Tradizioni Celtiche

I Càtari, gli “Uomini Buoni”

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01 Settembre 2011

Il martirio dei Càtari in un dipinto antico

“Uccideteli tutti! Dio riconoscerà i suoi”


La storia dell’Europa è disseminata di massacri, persecuzioni, repressioni politiche e religiose.

Le vicende storiche che impariamo a scuola sono state scritte dai popoli vincitori, e pertanto non possiamo aspettarci che siano racconti attendibili. I Celti, sui libri di scuola, vengono liquidati in poche righe, definiti come popoli barbari. Eppure la loro storia millenaria e la loro cultura raffinata traspaiono continuamente sotto forma di miti e leggende, di preziosi reperti e ritrovamenti archeologici.

Questa cultura, presente per millenni in tutta Europa, era rappresentata da una variegata moltitudine di etnie tenute unite dal druidismo, il quale, più che un movimento, era un’idea. I principi tolleranti e libertari del druidismo, fondati essenzialmente sul rapporto mistico con la Natura, sono stati il collante della cultura celtica, ma paradossalmente ne hanno decretato anche la fine.

I movimenti massificati, basati sulla sopraffazione e la schiavitù, non possono tollerare il confronto con culture basate sulla libertà. Per questo devono eliminarle. Ne abbiamo esempi in tutti i continenti.

Intorno all’anno Mille, gli eredi della cultura celtica sopravvissuti agli stermini dei romani mandavano avanti le loro tradizioni in maniera discreta, cercando di mimetizzarsi tra l’ortodossia di una Chiesa sempre più invadente e intollerante. La filosofia druidica veniva trasmessa in segreto all’interno di movimenti come i Templari e i Càtari, i quali si dimostravano alleati della Chiesa per la sopravvivenza della loro tradizione.


La croce càtara, adottata da tutte le comunità occitane

Il movimento càtaro era una grande minaccia per l’ortodossia cattolica. Nacque in un momento molto delicato, quando la Chiesa era all’apice della sua grandezza e il potere temporale aveva ormai assunto una dimensione spropositata mentre, dall’altro canto, il popolo soffriva fra la miseria, la fame, la malattia. I Càtari, definiti “Bon Hommes” (uomini buoni) per la loro filosofia di vita basata sull’umiltà, sulla tolleranza e la fratellanza, con il loro modo di vivere fondato sull’esercizio di povertà, umiltà e carità, avevano una tale presa sulle popolazioni che presto si diffusero in gran parte dell’Europa. Si dimostrarono una concorrenza troppo temibile per la Chiesa, poiché erano più vicini alla povera gente di quanto non lo fossero gli alti prelati con i loro sfarzi e le loro sottili discussioni teologiche.

Papa Innocenzo III fu uno strenuo avversario delle idee ritenute eretiche che si stavano diffondendo in Europa. La filosofia dei Càtari, nel sud della Francia, aveva affascinato tutte le categorie sociali, dagli aristocratici ai ceti più umili. Questo spinse Innocenzo III a proclamare la ben nota crociata capeggiata dall’abate di Citeaux contro gli Albigesi, nome che deriva dal fatto che i primi fondatori del catarismo provenienti dai Balcani si stanziarono nella regione di Albi nel sud della Francia.

La crociata durò più a lungo del previsto, dal 1209 al 1244, ma ebbe come risultato l’annientamento quasi totale dei Càtari. La Chiesa si assunse così la responsabilità di massacri di ferocia inaudita, fra cui spicca il massacro di Béziers del 22 luglio 1209, quando i crociati massacrarono non meno di 20.000 abitanti fra uomini, donne e bambini.

Questo diede il via alla legittimazione dell'Inquisizione nel 1233: l'eresia doveva essere punita per il bene spirituale dell'individuo e per la conservazione della Chiesa. Per risolvere il problema spinoso del catarismo, fu appositamente creato da papa Gregorio IX il Tribunale dell'Inquisizione, con le conseguenze storiche che tutti conosciamo.


I ruderi della fortezza di Montségur

Il cronista cistercense Cesario di Heisterbach riporta:

“Corsero nella città (le armate dei Cattolici), agitando spade affilate, e fu allora che cominciarono il massacro e lo spaventoso macello. Uomini e donne, baroni, dame, bimbi in fasce vennero tutti spogliati e depredati e passati a fil di spada. Il terreno era coperto di sangue, cervella, frammenti di carne, tronchi senza arti, braccia e gambe mozzate, corpi squartati o sfondati, fegati e cuori tagliati a pezzi o spiaccicati. Era come se fossero piovuti dal cielo. Il sangue scorreva dappertutto per le strade, nei campi, sulla riva del fiume.”

