Alimentazione Vegan |
Insetti come cibo? No grazie! |
05 Giugno 2021 | ||||||||||
Una delle proposte più improponibili è proprio quella degli insetti come cibo per gli umani e per gli animali degli allevamenti.
Proprio all’inizio di maggio l’Unione Europea ha approvato l’uso di insetti per l’alimentazione umana per fare fronte alla produzione di proteine. Secondo le normative europee che riguardano il consumo di insetti per uso alimentare, questi rientrano nella definizione di “Novel Food” dal regolamento 258/97, cioè di tutti quei prodotti a uso alimentare che non hanno un consumo significativo all’interno dell’Unione europea. Il regolamento prevedeva una prima valutazione tecnica da parte dell’Efsa, l’autorità europea per la sicurezza alimentare, come è avvenuta a gennaio di quest’anno, secondo la quale è stato dichiarato che il prodotto in esame non comportava rischi per la salute umana. A questo punto ha fatto seguito l’autorizzazione da parte del Comitato permanente su piante, animali, alimenti e mangimi: comitato dove sono presenti tutti i rappresentanti degli Stati membri UE. Così, alla fine di questo iter, è stato dato parere favorevole autorizzando l’immissione sul mercato del verme della farina. Si tratta del coleottero Tenebrio molitor, cioè la larva della farina, che è stato classificato come nuovo alimento e può essere allevato e poi commercializzato come farina essiccata termicamente. Da questa farina si possono preparare snack, barrette, crackers, prodotti da forno o può essere utilizzata in altre preparazioni alimentari, come la pasta e quindi non necessariamente evidenti come tarme o insetti veri e propri. Ma sono al vaglio anche altri tipi di insetti, proprio come già utilizzati nei mangimi per gli attuali animali da reddito. Questa idea risulta davvero controcorrente rispetto a un processo che è iniziato da alcuni anni, volto a terminare una abitudine alimentare umana basata sull’utilizzo di carni e sui vari derivati animali e improntata sulla schiavitù di esseri senzienti. Ci possono essere diverse ragioni per non intraprendere una strada che risulta sempre e comunque uno sfruttamento animale ignobile e anacronistico. Vuoi per il processo iniziato a livello legislativo sul riconoscimento degli animali, di qualsiasi specie, come esseri senzienti e degni di vivere alla pari degli umani e, a maggior ragione, di non utilizzarli come cibo, in quanto risulterebbe, in sostanza, una forma di cannibalismo.
Vuoi anche per il fatto che i nutrienti ricavati dagli animali hanno dimostrato di causare danni a più livelli al nostro sistema biologico e metabolico e quindi ben venga di eliminare questa fonte di cibo per sostituirla a nutrienti di origine vegetale. Sempre più studi evidenziano i benefici di una dieta basata sull’utilizzo di cereali, legumi, frutta, verdura, ortaggi, semi oleosi, davvero ricchi di tutto quello che ci necessita per vivere in salute e praticamente donato da madre terra, un ente a cui apparteniamo e con cui siamo in simbiosi con tutte le altre forme viventi. In un momento storico come quello che stiamo attraversando e soprattutto vivendo, come attori in questo scenario di grandi cambiamenti che si sono succeduti durante la pandemia da Covid-19, l’idea di andare incontro al fabbisogno di cibo per il futuro della popolazione umana che sta aumentando di numero, per utilizzare nuovamente animali, anche se di specie diversa da quelle a cui ci hanno abituati come i mammiferi o gli avicoli o le specie marine tutt’ora sfruttate, risulta davvero anacronistica e raccapricciante. In realtà già dal 2017, gli insetti sono stati utilizzati come una nuova fonte proteica che può sostituire parzialmente la farina di pesce e la farina di soia per l’alimentazione negli allevamenti di polli, suini e pesci contribuendo alla sostenibilità ambientale e alla sicurezza alimentare globale. La farina di soia, che costituisce una delle principali fonti di proteine vegetali per mangimi destinati agli animali di interesse zootecnico, ha però un grande impatto ambientale dovuto all’uso di terra e acqua per la sua coltivazione e al suo trasporto su larga scala. Il fatto è che si è valutato un aspetto principalmente economico di questa “risorsa” e cioè che uno dei vantaggi legati alla produzione di farina di insetti è che molti di questi possono essere nutriti con un’ampia varietà di scarti provenienti dall’industria agroalimentare, la cui eliminazione ha un costo economico e ambientale. Proprio per il fatto che sono in grado di convertire substrati organici poveri in sostanze ad alto valore nutritivo, cioè se stessi, perché ricchi di proteine e grassi, gli insetti sono visti come una risorsa alternativa che è può così sostenere un’economia circolare. Ma dando uno sguardo un po’ meno antropocentrico, sempre di sfruttamento animale si tratterebbe.
