Il blog di Stefano Milla

Al tappeto

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10 Febbraio 2014


Sapete quelle frasi fatte che si sentono nei film? Quelle cose tipo: "non importa quante volte finisci al tappeto ma quante ti sei rialzato"? Bene. Sono al tappeto. Peggio: sto ancora cadendo.

L'ufficio immigrazione mi ha celermente comunicato che il mio visto è stato respinto.

Crudo, semplice e devastante. Una mazzata allo stomaco che toglie il respiro. E fa cadere, fa calare un vortice di oscurità tutto attorno, fa disorientare, perdere l'equilibrio e cadere. Cadere. Cadere.

Al ritorno dalla Lettonia mi sono spostato in Valle d'Aosta in un appartamento in affitto per preparare le riprese del film. Mi ha accolto una bufera di neve che mi ha fatto accedere all'appartamento solo a colpi di pala. Il mal di gola non è passato, anzi ora si è aggiunta la tosse e l'orecchio continua a farmi male e ci sento sempre di meno. Il budget per le riprese tarda ad arrivare e la tramvata del visto mi precipita in un limbo nel quale sono smarrito, disarmato, annichilito.

Da Santa Monica l'avvocato mi comunica che tenteranno un ricorso ma devo fornire una nuova serie di documenti. Non so da dove ricominciare. Non sono in grado di fornire quei documenti. Cerco un appiglio mentre cado ma non c'è nulla a cui aggrapparsi. Non c'è più nulla da fare. Solo aspettare che il tappeto arrivi, che non faccia troppo male, e poi, forse trovare il modo di risollevarsi.

Il telefono squilla isterico: devo organizzare delle riprese con centinaia di persone che mi faranno centinaia di domande. Il film, il mio grande progetto, la mia vita; sembra tutto un treno in corsa lanciato verso un ponte crollato. Ciondolo nel tinello, non sono in grado di capire se voglio stare in piedi o seduto, se ho sete o se ho fame, non sono in grado di pensare o prendere decisioni. Nevica. Ciondolo e soffoco l'attacco di panico. Nevica. Ciondolo. Cado. Sono al tappeto.

 

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