come si suonava cent'anni fa e alla gente piace. Credo che si debbano fare le cose in due modi: uno, apportando sempre qualità, e secondo, farlo con il cuore. Bisogna far evolvere il modo di suonare e di interpretare, la contaminazione è una cosa buona, ma è l'evoluzione che è necessaria. Però l'evoluzione ha molte strade e alla fine quello che conta è mettere sempre il cuore in ciò che fai e la qualità di quel che offri... e seguire il gusto del pubblico, chiaramente.


Avete suonato con diversi personaggi riconosciuti a livello internazionale della musica celtica come Carlos Nunez, Luar Na Lubre, Hevia o The Chieftains... Come vivete questa esperienza? Cosa vi dà?


Angel:
Per dei dilettanti suonare con gente consacrata è un livello superiore... è impressionante che gente che sta in vetta ti dica “suona con me” però, poi, le persone hanno anche paura perché alla fine l'obiettivo della gente che passa di qui è godere della musica e delle tradizioni, ma è anche suonare in pubblico e divertirsi.


Lume de Biqueira su El País del 18/03/2004

Se suoni in un teatro strapieno e la musica suona divinamente, non viene la pelle d'oca solo al pubblico, ma anche a chi suona. L'emozione comunque può anche portarti a schiacciarti un dito mentre stai suonando...


Fernando: Verso la fine degli anni ‘70, quando la musica celtica era sconosciuta in questo paese, Tierno Galvan che era sindaco di Madrid portò delle maratone di musica celtica al “Retiro” e fece mettere un tendone dove eravamo in quattro ad ascoltare... Poi, quando passano gli anni e d'improvviso hai la possibilità di salire sul palco con Paddy Moloney... Capperi! E' come un'esplosione... almeno per me che sono molto sentimentale per queste cose. Era uno dei miei grandi idoli, mi sentivo come un ragazzino. Mentre alcuni erano alla prova volumi, io lo cercavo ovunque per vedere se riuscivo a farmi una foto con lui! Alla fine alcune collaborazioni hanno finito per trasformarsi in routine e sono diventate addirittura noiose quando le ripeti tante volte, però adesso che ci sono nuovi membri nella banda e che non ne facciamo da un po' di tempo, potrebbe essere un buon momento per ricominciare.


Avete partecipato diverse volte al Festival di San Patrizio di Dublino... e adesso vi state preparando per il William Kennedy Piping Festival di Armagh, Irlanda del Nord, al quale partecipate per la seconda volta. Come si vive l'esperienza di dividere le vostre radici con altri popoli? Quali aspetti vi hanno arricchito di più?


Fernando:
Ci hanno invitati a Dublino nel 2003, un viaggio che fu in gran parte sovvenzionato dall'Istituto Cervantes e dall'organizzazione del Festival. Pur non potendo contare su mezzi comparabili ad altri tipi di eventi, come quello dei Re Magi di Madrid, per loro San Patrizio è la loro festa, il loro grande giorno, la festa nazionale. Sono tutti in strada a celebrarlo e c'è tutta Dublino a disposizione per sfilare. Quell'anno ci andammo da novizi.

Abbiamo fatto un paio di spettacoli per strada e poi abbiamo sfilato per la grande festa. Così immaginate la nostra sorpresa quando cominciarono a dare i premi, e noi ottenemmo il premio come banda migliore del festival. Già questo ci aveva sorpresi abbastanza, ma poi siamo stati invitati ad un ricevimento con il sindaco. Ci ha veramente entusiasmati. Non ce lo aspettavamo. Poi uno dei giudici ci ha anche chiesto se potevamo andare a Chicago l'anno seguente. Nel 2004 l'organizzazione ci invita di nuovo. San Patrizio si celebra il 17 Marzo e l'11 Marzo ci furono gli attentati terroristici alla stazione di Atocha, a Madrid, in cui morirono 171 persone. Diventammo una specie di ambasciatori del dolore del popolo spagnolo in Irlanda. Poche volte in vita mia ho vissuto tante emozioni in così poco tempo... Giungemmo lì tutti estremamente addolorati, erano momenti duri. La gente ci accolse in una maniera incredibile. Eravamo continuamente in televisione, da quando arrivammo all'aeroporto.