Durante il massacro di Béziers, un gruppo di Càtari cercò rifugio in una chiesa, accolti da cattolici che fino al giorno prima erano legati a loro da amicizia e parentele. Il legato pontificio Arnaud Amaury, non potendo distinguere gli eretici ma risoluto a non porre fine al massacro, pronunciò la famosa frase che passerà alla storia: “Uccideteli tutti! Dio riconoscerà i suoi”.

Gli stessi crociati, al loro rientro dal massacro, stimarono di aver sterminato “almeno un milione di persone”, sia cattolici che Càtari, uomini, donne, bambini, anziani.

Lo sterminio iniziò all’improvviso. I Càtari, che fino quel momento avevano convissuto pacificamente con i cristiani, e che venivano considerati da questi ultimi “uomini buoni” per via del loro stile di vita armonico e tollerante, improvvisamente si trovarono accanto quelli che erano da sempre i loro amici, fratelli, parenti stretti, trasformati nei loro peggiori nemici, decisi a trucidarli nella maniera peggiore per una “legge divina”.

Interi villaggi furono rasi al suolo, veniva lasciata in vita solo una minima parte della popolazione, composta da bambini e vecchi, ai quali con metodo scientifico venivano cavati gli occhi e tranciati gli arti, in modo che potessero testimoniare ai villaggi vicini quanto fosse pericoloso continuare nell’“eresia”.


La croce càtara antica, lo stesso simbolo usato anche dai Templari

La crociata assunse la forma di un vero e proprio genocidio che si estese ai territori della Linguadoca e della Provenza, e arrivò al culmine nel 1244 con la caduta della roccaforte càtara di Montségur.

Dopo questi fatti il catarismo non scomparve del tutto. In parte si salvò dandosi alla clandestinità, in parte emigrò nell'Italia centro-settentrionale, dove il catarismo era presente da tempo.

Già nel 1028, il vescovo di Milano catturò un’intera comunità càtara arroccatasi nelle Langhe, a Monforte d’Alba. Il Castello, i cui feudatari, come la popolazione, si erano indirizzati verso le ideologie catare, venne assediato ed espugnato dalle forze dell'arcivescovo di Milano, Ariberto da Intimiano unite a quelle del vescovo di Asti, Alrico. La popolazione, deportata a Milano, venne condotta al rogo, anticipando di circa 200 anni la pratica dell’Inquisizione. Il Corso Monforte a Milano è stato così chiamato in ricordo di questi avvenimenti.

La fortezza di Montségur, in Linguadoca, è stato l’ultimo estremo rifugio dei Càtari ed è diventato il simbolo storico della loro persecuzione. Dopo la crociata indetta da Innocenzo III, alcune centinaia di Càtari si erano rifugiati in questo castello-fortezza, in cima ad una collina rocciosa. La fortezza venne espugnata nel marzo del 1244 e duecento Càtari, tra uomini, donne, vecchi e bambini, vennero bruciati sul rogo.


Montségur, Champ des Brulés. L’antica stele a memoria del martirio degli ultimi Càtari

E’ rimasto leggendario il fatto che i Càtari, mentre venivano condotti in catene verso il rogo, intonarono un canto. Un canto lento e solenne come una evocazione magica, che diventò sempre più potente man mano che si avvicinavano al luogo del martirio, inquietando profondamente i loro nemici.


Chi erano i Càtari?

Il termine deriva dal greco katharos (puro). Benvoluti e considerati santi dal popolo occitano, i Càtari erano divisi in “credenti”, ovvero i simpatizzanti, non tenuti ad applicare tutte le norme della disciplina càtara, che venivano chiamati “Buoni Uomini” e “Buone Donne”, e i “perfetti”, coloro cioè che praticavano la rinuncia ad ogni proprietà e vivevano unicamente di elemosina. I semplici credenti potevano divenire Perfetti attraverso un cammino iniziatico che era sancito dalla cerimonia del “consolamentum”, una iniziazione mediante l’imposizione delle mani, rito che avveniva in luogo segreto poiché considerato come stregoneria dalla Chiesa e, se scoperto, punito con la pena di morte. Il Consolamentum era uno dei pochi riti càtari, insieme ad una sorta di confessione collettiva periodica.

Al Consolamentum potevano accedere adulti di entrambi i sessi i quali, dopo il rito, diventavano i “Perfetti”. Questi dovevano essere vegetariani poiché i Càtari rispettavano ogni forma di vita, e dovevano dedicare la loro vita a viaggiare ed insegnare le dottrine catare. I Perfetti erano le guide delle comunità dei Càtari. Vivevano nella povertà ed erano soliti predicare non in luoghi di culto ma in mezzo al popolo.

