Alimentazione Vegan |
La carne fa bene. O no? |
27 Ottobre 2020 | ||||||
Chi non ricorda la madre che incitava a mangiare la carne dicendo che era per il suo bene? Credo moltissimi adulti. Fino agli anni settanta del ventesimo secolo poche erano le perplessità, poi piano piano sono iniziate le analisi critiche sulle conseguenze della carne finché organismi internazionali come il Word Cancer Institute e poi l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) hanno inserito ufficialmente le carni conservate e le carni rosse tra le sostanze cancerogene. Prima che la decisione dell’OMS fosse del tutto cancellata dalle notizie giornalistiche, in Italia si è pensato bene di fare controbattere le affermazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità dagli allevatori nel nome della difesa delle produzioni nazionali, come se il rischio dipendesse dal sistema di allevamento, peraltro uguale in tutta Europa, e non dalla materia prima, proprio la carne. Periodicamente si torna sulla questione, e in quest’autunno si è assistito ad una nuova puntata, con toni soliti però. Di fronte alla diminuzione del consumo di carne bovina e all’aumento di quella suina, secondo i dati internazionali che hanno portato alla revisione delle pratiche di commercializzazione del suino che adesso sui mercati mondiali viene quotato anche in base ai diversi pezzi di carne e non più in corpo unico, è andato in distribuzione in Italia un opuscolo disponibile nelle macellerie che, fin dal titolo, dichiara che la carne fa bene alla salute. Ignorando le raccomandazioni dell’OMS, dell’Word Cancer Institute, e altri organismi sulla ricerca del cancro.
L’opuscolo è anche una risposta indiretta alle numerose prese di posizione sulle conseguenze ambientali negative dovute all’allevamento intensivo responsabile secondo quei “fondamentalisti” della FAO di un inquinamento da gas serra superiore a quello di tutti i trasporti su gomma nel mondo. Come era facilmente prevedibile, a livello decisionale europeo non hanno voluto essere da meno, proponendo una versione della PAC, la Politica Agricola Comunitaria, che, dopo anni in cui ci si era proposti di dare indirizzi di sostenibilità, ha svoltato verso una linea decisamente favorevole al mantenimento della zootecnia intensiva, ignorando le indicazioni degli enti preposti al controllo della salute e le proteste ambientali particolarmente vivaci negli ultimi anni. Per chi, ormai da molti anni, ha seguito e contestato l’evoluzione dell’agrozootecnia industriale e ha proposto più volte moderazione e nuovi modelli di consumo è un’ennesima cocente delusione.
Soprattutto spiace che dai primi produttori, gli allevatori, ai decisori, i politici, non ci si renda conto che la strada seguita è dirompente, produce danni alla salute, all’ambiente, che di nuovo ricadono sulla salute dei cittadini, ma anche sociali perché i piccoli allevatori e agricoltori scompaiono alla velocità della luce e aumenta il lavoro salariato nei campi a prezzi da fame; tutto questo per la cecità e per la paura di cambiare. Come da anni si va dicendo, la strada non è produrre di più ma mangiare meno, meno carne, meno insaccati, meno uova, meno latte, così davvero si potranno allevare meglio gli animali, per chi vuole continuare a mangiarli, e avere meno conseguenze negative. E provare a ristabilire una catena dal campo e dall’allevamento al consumatore che non privilegi solo la grande distribuzione. Non si vive meglio mangiando più carne, ma mangiando meno e alterando i cibi. Riflettiamo sul fatto che il nemico per la salute e per l’ambiente non sono certo i vegani, che anzi aiutano a diminuire la pressione della richiesta, e neppure gli “hamburger” vegani, che non piacciono a Carlin Petrini.
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