Lume de Biqueira sulla prima pagina dell'Irish Independent del 18/03/2004

Ovviamente, abbiamo avuto un ricevimento con il nuovo sindaco, Royston Brady, un uomo giovane e molto amichevole che ci ha voluto accompagnare lungo tutta la sfilata. Portavamo un 'asta con la bandiera spagnola e un drappo nero in segno di lutto e un repertorio molto completo, molto serio, perché non tutte le bande, specialmente quelle americane, si presentano con l'idea di fare molta musica, quanto con l'idea di divertirsi, però noi eravamo molto seri. Eravamo moralmente distrutti quando cominciammo a marciare. Cominciata da poco la sfilata, la banda che ci stava davanti sparisce, quella dietro di noi smette di seguirci... stavamo praticamente sfilando per Dublino da soli. Tutti quanti si fermavano davanti a noi e tutti quanti applaudivano. Noi eravamo molto addolorati, non poteva essere altrimenti. Il sindaco marciava con noi, parlando con la persona che portava lo stendardo, e furono dei momenti assolutamente incredibili. Non si può descrivere a parole. Fu qualcosa di sconvolgente. Lo dissi ai miei compagni, molto più giovani di me, di pensare a quel momento come ad uno dei momenti più emozionanti della loro vita. Era un popolo intero che ci accompagnava nel dolore che sentivamo, erano con noi. Il nostro rapporto con l'Irlanda è molto speciale. Per noi l'Irlanda è la nostra seconda casa. Nel 2010 tornammo a suonare nel Festival e adesso andiamo al William Kennedy Piping Festival di Armagh.


Quali sono secondo voi gli elementi comuni e quali le differenze in quanto a tradizione, interpretazione?


Angel: La gente che ama la musica è esattamente uguale in tutti i Paesi. Quel che è certo è che in Irlanda, da quello che ho visto, si comincia ad apprendere la cultura musicale da piccoli. Nel 2008, Fernando, io e mio figlio andammo al Festival di Armagh. La mattina vedevi bambini che si godevano il festival, e nei concerti della sera o della notte, vedevi gli adulti comportarsi nella stessa maniera dei bambini che avevi visto la mattina. Questo vuol dire che loro stessi venti anni prima avevano fatto la stessa cosa che stavano facendo adesso i loro figli, e questo continua a crescere... Inoltre, dal punto di vista statistico, questo è dimostrato dalla relazione tra la quantità di musicisti irlandesi ed il numero relativamente piccolo di abitanti che ha il paese.


Fernando:
C'è una cosa strana che in Galizia mi dà molto fastidio. Se, per esempio, vai in Galizia e decidi di voler vedere un concerto di musica tradizionale, finisci per diventar matto a furia di cercare e probabilmente non troverai dove ascoltare questa musica tradizionale. In Irlanda, soprattutto quando non è periodo di grandi concerti, nel pub puoi trovare il suonatore di cornamusa più famoso del Paese, circondato di ragazzi che stanno imparando a suonare il banjo, o il whistle... improvvisando una “session”. C'è un apprendistato permanente, è divertente, e questo glielo invidio. In Galizia non esiste. In Galizia si lamentano, ma c'è molta segretezza. E' come un mondo chiuso per iniziati: o ci sei dentro oppure niente. E' una vera pena. L'Irlanda è un mondo aperto, i grandi maestri si abbassano e dividono il loro sapere con gli altri, i bambini sfruttano e apprendono, la gente ascolta, e quello che mi sembra più importante è che loro fanno musica per loro stessi, è quello che li diverte, quello che gli piace, accompagnano i balli tradizionali, vivono il loro sentimento... e non lo fanno per i turisti o per far soldi come succede qui. I Galiziani si lamentano del fatto che non ci sia una diffusione come quella, eppure sono loro stessi i colpevoli.


Allora, la musica tradizionale galiziana è ancora viva ma chiusa al mondo?



Le Gaite nella sala prove

Fernando: Esatto. Non si aprono e non vogliono aprirsi. Ho amici in molti posti della Galizia e quando cerchi di informarti su dove e come puoi contattare dei bravi musicisti per prendere lezioni o per ascoltarli c'è una segretezza totale...inaudito.