Il catarismo non era una cultura patriarcale: le donne officiavano i riti come gli uomini. Il termine "Càtaro", che significa "puro", è stato equivocato con "casto", ma è da intendersi invece come una qualità interiore. Il loro dio non aveva un significato antropomorfo: lo intendevano come una fonte luminosa. La loro filosofia, così come quella del druidismo, si basava su tre principi: da un principio assoluto erano nate due polarità opposte facenti parte della stessa natura. Da questo concetto emerge chiaramente il principio druidico del ternario. I Càtari credevano nel principio assoluto della conoscenza intesa come crescita interiore. La pratica della conoscenza era intesa nel riferimento alla Natura nella sua accezione immateriale.

In definitiva, un movimento pacifico, tollerante, profondamente mistico, che rispettava ogni forma di vita.


Càtari e Occitani, stesse radici

L'Occitania, chiamata anche Pays d'Oc, è l'area geografica dell'Europa che comprende larga parte della Francia meridionale, in cui, accanto alle lingue ufficiali, è parlata fin da epoca storica la lingua occitana. L’Occitania è stata definita anche come una “nazione-non nazione”, o “nazione proibita”, in quanto è difficile definire quale sia il reale collante di questa cultura che si estende a macchia di leopardo su un territorio tanto vasto. La definizione è comunque legata alla lingua occitana.


Una manifestazione occitana odierna

Così come per la Bretagna, l’Occitania non è una entità giuridica, ma una cultura, un’idea, esistente come realtà che va al di là degli stati legalmente costituiti che il suo territorio attraversa.

Questa cultura comprende il sud della Francia (fino al confine del Massiccio Centrale), parte della Spagna (Val d'Aran e zone circoscritte della Catalogna) e, in Italia, parte delle valli occitane del Piemonte a ridosso delle Alpi Cozie e delle Alpi Marittime e il comune di Guardia Piemontese in Calabria, fondato intorno al XIII secolo da profughi valdesi, anch’essi una derivazione di questa cultura.

Il termine "Occitano" risalente al medioevo, si ritiene un risultato della combinazione di “oc”, "sì", e "Aquitania", termine che nel medioevo indicava un territorio che comprendeva la Provenza, la Linguadoca, la Guascogna e il Delfinato. Esiste una numerosissima serie di varianti di questa lingua, a seconda dei territori, conosciuta anche come “franco-provenzale” o “patois”.

Le origini di questa cultura sono misteriose e i libri di storia non fanno certo chiarezza. Si legge che nel XII secolo le regioni di lingua occitana costituivano un insieme di feudi autonomi, ma non si spiega da quale cultura o popolazione derivasse questa lingua che copriva trasversalmente paesi tanto diversi.

Sembra chiaro che la cultura occitana tragga le sue radici dalla cultura celtica. Le tracce archeologiche sono purtroppo esigue ma nella tradizione, nella lingua, nei toponimi permangono forti connotazioni celtiche. L’Occitania per molti studiosi sembra essere l’erede quasi naturale delle usanze e delle tradizioni celtiche ma, proprio per la mancanza di una sistematica ricerca archeologica tutti i legami con la cultura celtica rischiano di rimanere ignorati.

È un dato di fatto che in queste regioni era diffuso il catarismo, con una propria organizzazione istituzionale, parallela a quella ufficiale della chiesa romana presente sul territorio.

Si potrebbe pensare che gli occitani fossero il popolo, e i Càtari l’organizzazione spirituale di questo stesso popolo. I druidi avevano il motto: “un dio, una idea, un popolo”. Questo motto corrisponde a ciò che si può arguire dal legame tra occitani e Càtari: i primi, il popolo; i secondi, i detentori di un’idea; al di sopra di tutto, la Natura, unico elemento di riferimento delle culture pre-cristiane.


Càtari e Templari

Tra i Càtari e i Templari c’è una relazione molto stretta, anche se apparentemente si manifestano come due istituzioni separate. A cominciare dai simboli: la croce càtara è molto simile a quella templare; il Graal, simbolo per eccellenza attorno cui ruota tutta la cultura celtica, era il “segreto” custodito sia dai Templari che dai Càtari. Entrambi i movimenti si sono manifestati in uno stesso periodo storico ed hanno convissuto in territori comuni, dividendo molte volte anche castelli, roccaforti e fortezze. Entrambi professavano la parità assoluta tra i sessi e non prevedevano distinzioni di caste sociali.