Per di più, per incoraggiare un utilizzo di insetti nei mangimi e adesso anche nell’alimentazione umana, viene fatto risaltare come in diversi paesi asiatici gli insetti siano storicamente considerati alimenti e quindi alla fine l’incremento di questa produzione e utilizzazione è solo una questione culturale e come tale si può allargare anche alle culture occidentali, basta farci l’abitudine. E ancora gli insetti vengono valorizzati come fonte di amminoacidi più efficiente rispetto agli animali comunemente allevati per l’alimentazione umana, e in più, a parità di proteine fornite, consumano quantità molto più piccole di mangimi, di energia, di acqua, di territorio, producono meno gas serra e possono essere utilizzati per decomporre i rifiuti. Nonostante la maggior parte degli insetti commestibili provenga da habitat forestali, l'innovazione nei sistemi di allevamento di massa e di raccolta è purtroppo iniziata già in molti Paesi. Tutto questo nonostante sia certo che gli insetti apportino agli ecosistemi un grande contributo, così come tante altre forme di vita a loro volta inserite in un entanglement planetario che permette un collegamento di aiuto reciproco per la sopravvivenza di tutti e nessuno escluso. Allora come si può invece pensare di usare adesso gli insetti come cibo e come mezzo di nostra sussistenza, includendoli così tra gli attuali animali da reddito? Proprio in questo momento ciò risulta davvero improponibile per migliorare la vita di tutti sulla Terra. Gli insetti, anche se molto diversi di aspetto da noi umani hanno un ruolo importante nella nostra sopravvivenza. Ne sono un esempio le api: grazie a loro è garantito il mantenimento e la riproduzione delle piante e dei frutti e con loro dei semi e di conseguenza sono indispensabili alla nostra vita stessa, ma per l’azione scellerata dell’uomo per l’indiscriminato e prolungato uso di pesticidi e erbicidi sono a rischio di scomparsa dalla faccia della Terra. Questo rappresenta un esempio che fa riflettere e su come sia necessario cambiare ottica per salvaguardare l’habitat in cui siamo inseriti. Ma non basta, perché gli stessi insetti sono proposti e già inseriti dal 2017 come cibo alternativo per gli animali da allevamento, soprattutto per i polli e i maiali, perché ritenuti molto ricchi di sostanze nutritive e meno impattanti rispetto alle coltivazioni estensive di soia destinata agli allevamenti attuali.
Anche perché già adesso oltre alla larva della farina, gli altri insetti già usati come cibo per gli allevamenti da reddito sono la mosca soldato nera, la mosca domestica, il grillo domestico, il grillo fasciato, il grillo silente e l’alfitobio e la loro trasformazione deve avvenire in impianti dedicati definiti dal regolamento CE1069/2009. In particolare la mosca soldato nera è considerata a crescita molto veloce e le sue larve, nella fase di trasformazione, rendono il 42% di proteina grezza, il 7% di fibra e forniscono un buon apporto di acido linoleico, vitamina B12, potassio, rame, sodio, selenio, ferro e zinco. Ma come possiamo prevedere quali scossoni daranno sul pianeta gli allevamenti intensivi di insetti? Perché è di questo che si tratta. Sarebbe come cadere dalla padella alla brace invece di andare verso alternative più ragionevoli e normali come l’alimentazione umana a base vegetale. Perché di vegetali ce ne possono essere per sfamare tutta la popolazione del pianeta e anche quella che si moltiplicherà negli anni a venire. Già adesso non ci sarebbe la fame per popolazioni o fasce di popolazione se il regime alimentare e tutta la catena alimentare fosse già basata interamente sul 100% vegetale come cibo e non dovremmo adesso trovare soluzioni veloci per contrastare la desertificazione e la scarsità di acqua prevista se non si fa marcia indietro adesso. La soluzione ci sarebbe già col cibo plant-based. Esiste attualmente un mercato di prodotti alternativi a quelli di origine animale che sta producendo e si sta espandendo in modo esponenziale. Dallo scorso anno si è registrata una impennata sia di richiesta che di consumo di alimenti plant based, tanto che la carne a base 100% vegetale entro il 2023 potrebbe diventare ancora più competitiva rispetto a quella animale. Secondo le previsioni del Boston Consulting Group, in uno studio dal