Scienze

L’amore? E’ tutta una questione di chimica

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06 Ottobre 2011

Innamoramento, attrazione, passione e fedeltà sono scritti in poche molecole chimiche


Ormai da anni la ricerca scientifica ha evidenziato come i meccanismi dei sentimenti siano strettamente legati alla presenza o all’assenza di alcune sostanze chimiche nel corpo. A partire dai colpi di fulmine, sempre associati ad alte quantità di ormoni in circolo: i ferormoni, responsabili dell’attrazione sessuale e nell’uomo anche il testosterone, la cui produzione è legata alla passione erotica. I ferormoni sono in grado di produrre dei reali effetti attrattivi o repulsivi tra due persone in funzione della loro compatibilità e sono il motivo per cui non è possibile innamorarsi di una persona che abbia un odore che non sia gradito.

Anche l’amore romantico è soggetto alle leggi della chimica, soprattutto nella fase iniziale, caratterizzata da sensazioni sessuali ed emotive molto intense. L’innamoramento è strettamente correlato agli effetti della feniletilamina e alla produzione elevata di dopamina e norepinefrina (associate ad una bassa attività di serotonina nel cervello). La feniletilamina è un ormone della classe delle anfetamine che l’organismo produce naturalmente, dagli effetti simili a quelli provocati da certe droghe o dagli sport estremi, come la riduzione dell’appetito e l’iperattività, che si riscontrano tipicamente in una persona innamorata.

Ma l’azione della feniletilamina non finisce qui. Questa infatti stimola il rilascio della dopamina, un neurotrasmettitore che agisce su numerosi processi fisici e psicologici. Tra l’altro, la dopamina è intimamente legata al sistema limbico, la zona del cervello sede delle emozioni e delle funzioni vitali come la sete, la fame e la sessualità, e consente di rinforzare alcuni comportamenti che apportano piacere e soddisfazione. Quando un evento è più felice di quanto fosse sperato, la dopamina emette un segnale di felicità i cui effetti euforizzanti spingono a ripetere l’esperienza. È questo il motivo per cui si sviluppa un forte attaccamento verso l’altra persona e la necessità di sentirla e vederla spesso.

Tuttavia, secondo quanto ci dicono gli esperti, questo periodo magico non può durare più di sei-sette anni. Poco a poco infatti l’organismo si abitua alla feniletilamina e l’allegria si attenua. Per i “drogati” di feniletilamina questo segna spesso la fine della coppia e la voglia di cercare altri partner per poter ricreare gli effetti euforizzanti della feniletilamina. La persona lasciata va invece in deficit di questo ormone e si verifica ciò che viene comunemente chiamato “il mal d’amore”.

Resta comunque il fatto che, seppur svanita la fase dell’innamoramento, la chimica continua ad essere protagonista e in questa fase si può contare su altri ormoni quali l’ossitocina e le endorfine.

Come ha spiegato Armando Zingales, presidente del Consiglio Nazionale dei Chimici, “nel rapporto affettivo a lungo termine è ormai assodato l’importante ruolo svolto dalla chimica. Per esempio, nelle donne è l’ossitocina a favorire l’attaccamento al proprio partner, o se si vuole, la fedeltà, mentre nell’uomo è la vasopressina a svolgere un ruolo di sereno appagamento”.

L’ossitocina è ormai provato che generi un aumento della sensibilità alle carezze e che spinga al contatto fisico e agli abbracci. Praticamente una sorta di “colla ormonale” che fa stare insieme per tanto tempo anche dopo l’esaurimento della feniletilamina. Quando l’organismo sviluppa una tolleranza alla feniletilamina e non si scatenano più gli effetti dirompenti presenti all’inizio del rapporto, il cervello inizia a produrre le endorfine che apportano calma e sollievo al dolore e riducono l’ansia, procurando una sensazione di benessere che si traduce in una relazione affettiva molto forte che non si vuole più interrompere. È questa la fase dell’amore-attaccamento che può durare per anni.

“Il fatto che la chimica sia così importante in tutti gli aspetti della nostra vita, compresi quelli più intimi e personali come l’amore non deve né stupirci né disorientarci – sostiene Zingales. La natura non ha paura della chimica, ma la usa sapientemente. Noi dobbiamo imparare a fare altrettanto, perché non c’è vita senza chimica e la qualità della vita dipende dalla chimica stessa".

 

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