I Bounòm, antichi monumenti votivi composti da pietre ammassate, che i ricercatori fanno risalire alla cultura càtara

Anche i Templari, così come i Càtari, sono stati sottoposti a feroci persecuzioni, che ebbero come epilogo il rogo del 1314 in cui l’ultimo gran maestro dell’Ordine, Jacques de Molay, venne arso vivo insieme ai suoi dignitari. Famosa è rimasta la maledizione che de Molay lanciò prima di morire. Rivolgendosi a papa Clemente V e al re Filippo il Bello, che ne avevano decretato la morte sul rogo, pronunciò questo anatema Vi affido entrambi al tribunale di Dio, tu Clemente nei prossimi 40 giorni e tu Filippo prima della fine dell’anno”. La predizione di Jacques de Molay si realizzò poiché il papa Clemente V morì un mese dopo e il re Filippo il Bello fu vittima, nello stesso anno, di un incidente di caccia a Fontainebleau.

Si può ipotizzare che sia i Càtari che i Templari fossero l’espressione delle società iniziatiche detentrici dell’antica tradizione dei Nativi europei, con la missione di tutelare e tramandare le conoscenze ancestrali dei druidi. Se lo scopo di queste istituzioni era quello di fare in modo che l’antica tradizione celtica non fosse cancellata, possiamo dire che la loro missione è riuscita. Nonostante le feroci persecuzioni, infatti, questa conoscenza ancestrale non è mai morta. Come si spiegherebbe altrimenti la pervicacia con cui vengono tramandate antiche usanze, celebrazioni di chiara ispirazione pagana, feste folkloristiche di stampo celtico? Tutte manifestazioni che non hanno riferimento con la religione e la cultura attuale, e che lasciano trasparire una antica conoscenza che qualcuno evidentemente mantiene viva, se nonostante i tentativi di soppressione operati nei secoli è ancora presente nei giorni nostri.


E oggi?

Dalla Côte d'Azur alla Languedoc, ad un osservatore attento non sfuggiranno certe associazioni occitane che si riuniscono discretamente, senza troppa pubblicità, con lo scopo di preservare la loro lingua e le loro tradizioni. Alcune di queste sono molto antiche ed hanno partecipato alla fondazione di diverse cittadelle della Languedoc e della Provenza. Ancora oggi il loro potere si estende alla gestione delle comunità locali. Società segrete moderne di discendenza càtara? Se è così di certo non lo danno a vedere. Il passato è stato una dura lezione.


Croce càtara in una stele antica

Ma sta di fatto che le croci occitane si trovano un po' ovunque, come del resto anche nelle valli del Piemonte, e la mescolanza tra simboli càtari, templari e occitani, antichi e moderni, sembra voler confondere apposta le idee. O forse è il messaggio piuttosto esplicito di una tradizione pagana sopravvissuta alle persecuzioni religiose, una delle molte espressioni dell'antico druidismo europeo che non è mai morto.

Anche se apparentemente i Càtari non esistono più da secoli e gli storici sorridono indulgenti quando gli si chiede se esistano ancora, i simboli dei Càtari misteriosamente compaiono dal nulla. E' risaputo che uno dei loro simboli principali era il pentacolo, la stella a cinque punte, un bel simbolo dal significato molto profondo, riferito all'evoluzione spirituale, che purtroppo (e non a caso) è stato demonizzato e relegato dal luogo comune nella sfera dell'occultismo di bassa lega.

Ebbene, è capitato che in certe spiagge poco frequentate del Midi della Francia ci si sia imbattuti in uno spettacolo fuori del comune: una cerimonia officiata da un gruppo di persone che compivano passi rituali su un grande pentacolo disegnato sulla sabbia, cantando una nenia come fossero in trance.

La presenza dei Càtari rimane anche nei ”Bonhom”, gli enigmatici monumenti di pietra disseminati nelle valli piemontesi, che nel nome ricordano l’appellativo dato ai Càtari: Bon Hommes. Non a caso il termine è usato oggi in modo dispregiativo: i “bun om”, nei modi di dire piemontesi, sono persone non molto intelligenti.

Cumuli di pietre stranamente simili agli Inukshuk degli Inuit, o alle singolari offerte votive che sono ancora oggi erette nella foresta di Brocéliande in Bretagna. Oggi sono interpretati come “piloni votivi” e sopra molti di essi è stata collocata una croce cristiana. I Bonhom hanno origini incerte, ma il nome e le zone dove si trovano fanno pensare ad una eredità càtara.

Gli storici sostengono che i Càtari non esistono più da almeno sei secoli. Ma esiste una realtà che con la giusta chiave si può cogliere. Simboli come il Graal, la colomba, la croce càtara – la stessa degli occitani, la rosa a cinque petali, il pentacolo sono presenti in tutti i paesi toccati dai Càtari.

I Càtari, ovvero i druidi del popolo occitano, sono stati apparentemente annientati. Eppure la cultura occitana non è mai morta, e rimane vivissima nei paesi dove risiedeva anticamente. Chi le permette di sopravvivere?

 

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