Angel: Quel che mi è chiaro è come noi vediamo il fatto di dare lezioni qui, qual è la funzione sociale che vogliamo realizzare e dove vogliamo arrivare. Precisamente si tratta di offrire questo. La musica tradizionale si mantiene, quello che non si mantiene è la tradizione. Questo è un paese in cui per ragioni diverse, e senza entrare in aspetti come la Guerra Civile, di tipo politico, si cominciarono a rompere i legami e si persero subito le tradizioni. Tutto quello che ricordava il passato veniva eliminato da un giorno all'altro. Si è persa l'architettura e paesi dove si trovavano splendidi edifici di pietra, ora sono pieni di costruzioni orribili, questo non è successo in zone come la Normandia. La letteratura si convertì in letteratura di massa e la gente si dedicava a leggere romanzetti di cowboy... e così successe con tutto perché quello che fu perso in realtà fu la tradizione. Siamo in un paese dove erano proibite le riunioni e bisognava chiedere il permesso per fare una riunione di condominio, immaginati andare al bar per suonare...impensabile. Ma neanche oggi ci sono possibilità di fare musica per strada. Per esempio, a Madrid è proibito suonare strumenti a percussione per strada. Ci piacerebbe tantissimo fare delle performance all'aria aperta, qui vicino c'è la Casa de Campo, però magari venti gaìte che suonano possono dar fastidio, e non lo dico per la gente, ma dal punto di vista delle normative. A volte la legislazione è molto ambigua rispetto a questi temi. In questa città anche suonare nei locali spontaneamente è impossibile perché non ci sono i permessi. Non possiamo uscire in strada a suonare per far sapere alla gente che siamo qui e questo non succede in altri paesi come l'Irlanda.

Raccontateci qualcosa dei vostri progetti futuri. Avete pensato a delle collaborazioni con Nativi di altri continenti, come i Nativi americani, o australiani?


Fernando: In questo momento no. Renderci indipendenti dal Centro Gallego e venire qui è stata una tappa dura perché si è persa della gente nel percorso. Però fortunatamente la banda aveva un nucleo duro di gente importante che non abbiamo perso e che ci ha permesso di mantenerci. Non ci dimentichiamo che, anche in Galizia, le bande di “Gaiteros” hanno cominciato a perdere membri in maniera importante e l'unico modo che hanno trovato per mantenersi è stato quello di fondersi tra loro. Così si conformano. Noi no. Abbiamo il numero di gente sufficiente e ci stiamo occupando di formare alunni. Diciamo che il nostro cammino ora è rivolto a realizzare una coesione e tornare ad avere una solidità prima di iniziare nuove avventure.


Tra queste nuove avventure c'è quella, per esempio, di incidere un secondo disco, perché il pubblico lo richiede. Tra qualche giorno viaggeremo ad Armagh, un festival di gente che suona la cornamusa per gente che suona la cornamusa, dove ci sono persone da tutta l'Europa e non esclusivamente della zona atlantica, ed è una buona vetrina per farci conoscere e dove tutto può succedere. Di nostra iniziativa, adesso come adesso non stiamo pensando a nulla di concreto. Il nostro obiettivo principale è ottenere solidità, capacità di manovra, che abbiamo perso un po' in questi ultimi due o tre anni, e partendo da lì cominciare a lavorare un'altra volta, come abbiamo fatto a suo tempo.


Angel:
Io credo che a partire da adesso dobbiamo sfruttare di più le performance dal vivo. Fare più concerti. Si suona molto bene e le sensazioni e le sonorità di un concerto non si manifestano, per esempio, in una sfilata.


Fernando:
E poi visivamente siamo molto potenti, siamo in tanti, siamo dinamici sul palco e c'è una risposta molto buona da parte del pubblico. Però non dobbiamo dimenticare che siamo un'associazione senza scopo di lucro e che ci dobbiamo finanziare. Non possiamo prescindere dalle sfilate e dalle parate, che poi sono importanti affinché i nuovi membri della banda guadagnino esperienza e fiducia.



Voglio ringraziare Fernando e Angel per questi momenti che abbiamo condiviso e in cui abbiamo potuto rivivere le esperienze più importanti dei Lume de Biqueira. Personalmente, ho avuto il piacere di vederli in più di un'occasione dal vivo e spero di vederli ancora molto presto su un palco. Per il momento, ci lasciano un CD, “Manana Mas” per rendere più piacevole l'attesa.


www.lumedebiqueira.es

 

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