titolo “Food for thought. The proteine transfomation”, entro il 2035 la carne sarà principalmente di origine vegetale. Tra quindici anni il consumo globale dei prodotti alternativi a carne e derivati passerà dagli attuali 13 a 97 milioni di tonnellate l’anno raggiungendo una quota dell’11% dell’attuale consumo totale di proteine animali. E se le aziende, le start up, le università lavoreranno speditamente alla realizzazione su larga scala di macchinari e strutture atte a realizzare l’alternativa vegetale con attenzione alle textures e all’aroma dei cibi realizzati si potrebbe raggiungere il 22%. Soprattutto le simil carne, pesce, latte, uova e formaggi potranno guadagnare di diritto un posto in primo piano in quanto a gusto, consistenza e prezzo rispetto alle proteine animali tradizionali. È stato inoltre sottolineato che il passaggio ad alternative proteiche di origine vegetale può dare un contributo reale agli sforzi per combattere il cambiamento climatico: entro il 2035 si potranno risparmiare valori di anidride carbonica equivalente (Co2e) tanto quanto quelli emessi in un anno dal Giappone, arrivare a un risparmio di quantità di acqua pari a quella necessaria per rifornire la città di Londra per 40 anni e promuoverà in contemporanea la biodiversità e la sicurezza alimentare.
Non vi è dubbio che la pandemia sia stata complice di grossi cambiamenti rispetto al cibo per la nutrizione umana, velocizzando la richiesta e l’utilizzo di prodotti che vengono considerati più sani e sostenibili. A conclusione della sua analisi, la BCG afferma che: “I vantaggi delle proteine alternative sono evidenti: minori emissioni di carbonio, minori preoccupazioni circa le conseguenze etiche e ambientali dell'allevamento intensivo di animali, nonché cibo gustoso, nutriente e sano. I consumatori possono essere certi che stanno contribuendo agli SDG Sustainable Development Goals delle Nazioni Unite, mentre gli investitori orientati ai fattori ESG ovvero, Environmental, Social, Governance, possono partecipare alla crescita di una nuova importante industria…agricoltori e scienziati sono al centro della trasformazione, fornendo i mezzi tecnologici e gli input di qualità necessari. Le aziende alimentari e le startup in carica raffineranno e ridimensioneranno la produzione per rendere le alternative più gustose e meno costose, assicurandosi quote di mercato nella corsa alla parità. I consumatori chiederanno proteine alternative più piacevoli. Gli investitori con la visione e le competenze giuste possono finanziare la trasformazione e partecipare a ogni fase della catena del valore. Insieme, possono beneficiare di un mercato da 290 miliardi di dollari mentre costruiscono un sistema alimentare più sostenibile che abbia anche un buon sapore”. Ormai è innegabile che la trasformazione verso una sana e buona alimentazione per noi umani sia in atto, alimentazione rispettosa della natura e in primis dei nostri fratelli animali, ma possibile e rispettosa anche dei ritmi della natura con la coltivazione dei vegetali, non in modo intensivo come fatto finora ad uso del foraggiamento per gli allevamenti di animali. Insomma tutto alla luce di un equilibrio e di una armonia che parte già da ognuno di noi per poi allargarsi a macchia d’olio a tutto quello che convive con noi. E a tale riguardo non si può fare a meno di riferirsi a quanto espresso nel Manifesto del Nuovo Rinascimento Ecospirituale, che rispecchia il cambiamento epocale verso una visione che va oltre l’antropocentrismo e l’antropocene. Si può così considerare l’idea dell’allevamento degli insetti come cibo per noi e per gli attuali animali cosiddetti “ da reddito” un ultimo colpo di coda di un meccanismo diabolico espresso dalla società maggioritaria, alias dal patriarcato. Riferimenti: - https://ec.europa.eu/food/safety/novel_food/authorisations/approval-first-insect-novel-food_en - https://www.bcg.com/publications/2021/the-benefits-of-plant-based-meats - http://www.rinascimentoecospirituale.eu/ Miriam Madau è medico omeopata e nutrizionista vegano. Conduce su Shan Newspaper le rubriche “Felicemente Veg” sull’alimentazione vegana e “H2O” sull’omeopatia. Conduce inoltre la trasmissione “VeganSì” su Radio Dreamland www.radiodreamland.it
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